Tredici gennaio. Dalla piccola stazione spaziale di Comune-info, ha preso il via la campagna 2014. Si chiama Ribellarsi facendo e andrà avanti per l’intero anno galattico. Suggerisce di strappare la carta adesiva che nasconde ai nostri occhi i mondi nuovi che già esistono e resistono all’assalto di uno sviluppo mercificato e velenoso. Sono quelli in cui crescono le relazioni sociali diverse che vogliamo raccontare, accompagnare e difendere. Per partecipare, cioè per cominciare a fare Comune con noi, inviate almeno 12 euro, uno al mese, e qualcosa che ci racconti cosa fate per ribellarvi e per creare adesso il mondo che vi piace
“Bellissima iniziativa. Deluso ed esasperato stavo per tirare i remi in barca,
poi ho letto Comune e mi sono ricreduto. Grazie e in bocca al lupo”.
(Maurizio)
Accade spesso ma non sempre che la speranza di cambiare sia un privilegio riservato a chi ha la possibilità di poterlo comprare. Non è il nostro caso. Facciamoci un regalo: mettiamo insieme almeno un euro al mese perché chiunque ne abbia voglia possa leggere liberamente Comune-info per un altro anno. Sono dodici euro, tre per ogni stagione del 2014. Se qualcuno può mettere di più, lo faccia. Servirà a sostituire chi vorrebbe partecipare e non ce la fa. Potete versare come volete e quando potrete. Ci fidiamo: vogliamo scommettere sul fatto che cammin facendo, se lo avrete preso, non dimenticherete questo piccolo essenziale impegno. Il nostro tempo, quello di chi fa Comune con noi, non può essere quello dell’orologio, è il tempo della qualità delle relazioni. Gli antichi Greci lo chiamavano Kairos, il momento opportuno, quello in cui l’attività umana diventa autonoma dalla volontà divina. Il tempo giusto nel quale qualcosa di speciale accade.
La cosa speciale, in questo caso, non è tanto Comune, che pure, tra i mezzi di comunicazione della galassia web, non è esattamente un esemplare di routine. A leggere quel che scrivono Cinzia di Avellino, Miguel di Firenze e altri, moltissimi altri, la cosa speciale potrebbe essere, e almeno noi speriamo che sia, la relazione tra chi legge e chi cucina le nostre pagine. Possiamo sbagliare, ovviamente, ma sono numerosi i segnali che indicano una lettura attenta, critica, a volte appassionata e poco orientata alla classica funzione consensuale. Ne siamo felici, cerchiamo (e proviamo a offrire) domande ricche di senso non consensi. La sola ipotesi di poter esser visti come “rassicuranti”, poi, ci suscita orticaria, come quella di formare coscienze e identità. Ci piacerebbe invece, semplicemente, mettere in comune qualche riflessione e un gran numero di attività ribelli. La disposizione d’animo di chi si sofferma sui testi che mettiamo in pagina sarà certo varia ma, per alcuni versi, sembra suonare note tratte dallo stesso pentagramma usato da chi ha regalato tempo, fatica, qualche fantasia e una discreta esperienza giornalistica per fare Comune fin qui. Quanto è servito, insomma, a scrivere, correggere, titolare, illustrare, impaginare, promuovere il milione e mezzo di pagine che sono state aperte in soli venti mesi di esistenza. Senza lavoro retribuito né finanziatori sa di miracolo, dicono gli esperti.
Nessuno compra e nessuno vende, naturalmente. Abbiamo tutti altro da fare: per esempio proviamo a strappare il collante, la carta adesiva di un sistema che impone relazioni sociali fondate sulla paura di non riuscire a cavarsela e sull’ansia di accumulare, cioè sul dominio e sul profitto. Quel collante è una patina opaca, viscosa, perfetta per occultare un diverso modo di vivere che non solo è possibile ma è già in uso ovunque da tempo. Si tratta di saperlo vedere, di riconoscere forme di vita inventate e messe in atto in un mondo, anzi in parecchi mondi che resistono all’assalto di uno sviluppo mercificato e velenoso. È proprio per resistere che tessono, giorno dopo giorno, nuove esperienze comunitarie nei quartieri delle metropoli europee o nordamericane come nei deserti africani e negli altipiani asiatici o andini.
Noi lo chiamiamo il Ribellarsi facendo. Al dominio di poteri tecnocratici e scientistici si ribellano persone ormai note, come Maria de Biase, la preside terra-terra che, ai ragazzini del Gaza di San Giovanni a Piro, Salerno, fa mangiare pane e olio invece delle merendine confezionate prescritte dalla legge. La stessa legge che se ne infischia dei laboratori di auto-produzione, dell’orto sinergico, del recupero delle conoscenze e dei prodotti cilentani che al Gaza hanno messo su: la scuola stava per essere chiusa avendo solo 385 iscritti, quindici in meno del numero minimo che impone la legge 183 del 2011.
A Roma, tra molte altre, si ribellano alcune persone comuni, cioè artisti. Dopo aver occupato un teatro del 1727, resistono dal giugno del 2011 per fare, dicono, una rivoluzione culturale. Niente di più necessario, niente di più urgente. Non si annoiano, al Valle. Solo nel 2013 hanno collezionato 1400 ore di formazione sul teatro e i linguaggi della scena, poi hanno avviato una fondazione bene comune e stanno producendo uno spettacolo. Deve essere perché pensano che la prudenza sia triste che hanno osato immaginare (e praticare) un altro modo di lavorare, di vivere la politica e di concepire il diritto.
Dall’altra parte dell’Atlantico, si ribellano le Madres di Ituzaingó, un quartiere della città argentina di Cordoba. Sofia Gatica lì ha perso la sua bambina: i reni hanno cessato di funzionare. Quando ha smesso di piangere, Sofia ha cominciato a chiedersi perché l’80 per cento dei ragazzini del quartiere si ammalava. Ha scoperto così come l’avidità dei colossi delle colture Ogm rappresenti un pericolo per l’umanità. Ma si può vincere contro Monsanto? Sta accadendo a Malvinas Argentinas, quattordici chilometri da Cordoba. Le Madres e l’Asamblea dei Vecinos hanno fermato l’installazione di uno degli impianti più grandi del mondo per la produzione di semi. Oggi quel piccolo presidio è l’Estate senza Monsanto, una stagione da vivere in un’altra maniera. Manu Chao è venuto, ha portato il ritmo e pure l’allegria.
Sono appena tre esempi di un enorme numero di persone che si ribellano facendo nelle società in movimento, quel che Comune si propone di raccontare, accompagnare e difendere. Il nostro lungo racconto sociale assume senso solo così, se viene percepito e vissuto come un momento di lotta, un frammento di vita ribelle. Alla presunta informazione oggettiva (e alla sua reciproca controinformazione), quella capace di scoprire e raccontare i fatti separati dalle opinioni, cioè la Verità, per fortuna non crede più nessuno. Sono i flussi di comunicazione che s’inseguono fulminei nella rete, oggi, il veicolo principale della penetrazione del consenso verso una sintesi molecolare complessa, una reazione utile a rigenerare di continuo il dominio delle cose, del denaro e del capitale sulla volontà e l’energia delle persone. Sostiene quel consenso, il suggestivo mito dell’autonomia e della neutralità di un mezzo dalle enormi possibilità come il web. La rete è però anche un fantastico spazio di espansione della creatività e dell’insubordinazione. Uno spazio costellato di stazioni dove rimbalzano segnali di ribellione assai difficili da definire, classificare, gerarchizzare, quindi anche da rendere inoffensivi. È indispensabile che le lotte del Ribellarsi facendo vengano da molti luoghi diversi e con forme differenti. Comune è una di quelle stazioni. La sua voce risuona chiara in una costellazione di mezzi autonomi e indipendenti che è attiva da tanto tempo e continua ad allargarsi.
Fra non molto avremo due anni, un tempo adeguato per potersi re-inventare e aprire nuovi percorsi. Potremmo provare a rendere più bella e resistente questa stazione (appena nati eravamo solo un asteroide, ricordate?), magari anche un po’ più comoda e sostenibile per chi vi dedica gran parte della sua esistenza? Sì, possiamo provare, a condizione di restare in costante movimento e di fare qualche vero cambiamento. Il primo (forse il più importante) dei quali è che una parte modesta ma significativa delle diverse migliaia di persone che aprono le nostre pagine ogni settimana decida davvero di cominciare a fare Comune con noi. C’è chi potrà rinnovare e dar nuovo vigore all’abbraccio che ci ha inviato nel 2013, per molti (noi speriamo moltissimi) altri sarà invece la prima volta: l’adesione alla campagna 2014 comincia inviando almeno 12 euro e un testo, una foto, un video, un disegno che racconti il vostro Ribellarsi facendo, collettivo o personale che sia (scrivete a )). Capiremo insieme, presto, se e come questa nuova o rinnovata relazione potrà diventare qualcosa di speciale.
Nei periodi di crisi, e il tempo di Kairos è spesso percepito come tale, si ha la possibilità di partecipare alla costruzione di qualcosa di nuovo che nasce dentro qualcosa di vecchio. Si può dunque scegliere, sempre, tra un’interpretazione della crisi come pericolo o come opportunità. È avvenuto in maniera eclatante poco più di un anno fa, il 21 dicembre del 2012, quando i media di tutto il mondo (ma non quello che state leggendo) hanno fatto a lungo della facile ironia sulla “profezia maya della fine del mondo”. Gli indigeni hanno poi spiegato, a chi aveva voglia di ascoltare, che si trattava semplicemente dell’inizio di una nuova era. Chissà, forse quella di chi ha scelto di ribellarsi e non s’è rassegnato a interpretare la parte della vittima. Quella di chi vuole un mondo nuovo, e se lo fa.
LA PAGINA DELLA CAMPAGNA IN COSTANTE AGGIORNAMENTO È QUI
L’adesione alla campagna 2014 comincia inviando:
– almeno 12 euro
– un testo, una foto, un video, un disegno che racconti il vostro Ribellarsi facendo, collettivo o personale che sia
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Versamenti sul: c/c bancario dell’associazione Persone Comuni
IBAN IT58X0501803200000000164164 Banca Popolare Etica/agenzia di Roma, via Parigi 17; causale “sostegno campagna 2014”
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E’ possibile inviare le quote anche con PAYPALL
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Cinzia dice
Mi sono commossa (per la citazione e per la campagna), davvero, che bello al giorno d’oggi commuoversi ancora per così poco o così tanto dipende dai punti di vista… Grazie, la mia giornata sarà radiosa anche per questo, un euro al mese lo posso togliere anche io… Comune-info merita
Susy dice
Car* tutt*, è con piacere che vi informo che ho versato 150 euro a favore di Comune.
Un abbraccio
Claudio dice
Ho sganciato i miei 24 euro, doppi come la forza che mi comunicate!
Marco Trotta dice
Vi consiglio di farci un giro su questa stazione chiamata Comune-info. E di sostenere questo progetto fuori dalle mete abituali, alla ricerca di nuovi racconti.
Patrizia Biagini dice
Grazie per la boccata d’aria pura che spargete a piene mani… qui la mia
quota e una in più per chi “vorrebbe ma non può
Un grande abbraccio!
" class="comment-author-link" rel="external nofollow">Monica Cozzi dice
Per il momento di importante ho solo limitato l’uso della macchina e le spese che ne conseguono. La macchina la uso per lavoro ma talvolta la lascio e uso la bicicletta anche per gli spostamenti di lavoro.
I prossimi passi devono ancora venire: cerco accessori a pannelli solari ma non sono ancora riuscita a farmi una ”cultura” in proposito.
Sto valutando l’idea del riciclo dell’abbigliamento ma non ho strumenti, ancora, per attuarla.
Noemi Colombo dice
Ciao Persone Comuni…è bello Ri-bellarsi insieme 😉
mi piacerebbe che non ci fosse più nessuna forma di discriminazione e …la pace nel mondo (tranquill* non sto partecipando a nessun concorso di Miss X)…
vi chiedo di firmare questa petizione per fermare ogni ipotesi di accordo tra ACEA e la società idrica nazionale MEKOROT.
la Mekorot, società idrica nazionale di Israele si è macchiata di gravi violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani. Mekorot sottrae acqua illegalmente dalle falde palestinesi, fornisce l’acqua saccheggiata alle colonie israeliane illegali e pratica l’Apartheid dell’acqua nei confronti della popolazione palestinese.
http://www.change.org/it/petizioni/no-ai-ladri-d-acqua-in-palestina-no-all-accordo-acea-mekorot
Ogni firma manda una mail all’Acea e al Comune di Roma.
Appello No_all-accordo-acea-mekorot promosso da Rete Romana per la Solidarietà con il Popolo Palestinese – Comitato Romano per l’Acqua Pubblica