La scuola ha il dovere storico e morale di ricordare che il 4 novembre non vi è nulla da festeggiare. È in realtà un giorno di lutto, poiché in quella data termina una delle guerre più violente della storia, costata la vita ad oltre 13 milioni di uomini, una scellerata macelleria sociale dal cui sangue sbocciarono i frutti velenosi del fascismo e del nazismo
Le accuse di “non meritare di insegnare in una scuola italiana”, rivolte dall’assessora veneta all’Istruzione, la leghista Eleonora Donazzan, a un gruppo di docenti del Liceo classico “Marco Polo” di Venezia, rei di non aver voluto partecipare con le loro classi all’incontro con due ufficiali della Marina e della Finanza, previsto per lunedì 4 novembre in occasione della giornata dell’unità nazionale e delle forze armate, ci consegna l’urgenza politica di mettere in profonda e critica discussione il rapporto che si è venuto a determinare in Italia fra mondo delle istituzioni scolastiche e mondo delle istituzioni militari.
Sempre più, negli ultimi anni, infatti, la scuola ha aperto le sue porte a uomini e donne delle forze armate, i quali via via hanno iniziato a propagandare una immagine del soldato e della carriera militare, in cui sono del tutto scomparse la guerra, la morte, la violenza, le spese per le armi e le alleanze politiche con stati che si macchiano di crimini e violazione dei diritti umani. Tale mistificazione della realtà ha raggiunto l’apice proprio con le celebrazioni della vittoria di Vittorio Veneto e della fine della prima guerra mondiale. Di fronte al tentativo di fare di tale ricorrenza un momento di orgoglio patriottardo, la scuola ha il dovere storico e morale di ricordare che il 4 novembre non vi è nulla da festeggiare e che anzi il 4 novembre è un giorno di lutto nazionale, poiché in quella data termina una delle guerre più violente della storia, costata la vita ad oltre tredici milioni di uomini. La grande guerra fu un vero e proprio crimine politico figlio dell’aggressività dell’imperialismo, della cecità delle classe dirigenti, delle alleanze militari, della corsa agli armamenti, della violenza dei nazionalisti, della crisi del movimento operaio internazionale e della volontà della grande borghesia di trasformare la lotta di classe tra sfruttati e sfruttatori, interna alle nazioni, in una lotta orizzontale tra proletari e contadine nelle trincee. La prima guerra mondiale fu una scellerata macelleria sociale senza predenti dal cui sangue sbocciarono i frutti velenosi del fascismo e del nazismo, che portarono il mondo nel baratro di un nuovo e ancor più devastante conflitto globale, fatto di stermini, lager, genocidi e armi atomiche.
Per questo penso che tutti i cittadini democratici debbano dire grazie ai docenti veneziani, i quali, rifiutandosi di celebrare il 4 novembre in compagnia di esponenti dell’esercito, hanno avuto il coraggio di disobbedire ad un diffuso potere, tanto banale quanto pervicace, che ogni giorno, tra scoramento e complicità, pretende impunemente di rovesciare la Costituzione della Repubblica e di riscrivere la storia. La scuola deve avere lo slancio politico e dire che dove vi è il trionfo di Polemos (il dio della guerra) vi è la dissoluzione della polis, ovvero della comunità politica. La guerra è nemica dell’educazione.
Gli insegnati devono assumersi il gravoso compito di arginare questa retorica militarista, portata avanti, tra squilli di tromba, sia dalle forze politiche sovraniste-nazionaliste che dagli schieramenti liberali e liberisti: entrambe le fazioni infatti, seppur da posizioni diverse, vedono nella guerra uno strumento politico utile per governare la realtà, in nome del mantenimento di uno status quo complessivo in cui i soggetti dominanti possono perpetuare la loro egemonia, fatta di ingiustizie e sfruttamento. La neo-ideologia militarista, rivolgendosi ad una opinione pubblica accuratamente spaventata e a lavoratori sempre più precari e disillusi, sostiene che per fortificare le democrazie nei mari burrascosi del XXI secolo sia necessario aumentare le spese militari e prepararsi alle guerre; queste ultime, invece, rispondono a machiavelliche strategie finalizzate al mantenimento o conseguimento dell’egemonia politica e al controllo neo-coloniale delle risorse economiche. Oggi il militarismo rappresenta una delle principali minacce per provare a costruire una società internazionale di pace e di cooperazione, che permetta ai popoli di prosperare, senza sopraffarsi, nella collaborazione. La scuola della Costituzione deve raccogliere la difficile ma profetica sfida della pace, facendo dell’articolo 11 un baluardo pedagogico irrinunciabile: gli insegnati devono far del ripudio della guerra, in tutte le sue molteplici forme, la stella polare della loro azione didattica, in quanto solo educando dal basso a pratiche di pace possiamo sperare di svuotare il futuro dal morbo dei conflitti armati. Solo realizzando una pace stabile e duratura, fatta di giustizia sociale, solidarietà, diritti civili, sviluppo economico equo, ecologia e dignità gli uomini e le donne potranno realizzarsi come esseri liberi e felici.
Serve ricostruire una grande campagna mondiale per il progressivo disarmo mondiale, facendo crescere una coscienza che capisca che il circolo vizioso armi-guerra rende il mondo più insicuro e ingiusto, danneggiando innanzitutto chi è più povero e che quindi ha maggiormente bisogno di sanità, lavoro e istruzione. Una subdola razionalità strumentale, che ha tradito la ragione universale e umanista, è giunta a produrre, nel corso del Novecento, spaventose e barbare armi di distruzione di massa che hanno trasformato la guerra ancor di più in un crimine permanente contro l’umanità, in uno strumento perverso nelle mani degli innumerevoli nemici di una democrazia fatta di uguaglianza ed emancipazione. Una delle sfide che abbiamo di fronte è, pertanto, quella espellere dalla Storia la guerra; quest’ultima deve diventare, come l’incesto, un tabù politico ed etico, in quanto minaccia la sopravvivenza stessa dell’umanità e dell’ambiente. Per questo la scuola italiana, come comunità educante, deve rivendicare con orgoglio le radici pacifiste della Costituzione repubblicana, nata dalla Resistenza alla violenza nazifascista e al loro progetto di guerra, ritornando agli insegnamenti di uomini e donne come Aldo Capitini, Maria Bajocco Remiddi, don Milani e Danilo Dolci: la democrazia cresce di pari passo con il disarmo, con la riduzione delle spese militari, con la conversione dell’industria bellica in industria civile, con la lotta ad ogni discriminazione, con un’economia di giustizia, con la partecipazione alla vita politica, con l’educazione ai diritti umani e con il rifiuto collaborare con chi prepara oggi le guerre che uccideranno domani. Per una sana e robusta istruzione di pace servono insegnati disposti a farsi quotidianamente, obiettori di coscienza.
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Matteo Saudino è insegnante di filosofia a Torino
Ermete Ferraro dice
Condivido ogni singola parola dell’articolo e invito tutti i docenti ad esprimersi con altrettanta chiarezza contro la progressiva militarizzazione delle nostre scuole e l’arroganza dei politici, che pretendono d’imporre le loro regole a chi insegna.
Ermete Ferraro, referente per la campagna ‘scuole smilitarizzate’ del M.I.R. (Mov. Internaz. della Riconciliazione)
Stefano de siti dice
Quanta ignoranza…il 4 Novembre non è la festa della guerra ma una festa che onora il sacrificio di tanti italiani e l’Unione all’Italia di Trento e Trieste oltre alla vittoria contro l’Austria che per circo un secolo (1815-1918)aveva oppresso tanti italiani ..w il 4 Novembre w la Patria .
Augusto Joppolo dice
Pienamente d’accordo!
Ferdinando dice
Egregio signor Saudino, ma Lei in che mondo vive?? È al corrente che i primi tagli alla spesa pubblica li fanno proprio alle Forze Armate? Pensa veramente che i profeti disarmati cambieranno il mondo? Se così fosse, la invidierei per la sua candida ingenuità. Sfortunatamente sono più propenso a pensare a una sua faziosità di parte. In ogni caso Le auguro una buona vita.
Salvatore dice
Facciamo una marcia x la pace il 4 novembre, in risposta alla festa della “guerra”
redazione di Comune dice
Oltre 140 insegnanti siciliani in solidarietà ai docenti e studenti della scuola Marco Polo di Venezia, il testo dell’appello: https://www.unascuolasenzaguerra.org/ultime-notizie/appello-oltre-140-professori-siciliani-in-solidarieta-ai-docenti-e-studenti-della-scuola-marco-polo-di-venezia/
Franco Casagrande dice
Per prevenire tutto quello, è indispensabile introdurre l’insegnamento sin dalla scuola primaria, l’educazione alla Pace, alla Nonviolenza, alla Mondialità…
Sonia Modenese dice
La pace e la non violenza si vivono quotidianamente, non negando i conflitti ma gestendoli, la pace si crea con il rispetto, con la curiosità: le nostre classi sono un concentrato di mondo e i bambini e i ragazzi non hanno bisogno di nuove materie ma di adulti che siano degli intellettuali impegnati a concretizzare quotidianamente quelle idee.
Catia Castellani dice
Grazie a questi colleghi!
Francesca Gallo dice
“Una delle sfide che abbiamo di fronte è, pertanto, quella espellere dalla Storia la guerra”, grazie prof per queste parole e per essere sensibile verso temi che sono così vicini a noi e di cui dovremmo sempre parlare per un mondo migliore più giusto.
Edvige Di Venezia dice
Felicissima di aver fatto le stesse scelte anni fa, anch’esse non condivise dal dirigente scolastico che mi dispensò dal partecipare alla manifestazione del 4 novembre per evitare “brutte figure” alla scuola. La scuola fa brutte figure quando non propone agli alunni le verità storiche ma la retorica, il più delle volte di matrice fascista.
Luigi Chiapperini dice
I 650.000 Vaduti vi ringraziano di cuore. A questi “professori” non augureremo mai di trovarsi in una situazione drammatica (non so, in un campo di concentramento o sotto le bombe di aerei mandati da qualche governante senza scrupoli, oppure ancora nelle mani di qualche terrorista) come è sempre avvenuto nella storia dell’umanità.
Non glielo auguriamo, perché noi che abbiamo indossato la divisa non riusciamo ad odiare e ci sentiamo diversi da coloro i quali agiscono spinti dal vento di vuote ideologie. Noi che conosciamo gli orrori della guerra e che saremmo stati pronti a sacrificarci per difendere i più deboli nel mondo, i nostri concittadini ed anche i nostri “professori”, ci auguriamo una sola cosa: che i ragazzi, studiando la storia, comprendano (anche senza l’aiuto dei loro “professori”) quanto siano importanti le NOSTRE Forze Armate per salvaguardare la NOSTRA LIBERTA’.
Noi non siamo come quei “professori” e continueremo a gridarlo al vento.
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Francesca Gallo dice
“Una delle sfide che abbiamo di fronte è, pertanto, quella espellere dalla Storia la guerra”, grazie prof per queste parole e per essere sensibile verso temi che sono così vicini a noi e di cui dovremmo sempre parlare per un mondo migliore e più giusto.
matteo s. dice
Dobbiamo provarci, nonostante la maggior parte dei docenti si limiti ad eseguire.
Bepi De Casteo dice
Ringrazio e condivido lo scritto, ma avrei anche il piacere che la scuola fosse messaggera di pace e di uscita dell’Italia dalla NATO. Questa alleanza è un vero pozzo, senza fondo, di denaro pubblico, che potrebbe essere reinvestito sulla scuola.
Giovanni tritto dice
L’Italia stà nella NATO ,altrimenti all’epoca doveva stare nel patto di Varsavia.Forse tra i due mali si è scelto il minore(non avevamo altra scelta cosi ci è stato imposto)dalle potenze vincitrice della 2^ G.M. meglio cosi che peggio lo posso garantire perche ho visto l’altra faccia della medaglia.
Francesco Crocitto dice
La prima cosa che mi viene da dire è l’auspicio che le insegnanti che non hanno voluto prendere parte alle manifestazioni abbiano lasciato liberi i propri alunni di partecipare o meno. Perchè spesso si predica bene e si razzola male. (E queste persone sono le prime che soffiano sul fuoco per alimentare odio e guerra) La seconda osservazione che mi viene spontanea è quella di pensare che questi insegnanti non sanno nulla sulle Forze Armate e sui compiti che hanno e svolgono tutti i giorni a salvaguardia delle Istituzioni e della incolumità degli stessi e dei loro figli. La terza cosa è quella di pensare che se aggredite da chiunque delinquente, straniero o nazionaleche possa essere, non si rivolgano a chiedere aiuto ai militari di qualunque F.A. o Corpo armato dello Stato che, guarda caso ha l’obbligo di tutelare tutti i cittadini . Provo, infine, difficoltà a pensare a pacifisti che si presentano ad esprimere le proprie idee con manganelli e pistole. Il 4 Novembre è la commemorazione dei tanti militari e civili che per un ideale (in quel momento giusto perchè mirava a liberare dall’oppressore tanti fratelli inermi) persero la propria vita per rendere libera e democratica la propria nazione. Mi rimane forte il dubbio che tali insegnanti, pur persone per bene, confondono i periodi storici e fanno di tutta un’erba un fascio. ed