I muri si alzano per chilometri e chilometri, in tutto l’Occidente ma anche in diverse altre zone del mondo. L’ansia patologica del controllo di frontiera non serve per lo più a respingere gli “stranieri” ma i poveri in fuga dalla guerra, dalla desertificazione o dalla fame. I ricchi entrano ovunque. Questa “nuova” guerra ai poveri ci riporta al XVII secolo, quello della Grande Reclusione, come lo definiva Fernand Braudel. La disinformazione di massa, con i bombardamenti quotidiani dei grandi giornali e dei telegiornali, è uno dei cardini su cui poggia la costruzione del consenso alla causa bellica. Provate a chiedere alla stragrande maggioranza delle persone che conoscete di indicarvi, almeno in linea di massima, qualche cifra sul numero dei migranti o dei rifugiati, per esempio sui Siriani che vengono accolti in Europa e quelli che riparano in Libano o in Giordania in relazione al numero degli abitanti presenti. Vi renderete presto conto che pochissimi hanno idee vicine alla realtà e quasi nessuno ritiene indispensabile avere un quadro esatto dei fenomeni di cui si parla quasi ogni giorno
di Tonino Perna
La cacciata dei migranti dalla cosiddetta «giungla di Calais» è l’ennesimo, odioso, atto di repressione di un governo dell’Unione Europea che pensa di guadagnare consensi usando le maniere forti con i deboli, i disperati, i profughi che scappano dalle guerre che noi abbiamo provocato e gestito. Purtroppo, anche i governi di centrosinistra inseguono la destra estrema sul piano della durezza della repressione verso i migranti, accettando lo slogan diventato un luogo comune: ci stanno invadendo.
Ma, chi invade chi? Quanti migranti entrano in Italia in un anno, quanti sono i rifugiati nella Ue? Non lo sa nemmeno l’1 per mille della popolazione. La stragrande maggioranza della gente non conosce i numeri dei flussi migratori, e viene bombardata ogni giorno dal telegiornale che quantifica gli sbarchi giornalieri, con un ritmo incalzante, ma non fornisce dati sul fenomeno nel suo complesso, sia a livello nazionale che nel bacino del Mediterraneo. In tal modo è stato costruito lentamente, ma costantemente, un immaginario collettivo assolutamente falso e deviante.
Pochissimi sanno, o vogliono sapere, che su quasi sei milioni di profughi siriani l’Ue ne accoglie solo il 15%, con i suoi 400 milioni di abitanti, per lo più concentrati in Serbia e in Germania, mentre un paese come la Giordania ne accoglie 700mila su una popolazione di 7,5 milioni. E addirittura il Libano ne accoglie 1,3 milioni con una popolazione di 4,5 milioni di abitanti! In proporzione è come se in Italia fossero arrivati 18 milioni di profughi! Provate a immaginare cosa sarebbe successo…
Su questa emergenza inventata si stanno costruendo le fortune politiche di partiti e leader razzisti e carichi di odio, si sta portando tutta l’Europa verso un processo di autodistruzione, strappando la trama istituzionale e culturale che in decenni era stata lavorata. L’Europa dei diritti, del welfare per tutti, del «sogno» che dieci anni fa ci ha raccontato Jeremy Rifkin, si sta sciogliendo velocemente come la neve sull’Etna dopo una giornata di scirocco. Come ci ricorda una famosa poesia di Bertol Brecht, prima è toccato agli ebrei, ai Rom, ai «neri», ora tocca ai profughi e domani… domani toccherà a noi, ai nostri poveri, esclusi, marginalizzati.
Infatti, in tutto l’Occidente, e non solo, si alzano muri per chilometri e chilometri, barriere di filo spinato, controlli spietati alle frontiere per respingere non lo straniero, ma i poveri che scappano dalle guerre e dalla fame.
I ricchi, i trafficanti di armi e droga, di qualunque nazionalità, colore della pelle, hanno invece diritto a entrare in qualunque paese del mondo. Per loro non ci sono muri e barriere che siano siriani o afgani, palestinesi o libici: sono i dannati della terra che devono restare fuori.
È la «nuova guerra ai poveri» che è scoppiata in tutto il mondo e che ci riporta al XVII secolo, il secolo della Grande Reclusione come è stato definito dal grande Fernand Braudel : «Questa ferocia borghese si aggraverà smisuratamente verso la fine del Cinquecento, e ancor più del Seicento. Il problema consisteva nel mettere i poveri in condizione di non nuocere (…) A poco a poco, attraverso tutto l’Occidente si moltiplicano le case per i poveri e indesiderabili, in cui l’internato è condannato al lavoro forzato: le Workhouses come le Zuchthauser, o le Maison de force, sorta di prigioni riunite sotto l’amministrazione del Grande Ospedale di Parigi fondato nel 1656. Questa “grande reclusione” dei poveri, dei pazzi, dei delinquenti, e anche dei minori, è uno degli aspetti psicologici della società razionale, implacabile nella sua ragione, del secolo XVII».
Articolo pubblicato anche su ilmanifesto
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