Un bombardamento mediatico che rimuove le cause e focalizza l’attenzione sulle conseguenze. Siamo in guerra! Il discorso dominante utilizza la terminologia tipica di questo stato, con una leggerezza che impressiona; le immagini parlano di aree isolate, militari, bare.Un imponente sforzo di uomini e mezzi (ora anche economico grazie al quantitative easing di mille miliardi della BCE) per arginare e alla fine (si spera) debellare il nemico comune. Un nemico intangibile, per il quale non esistono muri o recinzioni, che abbatte i confini, palesando tutte le contraddizioni dell’epoca che stiamo vivendo. È tempo di spezzare le catene e creare una vera società conviviale
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Un nemico invisibile si aggira per le strade. Questo è quello che ci raccontano medici, politici e giornalisti. E’ tempo di rintanarsi, è il momento dell’isolamento. Il linguaggio ufficiale parla di morti, malati e zone rosse. Assistiamo, inermi, alla militarizzazione delle nostre vite. “E’ necessario” ci dicono, se vogliamo tutelare la nostra salute e quella degli altri. Nei fatti, questo è un racconto parziale: pochissimo spazio viene dedicato alle centinaia di migliaia di lavoratori che ogni giorno ammassati sui mezzi pubblici e con scarse tutele nei luoghi di lavoro svolgono mansioni che non hanno nessuna utilità pubblica, se non quella di portare utili a qualcuno che approfitta della contingenza (gli operai FCA, i lavoratori di Amazon…), ma anche i riders, i corrieri, rischiando così di contaminare ancor più persone.
Invece, ci viene raccontato che i contagi sono dovuti alla irresponsabilità dei tanti che vanno a correre o semplicemente a fare due passi. Si, è vero, ci sono stati comportamenti disdicevoli, cosa dire delle migliaia di persone a cui è stato consentito di assalire treni ed autobus e scendere al centro-sud, di fatto contagiando tante altre persone? Vi sono evidenti responsabiltà politiche, ad iniziare da quelle del ministro della salute, che aveva rassicurato tutti, (in un’altra fase si sarebbe dimesso o ci sarebbe stata una mozione di sfiducia), per proseguire con la presunta efficacia degli altri provvedimenti intrapresi a livello centrale e periferico – le ordinanze che limitavano alle diciotto l’apertura dei bar, o quelle che riguardavano solo gli studenti che provenivano dalle zone interessate -.
Ci sono poi pareri ed interessi discordanti nel mondo scientifico: la gara a chi ha scoperto prima l’efficacia del farmaco anti-artrite, o il fatto se sia più opportuno fare i tamponi agli asintomatici. (A proposito perchè mascherine e tamponi non sono sufficienti e poi si scopre che ben 500.000 tamponi sono stati spediti negli Usa?). Perchè non utilizzare le strutture e i macchinari esistenti invece di crearne di nuove in modo da dirottare fondi alla sanità privata? Sulla efficacia della sanità italiana incidono inoltre i decennali tagli fatti in nome del rigore. La cosa certa è che gestire questa situazione è complicato, anche nelle zone più ricche, che poi sono quelle maggiormente colpite (la pianura padana dove gli altissimi tassi di inquinamento colpiscono le difese immunitarie dei malati cronici e degli anziani). E’ evidente che tutto questo coarcevo di interessi politici – la deriva nazionalistica -, economici e del mondo scientifico mina la loro stessa credibilità.
Negli altri paesi le modalità operative, purtroppo, sono state le stesse.
I nostri governanti, quindi, abdicano alle loro funzioni, predominano gli interessi economici e, in questo caso, anche la razionalità tecnica (il biopotere dispiega i suoi effetti), scoprendo di avere un ruolo solo nel monopolio dell’uso della forza.
Si è creata una situazione di stato di emergenza permanente, legittimata dalla particolare situazione, a cui occorre porre in essere un costante contropotere di critica e di vigilanza, per evitare il cristallizzarsi di situazioni, che con il passare del tempo, possano consolidarsi pericolosamente anche nelle menti e nel modo di pensare alle relazioni.
Infatti, questi signori non si pongono la questione della salvaguardia delle specie viventi, questa opzione è posticipata, è rimandata al prossimo virus.
E, allora, in tempi eccezionali come questi assistiamo ad una narrazione tossica.
Un bombardamento mediatico che rimuove le cause e focalizza l’attenzione sulle conseguenze.
Siamo in guerra! Il discorso dominante utilizza la terminologia tipica di questo stato, con una leggerezza che impressiona; le immagini parlano di aree isolate, militari, bare.
Un imponente sforzo di uomini e mezzi (ora anche economico grazie al quantitative easing di mille miliardi della BCE) per arginare e alla fine (si spera) debellare il nemico comune.
Un nemico intangibile, per il quale non esistono muri o recinzioni, che abbatte i confini, palesando tutte le contraddizioni dell’epoca che stiamo vivendo.
Il dominio dell’uomo sulla natura (antropocene) ha creato e prodotto un modello che è incompatibile con la permanenza della vita sul pianeta.
Solo pochi mesi fa le notizie degli incendi in Australia e dello scioglimento dei ghiacciai.
Sono decenni che la terra ci manda dei segnali: cambiamenti climatici, scomparsa di intere specie viventi, fenomeni estremi, attacco alla biodiversità, pandemie.
Aver intaccato gli ecosistemi, per favorire un modello di sviluppo votato alla crescita infinita, basato sulla competizione e l’individualismo, oltre ad aver inasprito le differenze sociali e aver messo a repentaglio le risorse, ha di fatto generato virus e batteri, che oggi ci presentano il costo di tali scelte scellerate.
Questa esperienza dolorosa però può essere anche un’occasione: quella di cogliere l’opportunità per ripensarci in maniera diversa. Capire che non siamo tutti uguali, non ci accomuna la bandiera o l’inno nazionale ma il fatto di abitare lo stesso spazio-mondo.
Il compito che abbiamo, allora, è quello di lottare per eliminare le diseguglianze, dobbiamo immaginare una vita che non sia solo la sua messa al lavoro e possibilmente affrancarla dal progresso tecnico.
E’ tempo di spezzare le catene e creare una vera società conviviale.
Osservazioni intelligenti,che hanno il coraggio di approfondire e ricercare le cause,quello che io ritengo sempre necessario se veramente vogliamo migliorare.
Purtroppo pochi sistemi di basano sul vero progresso.
Speriamo che questa sia una lezione, ma già dall’ atteggiamento ufficiale si vede poco di buono
L informazione poi non ne parliamo…