C’era una volta una grossa fandonia che, per qualche decennio, è diventata il mantra di un pensiero condiviso in gran parte del pianeta: il mercato si autoregola e trova un proprio equilibrio che fa girare l’economia e il mondo. Proviamo a verificare prendendo ad esempio 4 tra le prime 10 imprese che oggi detengono il maggior valore di capitalizzazione del mercato nel mondo e della storia del capitalismo. Facebook ha comprato Instagram e Whatsapp perché minacciavano il suo controllo sugli utenti. Google ha fatto lo stesso con You Tube, ma intanto rubava dati alle imprese più piccole e, se protestavano, minacciava di escluderle dal suo onnipotente motore di ricerca che controlla il 90 per cento di quel che andiamo cercando su internet. Apple impedisce ai suoi clienti di utilizzare applicazioni di altri sviluppatori. Amazon, che lo scorso anno, ha superato nelle vendite Walmart, il primo supermercato del pianeta, esercita un controllo brutale sui suoi fornitori, fa fallire chi non accetta le sue condizioni e ed esercita in modo sistematico concorrenza sleale. Sono alcune delle accuse cui i 4 giganti delle tecnologie sono stati chiamati a rispondere all’inizio dell’estate in un’audizione pubblica davanti al Congresso degli Stati Uniti. Naturalmente, quello delle “spregiudicate” pratiche monopolistiche è solo uno, non certo il più grave, dei tratti salienti che caratterizzano un potere economico, politico e sociale senza precedenti come quello dei colossi del “capitalismo della sorveglianza” che prospera acquisendo e manipolando i dati della vita di tutti noi. Come possiamo difenderci? Naturalmente, oggi nessuno sa fornire risposte adeguate, ma intanto possiamo e dobbiamo prenderne coscienza, non rassegnarci all’ineluttabilità di quel potere e, laddove possibile, provare ad approfondire le crepe che quel dominio non mancherà di produrre e mostrare
Il 29 luglio del 2020 quattro delle cinque maggiori società tecnologiche del pianeta, Google, Amazon, Facebook e Apple (GAFA), hanno dovuto presentarsi a un’audizione pubblica davanti al Congresso degli Stati Uniti, accusate di pratiche monopolistiche nei confronti di concorrenti più piccoli, consumatori e utenti. Si tratta di un aspetto chiave degli impatti negativi di queste gigantesche piattaforme digitali, ma è solo uno di quelli che caratterizzano il loro potere economico, politico e sociale senza precedenti.
Il mercato complessivo di queste quattro società ammonta attualmente a più di 5.000 miliardi di dollari. Insieme a Microsoft (GAFAM), sono tra le prime 10 società che detengono il maggior valore di capitalizzazione del mercato nel mondo e nella storia del capitalismo. Apple, Alphabet, Microsoft e Amazon, insieme alle compagnie petrolifere Petrochina e Saudi Aramco, sono le uniche sei società che hanno superato i 1.000 miliardi di dollari di valore di mercato (Trillion dollar companies, in inglese). Facebook segue con un valore di 633 miliardi di dollari, simile a quello delle piattaforme digitali cinesi Alibaba e Tencent.
Nel corso dell’audizione, che è durata più di cinque ore, ai rappresentanti di Google, Amazon, Facebook e Apple è stata presentata una lunga lista di domande, raccolte dalla commissione antitrust, coordinata da David Cicilline, dopo un anno di indagini e più di un milione di documenti. Jeff Bezos, fondatore di Amazon; Marc Zuckerberg, fondatore di Facebook (entrambi tra gli otto uomini più ricchi del pianeta); gli amministratori delegati di Apple (Tim Cook), e di Alphabet, società proprietaria di Google (Sundar Pichair), hanno difeso le loro imprese di fronte a un mucchio di prove che difficilmente hanno potuto contestare.
I casi presentati erano noti, ma non per questo meno gravi. Ad esempio, è stato dimostrato sulla base di e-mail che Facebook ha acquistato i suoi concorrenti Instagram e WhatsApp perché li percepiva come una minaccia al proprio controllo degli utenti, una motivazione analoga a quella che indotto Alphabet (Google) ad acquistare YouTube. È emerso che Google ruba dati a società più piccole, ad esempio le recensioni di Yelp sui ristoranti, e di fronte alle rimostranze di quest’ultima ha minacciato di escluderla dal motore di ricerca. Google controlla il 90 per cento delle ricerche online. Le accuse contro Apple ruotavano intorno all’impossibilità per i suoi clienti di utilizzare applicazioni di altri sviluppatori.
Amazon dal 2019 supera nelle vendite al dettaglio Walmart, il più grande supermercato del pianeta. Con la pandemia i suoi profitti sono cresciuti in maniera esponenziale, facendo di Bezos l’uomo più ricco del mondo, con un patrimonio personale di 181 miliardi di dollari [sembra che ora abbia superato i 200 miliardi – ndt]. Il controllo di Amazon sui suoi fornitori è brutale, con il potere di far fallire chi non può o non vuole attenersi alle sue condizioni. È inoltre risultato chiaro che copia, produce con il proprio marchio e vende a prezzi più bassi (inizialmente) i prodotti più redditizi di altre aziende, facendole morire.
Si è parlato inoltre della manipolazione dei dati e dell’informazione con i suoi impatti politici e discriminatori, ma rimanendo ben al di sotto della vera dimensione del fenomeno. Un aspetto particolare di questa audizione è stato l’alto livello di preparazione della commissione antitrust, che ha fatto vacillare i dirigenti. Due anni fa, Zuckerberg ha dovuto presentarsi a rispondere al Congresso della fuga (o vendita) di dati di oltre 80 milioni di utenti di Facebook alla società Cambridge Analytica, il che ha permesso alla società e ai suoi dirigenti di influire in maniera decisiva, con modalità sia aperte che subliminali, sull’elezione di Trump e di altri personaggi, come Bolsonaro in Brasile. In quell’occasione, Zuckerberg ha mantenuto il controllo del dibattito di fronte a membri del Congresso che a malapena capivano la questione, e l’ha fatta franca con una multa di 5 miliardi di dollari, che non è una cifra da poco, ma che è stata molto inferiore ai profitti realizzati e al rialzo immediato del valore delle sue azioni non appena la sentenza è stata emessa.
Colpisce il fatto che non abbiano citato Microsoft e il suo fondatore Bill Gates, che insieme a GAFA controlla più della metà del mercato globale delle piattaforme digitali. Il motivo è probabilmente che 22 anni fa Microsoft è stata convocata a un’audizione analoga per rispondere del suo monopolio nel mercato del software, un processo che ha influito sulla struttura della compagnia e ha cambiato alcuni piani, come lo sviluppo della telefonia. Nonostante questo, Microsoft e il suo attuale potere nel campo dei cloud, dell’intelligenza artificiale e della gestione di volumi massici di dati (Big Data) svolgono un ruolo fondamentale nel controllo delle scelte economiche e politiche, insieme agli altri quattro mostri della digitalizzazione.
Il tema del controllo monopolistico dei mercati è determinante, ma è soltanto uno degli aspetti cruciali di queste nuove forme di accumulazione capitalistica a partire dai dati sulla vita di tutte e di tutti, che stanno alla base del cosiddetto capitalismo della sorveglianza, una questione che dobbiamo comprendere e che dobbiamo affrontare organizzandoci collettivamente. Non si tratta soltanto di tecnologie digitali, ma del fatto che la digitalizzazione è entrata in tutti gli ambiti della vita produttiva e sociale. Un contributo interessante a questo dibattito ci viene offerto dalla rivista Internet Ciudadana.
Fonte: “Gigantes digitales, al banquillo”, in La Jornada, 01/08/2020
Traduzione a cura di Camminardomandando
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