di Rosaria Gasparro*
Pace. Così lontana dagli attentati, dalla guerra diffusa, così prossima al dolore. Così urgente, necessaria, fatta d’acqua e aria, di sangue e latte, di casa e non ritorno. Come potrò parlarne con i bambini, senza lasciarli soli a spiegare e a costruire incubi e mostri, soli con la paura? Come trovare le parole e le pratiche giuste per non lasciarla morire d’indifferenza e di retorica? Come non congelarla e renderla irraggiungibile in un mondo che si vorrebbe migliore ma è peggiore che diventa? Come restituirle la verità saccheggiata dalle missioni in suo nome? Come renderla utopia concreta nelle carte del mondo?
Inizierò da loro, come sempre. Dai loro pensieri, da ciò che li spaventa, da come le immagini della tv costruiscono il loro mondo (leggi anche Continuiamo a occuparci di loro di Paolo Limonta, mestro). Chiederò a Sami e a Malak di spiegare ai compagni cosa vuol dire per loro essere musulmani, d’insegnare ai compagni che l’Islam ha come radice slm, cioè salam, cioè pace. Cercheremo le soluzioni. “Slitigheremo” tra di noi per metterci d’accordo. Faremo un laboratorio di poesia e pace. Pensa agli altri, dice una delle poesie che ho cercato per loro. È del poeta palestinese Mahmud Darwish.
“Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri,
non dimenticare il cibo delle colombe.
Mentre fai le tue guerre, pensa agli altri,
non dimenticare coloro che chiedono la pace.
Mentre paghi la bolletta dell’acqua, pensa agli altri,
coloro che mungono le nuvole.
Mentre stai per tornare a casa, casa tua, pensa agli altri,
non dimenticare i popoli delle tende.
Mentre dormi contando i pianeti, pensa agli altri,
coloro che non trovano un posto dove dormire.
Mentre liberi te stesso con le metafore, pensa agli altri,
coloro che hanno perso il diritto di esprimersi.
Mentre pensi agli altri, quelli lontani, pensa a te stesso,
e di’: magari fossi una candela in mezzo al buio”.
Chissà, magari impariamo che pensare agli altri è il miglior modo di pensare a noi stessi. Di farci candela. Magari capiremo meglio perchè molti fuggono e diventano profughi.
Intanto siamo andati con Margherita, Mimino e Damiano in Via della Pace. Nel mio paese è un vicolo cieco, finisce presto, come sembra essere la pace nel mondo. Siamo andati a preparare il muro su cui dipingeremo e scriveremo di una pace che viene prima della guerra. Uno splendido pensiero per aprire quella via nel mondo.
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