Arrestare chiunque protesti, in qualunque modo: il disegno di legge 1660 approvato dalla camera mostra il salto di qualità di una svolta autoritaria diffusa anche in altri paesi. C’è anche un altro fenomeno globale sottovalutato che riguarda l’ossessione securitaria: la polizia privata è in crescita ovunque ed è diventata più numerosa della polizia nella maggior parte dei paesi. Negli Usa il rapporto è di 3 a 2, in Sudafrica di 4 a 1, in Brasile di 5 a 1. Agenti di imprese private partecipano già alla repressione di manifestazioni e occupazioni. È una delle conseguenze della crescita delle disuguaglianze: l’1 per cento più ricco, scrive Raúl Zibechi, non si accontenta più della polizia di stato per proteggere i propri interessi, così oggi le forze di polizia private hanno il doppio ruolo di difendere i più ricchi e controllare i più poveri. Nessun cambiamento profondo della società può avvenire attraverso lo Stato, diventato un’appendice della classe dominante e del capitale
Il “monopolio della violenza legittima” è per Max Weber la sintesi dello Stato moderno, una definizione accettata e poco contestata. Credo che non sia più così da quando lo stato è stato privatizzato dal grande capitale. Un buon esempio è la proliferazione di forze di polizia private in tutto il mondo, che non sono regolamentate seriamente e stanno espandendo i loro spazi d’intervento.
Esiste un mercato globale di 248 miliardi di dollari per i servizi di sicurezza privata che “sta trasformando l’applicazione della legge quasi ovunque” (Asia Times, 11/9/24). Secondo l’Asia Times, la polizia privata è più numerosa della polizia nella maggior parte dei paesi. Negli Stati Uniti il rapporto è di tre a due.
Ma in Sudafrica, dove ci sono quasi 3 milioni di agenti di sicurezza privati registrati, il rapporto è di quattro a uno rispetto alla polizia. In Brasile è cinque a uno, e nella maggior parte dei paesi i dati sono probabilmente incompleti. Un rapporto della Prensa Comunitaria del 2019, dice che “le agenzie di sicurezza private sono il ramo commerciale che è cresciuto di più in questi ultimi decenni e l’attività continua a espandersi”. In Messico lavorano circa 6 mila aziende di sicurezza, con 500 mila dipendenti, ai quali bisogna aggiungere personale amministrativo e di supporto. “Generano l’equivalente dell’1,4 per cento del prodotto interno lordo (PIL) nazionale”, inoltre ci sono 3.500 definite come “irregolari” (eleconomista.com).
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Da quando proteggevano edifici e persone influenti, ora pattugliano i quartieri e si occupano di crimini come il furto di veicoli. Ma il problema centrale è che le società di sicurezza pubblica operano sotto contratto e “non hanno lo stesso livello di regolamentazione, supervisione o responsabilità”, osserva l’Asia Times.
“L’America Latina conta più di 16 mila imprese militari private che impiegano oltre 2 milioni di persone, molte delle quali superano in numero le forze di polizia nei mercati poco regolamentati. La sua rapida espansione ha portato a gravi problemi, come l’infiltrazione criminale nelle imprese militari private in Messico e El Salvador e le denunce di esecuzioni extragiudiziali in Guatemala”, continua Asia Times.
Trovo tre aspetti da evidenziare in questa breve rassegna.
In primo luogo, le polizie private sorgono con il neoliberismo e la deregolamentazione degli stati, al fine di creare gli stati del benessere che cercavano la conciliazione delle classi. Una volta svanita l’intenzione di integrare le classi pericolose, o di “comprarle” secondo Immanuel Wallerstein, si verifica un ritorno della pericolosità. In parallelo cresce la disuguaglianza e l’1 per cento più ricco non si fida più della polizia di stato per proteggere i propri interessi. L’aspetto centrale, a mio avviso, è la fine della cooptazione/integrazione delle classi pericolose, processo che inizia negli anni Settanta e si completa con il Consenso di Washington, verso il 1989, che coincide con l’implosione dell’Unione Sovietica. Da questo punto di vista, le forze di polizia private hanno il doppio ruolo di proteggere i più ricchi e controllare i più poveri, completandosi con le forze di polizia statali.
In secondo luogo, le forze di polizia private sono fuori controllo e non rispondono ad alcun tipo di responsabilità, e spesso partecipano alla repressione delle manifestazioni e delle occupazioni, come è appena successo negli Stati Uniti con il movimento per la Palestina. Se le forze di polizia statali sono degradate nella corruzione e nella criminalità, si può immaginare che quelle private siano terreno fertile per le peggiori pratiche. Inoltre, ci sono casi in cui poliziotti pubblici espulsi dai loro corpi, sono ammessi nella privata senza il minimo problema. Non sorprende che molti poliziotti privati reclutino i loro membri tra gli agenti di polizia statali separati dai loro incarichi per corruzione o criminalità. Le imprese private militari, come la statunitense Blackwater e la russa Wagner, reclutano i loro combattenti tra i comuni detenuti indipendentemente dalla gravità del reato commesso.
La terza questione è chiederci cosa resta dello Stato una volta privatizzata la violenza “legittima”, con l’evidenza che lo Stato è diventato un’appendice della classe dominante e del capitale. Mi chiedo: che cosa si cerca veramente quando si vuole occupare qualche posto secondario all’interno dell’apparato statale (come deputato, senatore o ministro), senza toccare la violenza privatizzata? Stati interi come il brasiliano Rio de Janeiro, sono la dimostrazione del tremendo potere della violenza privata/privatizzata, che sostiene dalle imprese illegali e torbide fino alle autorità molto legittime elette, come sindaci e governatori. L’esperienza ci dice che smantellare questi intrecci di poteri irregolari è quasi impossibile dalle istituzioni.
Per questo, i movimenti dei popoli originari e neri più consapevoli hanno deciso di difendere i loro territori con le loro autodifese comunitarie.
Versione originale su La Jornada. Traduzione di Comune.
Raúl Zibechi ha aderito alla campagna Partire dalla speranza e non dalla paura
Rita Coco dice
Condivido e mi trovo in tutto tranne che sulla conclusione: Nessun cambiamento profondo della società può avvenire attraverso lo Stato, diventato un’appendice della classe dominante e del capitale.
Lo Stato siamo anche noi, dipende anche da noi usare gli strumenti della democrazia, formali e informali, per quanto imperfetti e acciaccati, per produrre il cambiamento. Basso e alto possono e devono lavorare insieme per scardinare questa follia collettiva che attraversa il mondo in questi tempi sciagurati
Francesco Castelgrande dice
Ormai la democrazia è in netto declino.