di Serena Fiorentino
Mai mi sono allontanata dal mio Salento, seppur nelle difficoltà che ormai tutti i giovani si trovano a dover affrontare in questo angolo d’Italia svuotato da una costante emigrazione. È qui che ho scelto di diventare mamma ed è qui che voglio crescere i miei figli. Abbiamo il diritto, nonché l’obbligo morale, di continuare ad abitare, vivere e rispettare la terra che fu dei nostri padri e dei nostri nonni.
In un Salento che tutto il mondo ci ha sempre invidiato in quanto splendido angolo di paradiso ricco di bellezze naturalistiche e abitato da gente sincera e ospitale, negli ultimi decenni sembra essersi abbattuta una disgrazia senza fine che lascia dietro di se orfani, vedovi e una miriade di ospedalizzati a causa di malattie derivate da fattori ambientali. In questo contesto si inserisce Tap, la goccia che farà traboccare il vaso.
Il Trans Adriatic Pipeline ci è stato dipinto come un semplice piccolo tubo portatore di benessere e ricchezza. Ad oggi, carte alla mano, noi vediamo l’affacciarsi all’orizzonte di una mega opera estremamente impattante, dannosa e anacronistica.
ARTICOLI CORRELATI
- Chi è colpevole? Chi ha paura? Movimento No Tap
- Alla canna del gas.
- Il Salento è stato militarizzato
- L’Europa non bada a spese per il gas azero
- La voce dei territori
- Perché No Tap né qui né altrove
Nei prossimi giorni, i leader europei si incontreranno a Parigi per discutere di clima e di come la finanza possa, a loro dire, aiutare nella lotta ai cambiamenti climatici. Proprio negli stessi giorni la BEI (Banca europei per gli investimenti) potrebbe decidere di finanziare con 1,5 miliardi di euro questo progetto a combustibili fossili. Se la banca dovesse approvare il prestito, sarebbe un atto gravissimo che esporrebbe, ancora una volta, l’incoerenza tra la retorica e le politiche europee in materia di clima. Per arrestare la crisi climatica bisogna, prima di tutto, smettere di investire nel fossile.
Occorre puntare il dito contro la devastazione già perpetrata da Tap prima ancora di iniziare i lavori per lo scavo del tunnel. L’intera zona di San Basilio che ha visto crescere i miei figli giocando spensierati fra uliveti secolari e macchia mediterranea a ridosso di una delle più belle spiagge d’Italia, si è già trasformata in un deserto inospitale circondato da cemento, reti metalliche e filo spinato. I turisti, nostra fonte di ricchezza e crescita, fuggono via spaventati. I pescatori abbandonano le barche e i contadini mettono in vendita i terreni prevedendo il peggio. Tutto ciò è inaccettabile.
Da madre non posso che volgere indignata lo sguardo verso chi sta tentando di spegnere nella più dura delle repressioni ogni barlume di democratico dissenso di un intero popolo verso un’opera inutile e dannosa. Scudi e manganelli stanno soffocando i legittimi sogni di un territorio che chiede solo rispetto per la terra che lo ospita.
Noi mamme No Tap non resteremo qui inermi a osservare lo stupro delle nostre vite.
Pacificamente ci opponiamo da mesi, le lacrime agli occhi e la disperazione nel cuore, al selvaggio scempio degli uliveti che da sempre per noi sono fonte di sostentamento e garanzia di ottimo olio.
Ci opponiamo alla mancanza di trasparenza degli iter autorizzativi di tale opera e alla militarizzazione di un territorio abitato da gente semplice, dedita a pesca, agricoltura e turismo; non certo da pericolosi facinorosi e sovversivi come ultimamente veniamo dipinti.
Ci opponiamo al malaffare più volte denunciato anche dalle inchieste di alcuni giornalisti coraggiosi e all’estromissione dei nostri rappresentanti istituzionali, quali i Sindaci, da ogni possibilità decisionale e di controllo.
In un Salento che già ospita quanto di più insalubre insiste sul territorio nazionale, come ad esempio ILVA, CERANO e COLACEM, in un Salento ormai irrimediabilmente stuprato da distese di selvaggio fotovoltaico speculativo a perdita d’occhio, non possiamo ospitare un “megamostro” di dodici ettari fra gli ulivi!
Questo sistema non ci appartiene. Non ci appartiene il sistema che usa la nostra terra e le nostre vite come pedine di un gioco spesso troppo rischioso. Non ci appartiene il sistema corrotto e in odor di malaffare per cui tutto deve essere solo profitto per pochi a discapito di molti; un sistema per cui investire realmente sul nostro futuro costa sempre troppo rispetto a compensare “qualche ” danno e qualche perdita. Noi non chiediamo compensazioni economiche in cambio di danni. Noi mamme chiediamo semplicemente che ulteriori danni non ci vengano più arrecati!
Noi mamme No Tap non resteremo a guardare i nostri figli terrorizzati dalle forze dell’ordine che da eroi del bene si stano irrimediabilmente trasformando in oppressori e persone di cui aver paura.
Non resteremo a guardare i grossi camion andar via carichi di preziosi ulivi per poi tornare con pezzi di muro in cemento e reti metalliche. In una società civile e rispettosa della volontà popolare i muri andrebbero abbattuti e non costruiti.
Noi mamme NO TAP chiediamo solo che questa nostra Terra venga difesa e rispettata, perché in questa Terra risiede il futuro nostro e dei nostri figli. Le future generazioni meritano rispetto.
No Tap. Né qui né altrove.
*Intervento al Tribunal des peuples impactés par la finance climaticide promosso a Parigi domenica 10 dicembre 2017 da diverse organizzazioni della società civile (foto al centro), tra cui Attac Francia.
Lascia un commento