Le imprese recuperate sono come il tango: passionali e un po’ folli, dice Maria Del Valle. La sua storia personale è intrecciata a quella dell’hotel Bauen di Buenos Aires, che in questo momento è forse la più simbolica e la più minacciata delle imprese abbandonate dai padroni e recuperate in autogestione dei lavoratori. Marco e Irene, due ragazzi piemontesi che percorrono l’America Latina per un intero anno, hanno raccolto il racconto di Maria proprio mentre la resistenza del Bauen sta inventando un cambio di strategia per affrontare la nuova offensiva padronale
di Irene e Marco Bertana
Siamo entrati per prima volta all’hotel Bauen venerdì 21 marzo, in occasione della festa per l’undicesimo anno dalla sua occupazione e della presentazione dell’ultimo rapporto sulle imprese recuperate in Argentina. Ci ha invitati Andrés Ruggeri, direttore della Facultad Abierta dell’Università di Buenos Aires, con il quale abbiamo chiacchierato cucinando churrascos la settimana prima.
Quelle “recuperate” sono imprese che, in seguito all’abbandono da parte dei padroni, sono state occupate dai lavoratori, decisi a conservare la loro occupazione. È un fenomeno che in Argentina esplode con la crisi del 2001, ma continua a crescere. Oggi sono 13.500 le persone che lavorano in 311 imprese autogestite. Erano 36 nel 2001, 163 nel 2004 e 247 nel 2010. Questi numeri indicano un cambiamento nella mentalità dei lavoratori argentini, spiega Andrés durante la presentazione, che ora considerano l’occupazione come una via percorribile per mantenere il proprio posto di lavoro. I settori coperti sono molto diversi: dal metallurgico al tessile, dal grafico al gastronomico.
I lavoratori che decidono di intraprendere la strada dell’autogestione devono affrontare diversi ostacoli. Il primo ha a che vedere con un cambio di mentalità: si passa dal lavorare senza dover pensare al dover scegliere e imparare a organizzare il lavoro individuale e collettivo, le difficoltà aumentano perché spesso i lavoratori che avevano funzioni amministrative sono i primi ad andarsene ed è difficile collocare la produzione nel mercato.
Ma l’ostacolo più grande è di natura legale.
L’ultimo esempio, il più eclatante, riguarda proprio il Bauen, il simbolo del movimento delle imprese recuperate, che ha ricevuto un’ingiunzione di sfratto proprio il giorno del suo undicesimo compleanno. L’atto rappresenta l’ultimo grado di giudizio di un processo che va avanti già da molti anni.
Ce ne parla, qualche giorno dopo, Maria Del Valle, una delle fondatrici della cooperativa che gestisce l’albergo, nel suo pittoresco ufficio, tappezzato da foto di lavoratori, di momenti di lotta o d’incontro con altre realtà. Mentre entriamo nella stanza, ci mostra le foto appese ovunque, poi indica un angolo con tamburi e bandiere e dice: ”Sono questi i nostri strumenti di lavoro”.
Maria racconta la storia del Bauen e ci dice di come essa s’intreccia con la sua storia personale. L’hotel viene fondato da Marcelo Iurcovich durante il regime di Videla, nel 1978, per la coppa del Mondo, grazie ad un credito della Banca Nazionale per lo Sviluppo. Di questo prestito, Iurcovich non restituirà che la prima rata. Durante la sua gestione, il Bauen va a braccetto col potere, e negli anni Ottanta si espande con il Bauen Suite che sarà inaugurato nel 1982. Negli anni Novanta, l’hotel ospita incontri del gruppo peronista e nel ’95 perfino la cerimonia per la rielezione di Menem. Sono quelli però anche gli anni in cui inizia la decadenza dell’albergo, che non regge la concorrenza di catene di altri hotel che dall’estero aprono succursali in Argentina. Nel 1997 il Bauen viene comprato dalla società Solaris, un’impresa cilena che pagherà solo 4 milioni di dollari dei 12 pattuiti. La prima parte della storia finisce il 28 dicembre 2001, con la chiusura per bancarotta fraudolenta.
Maria racconta il suo periodo successivo alla chiusura dell’albergo, la vita continua: esce, va a ballare e fa volontariato in una mensa di quartiere. Nel frattempo, una parte dei lavoratori dell’hotel si mettono in contatto con il nascente movimento delle imprese recuperate e il 21 marzo 200 persone circa occupano l’hotel e decidono di fondare la cooperativa che ne prenderà in carico la gestione. A Maria viene chiesto di prendere parte a questo processo.
L’impresa è al limite della follia: lo spazio è enorme e decadente, non ci sono soldi, non ci sono strumenti. Eppure Maria decide di unirsi lo stesso a questa lotta per il lavoro e la dignità: “Quando ero bambina, vivevo in un quartiere umile ma non esisteva l’idea della disoccupazione. Ho deciso di partecipare perché non potevo pensare che i miei nipoti dovessero frugare nell’immondizia per trovare da mangiare. L’ho fatto per dare loro un futuro migliore. E perché credevo nella nostra forza”.
La storia le ha dato ragione. Il primo periodo, però, è stato molto difficile: “Al Bauen c’erano solo freddo e fame. Scambiavamo prodotti detergenti con cibo e medicinali, perché qua c’era sempre qualcuno che si ammalava”. La solidarietà dei vicini è grande, e a poco a poco l’hotel riprende le attività.
Si apre così una nuova fase, quella in cui i lavoratori prendono in carico la gestione dell’hotel. “Noi non parliamo di solidarietà, la pratichiamo”, ci dice Maria, raccontando le attività in rete con altre imprese recuperate, i progetti di reinserimento lavorativo delle ex-detenute, i dibattiti e le conferenze ospitati da quello che è diventato uno dei luoghi simbolo dell’Argentina in lotta. “Vengono a studiare la nostra esperienza dalle università di tutto il mondo perché rappresentiamo un nuovo modo di fare economia”. Il Bauen è gestito in forma assembleare, con un consiglio di amministrazione e diverse aree con i loro responsabili. ‘Si chiamano responsabili di area, non capi” tiene a precisare Maria, perché “questo non è un lavoro, è un progetto di vita”.
Se dovesse sintetizzare l’esperienza di autogestione dei lavoratori, Maria direbbe che “le imprese recuperate sono come il nostro tango: passionali e un po’ folli”. E, ancora, per spiegare le difficoltà nel prendere decisioni e autogestire il lavoro di un gruppo così grande, Maria usa un’altra metafora suggestiva: “Sono come il nostro dulce de leche, è buono, ma ha delle conseguenze”.
Attualmente, i soci della cooperativa del Bauen sono 140 e, ancora una volta, si ritrovano a lottare per il loro lavoro. Nel giro di un mese, stando all’ultima sentenza, dovrebbero cedere gli stabilimenti a Mercoteles, società diretta dal cognato di Iurcovich, che rivendica l’hotel come suo. Una soluzione ci sarebbe, spiega Maria, lo Stato argentino dovrebbe intervenire, riprendersi l’hotel e darlo successivamente in gestione alla cooperativa, che potrebbe pagare un affitto.
Intanto però i lavoratori non stanno con le mani in mano. In collaborazione con l’università, altre imprese recuperate e altri soggetti ancora stanno elaborando nuove strategie di resistenza. Il 3 aprile abbiamo assistito a un’assemblea di coordinamento per organizzare una campagna di sensibilizzazione, che ha come obiettivo quello di tenere alta l’attenzione dei media. Ci saranno eventi, dibattiti in giro per la città e una campagna internazionale, le modalità della quale saranno decise in questi giorni. Di certo la campagna comprenderà delle foto di solidarietà che saranno condivise sul profilo facebook della cooperativa.
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