Con le 150 ore, cinquant’anni fa, il mondo del lavoro entrava nella scuola affermando il paradigma dei diritti. Dal 2005, con l’Alternanza scuola-lavoro, il rapporto si è rovesciato con gli studenti che entrano in azienda come forza lavoro gratuita. Un rovesciamento di valori che, con la recente morte da stage del giovanissimo Lorenzo, rivela tutta la ferocia e il cinismo di cui è portatore. Un rapporto di potere ben evidenziato anche dai manganelli della polizia contro ragazzi inermi di questo inizio anno. Quella relazione mercantile e perversa tra scuola e lavoro si appresta a breve a fare un ulteriore salto di qualità
La cifra del rovesciamento operato da quattro decenni di modello liberista è resa evidente dalla relazione tra scuola e lavoro. Negli anni ’70 del secolo scorso il ciclo di lotte operaie e studentesche conquistava le 150 ore per il diritto allo studio dei lavoratori, un monte ore retribuito e contrattualizzato per seguire corsi di formazione e ottenere un titolo di studio. In questo modo, il mondo del lavoro si appropriava della scuola, affermando il paradigma dei diritti.
Dal 2005 questo rapporto si è rovesciato: con l’introduzione dell’Alternanza scuola-lavoro, questa volta sono gli studenti ad entrare in azienda, in qualità di manodopera gratuita a disposizione dell’impresa, della quale vanno imparate regole, gerarchie e disciplinamento. In questo modo, il mondo delle imprese si appropria della scuola, affermando il paradigma del profitto.
Un rovesciamento di valori che nella morte da stage del giovanissimo Lorenzo rivela la propria ferocia e il proprio cinismo. Un rapporto di potere ben evidenziato dalle cariche della polizia alle diverse manifestazioni studentesche di questi giorni.
La relazione tra scuola e lavoro così concepita si appresta a breve a fare un ulteriore salto di qualità.
Sono appena stati inaugurati i nuovi Licei TED (Transizione Ecologica e Digitale), per ora come corsi sperimentali in 28 scuole, ma che già dal prossimo anno dovrebbero diventare oltre mille.
Ma di cosa si tratta? Leggiamo direttamente dal sito del Consorzio Elis: “Il Liceo sperimentale TED propone un percorso di formazione in quattro anni, che sappia coniugare la tradizione umanistico-scientifica con un metodo capace di dare ai giovani gli strumenti per vivere da protagonisti la transizione digitale ed ecologica in atto.”
Ed ecco l’entusiasta Patrizio Bianchi, Ministro dell’Istruzione: “E’ un salto per tutto il sistema educativo italiano e per il paese. Il liceo quadriennale TED è un percorso di trasformazione dell’intero sistema educativo. La sostenibilità e la transizione ecologica e digitale sono temi centrali nella nuova scuola che stiamo costruendo per le nostre studentesse e i nostri studenti, così come è fondamentale il ruolo delle discipline STEM ((Science, Technology, Engineering, Mathematics). Ringrazio tutti i protagonisti di questo progetto, a cominciare dalle scuole. Una sinergia che ha portato a conseguire un ottimo risultato per gli obiettivi e le sfide del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e del Piano RiGenerazione Scuola”
Tutto bene, no? In fondo la transizione ecologica è il tema del nostro tempo e l’innovazione digitale è il contesto quotidiano dei ragazzi e delle ragazze in formazione; che diventi un corso di studi liceali è quasi fisiologico.
Eppure, un tarlo si insinua…. perché il Ministro della scuola pubblica benedice e ringrazia ma non promuove? E cos’è il Consorzio Elis?
Si scopre così che il Consorzio Elis è un raggruppamento di oltre 100 grandi imprese, che collaboreranno attivamente nell’ideazione e realizzazione dei programmi d’insegnamento, offrendo a studenti e studentesse “conoscenze aggiornate e l’opportunità di verificarle sul campo attraverso tirocini e altri modelli di didattica esperienziale”.
Ma chi fa parte di questa nobile impresa di filantropia imprenditoriale? Campioni del settore armamenti (Leonardo), dell’energia fossile (Snam, Eni), della privatizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici (Acea, A2A, Iren), delle telecomunicazioni (Tim, Vodafone), dell’informatica (Microsoft) e poi Toyota, Atlantia, Autogrill, Manpower, Campari (casomai, si voglia concludere le lezioni con un aperitivo).
Ed ecco il salto di qualità: l’azienda non deve più solo entrare nella scuola, la progetta e la realizza direttamente, insegnando almeno tre principi fondamentali:
- il benessere della società può derivare solo dal benessere dell’impresa, pertanto la scuola deve porsi al suo servizio;
- la crisi climatica è un problema tecnico e come tale va risolto; nessuno spazio a considerazioni di tipo ecologico, sociale e politico, che mettano in discussione il sistema e che costringano le aziende ad assumersi le proprie responsabilità;
- l’innovazione digitale è la risposta e, di conseguenza, serve una generazione specializzata nel campo e formata all’intoccabilità degli interessi delle imprese, nonché alle loro gerarchie e disciplinamenti.
“Disoccupate le strade dai sogni. Sono ingombranti, inutili, vivi” cantava Claudio Lolli nel 1977. E’ quello che cercano di dire a studenti e studentesse le manganellate di questi giorni.
Che il coraggio li aiuti a non smettere di osare.
Aniello DE PADOVA dice
Caro Marco,
la domanda fondamentale è: siamo disponibili a ribaltare il tavolo? A dire che la scuola pubblica, tutta, dagli asili all’università (almeno) deve avere SOLO lo scopo di formare cittadini e non lavoratori?
Che l’onere di fornire a quei cittadini le conoscenze e competenze necessarie per diventare un buon lavoratore deve restare alle imprese ed alle loro emanazioni sindacali di rappresentanza?
Solo smettendo di centrare la nostra società sul lavoro retribuito e di piegare ad essa ogni nostra esigenza usciremo da questo casino.
Certo c’è un problema: oggi -grazie al sistema redistributivo- ciò di cui tutti noi disponiamo più o meno gratuitamente (sanità, infrastrutture, marchiapiedi, giardini comunali, ecc… e -ovviamente- tutti i servizi formativi) dipende sostanzialmente dal fatto che imprese private o comunque “di mercato” vendano i loro prodotti per retribuire i loro lavoratori e pagare le tasse (oltre che per fare profitti ovviamente). Tasse che, unite a quelle sul lavoro pagate dai lavoratori e quelle sugli acquisti (IVA) pagate da tutti noi, servono…………per PAGARE IL LAVORO DI CHI PRODUCE ED EROGA I SERVIZI E LE INFRASTRUTTURE DI CUI FRUIAMO (quasi) GRATUITAMENTE!!!
Ed è per questo che dobbiamo uscire da questa spirale infernale che, tra l’altro, è intrinsecamente espansiva e sta portando il sistema biofisico di GAIA al collasso!