Da dove nascono i muri? Un bambino che impara ad alzare un muro con un astuccio per una verifica, crescendo potrà pensare che è naturale alzare muri per altri fatti della vita? Come possiamo fare a meno a scuola dell’ossessione della competizione e del voto? Domande importanti di un maestro, che, tra l’altro, scrive: “I bambini ci insegnano a scovare le piccole situazioni quotidiane dalle quali si alimenta la costruzione dei grandi muri contemporanei. I bambini ci insegnano a sognare un mondo in cui i muri si innalzano solo per il divertimento di saltarli, perché le idee più belle, per svilupparsi, hanno bisogno di volare in alto…”
![](https://comune-info.net/wp-content/uploads/2019/05/blue-2567643_640.jpg)
«Se si è festeggiato tanto l’abbattimento del muro di Berlino, perché oggi nel mondo ci sono nuovi muri in costruzione?». La domanda di Samuele risale all’anno scorso; sorta astuta in una scuola media dalla capacità adolescenziale di scovare l’ipocrisia adulta e di non rimanere indifferenti alla cronaca – Samuele si riferiva al muro statunitense al confine con il Messico (leggi anche La Nuova Frontiera che uccide negli Usa di Laura Carlsen, ndr) – ancora me la ritrovo ogni tanto a gironzolare per la testa, insieme a un’altra questione: e se si dessero bei voti anche per le domande degli studenti, invece che per le sole risposte?
E quando noi adulti non abbiamo risposte che possano davvero spiegare l’insensatezza dell’umanità, non dovremmo attuare uno sciopero delle interrogazioni per tutelarci dall’incapacità di rispondere alle domande piene di vita dei ragazzi?
Insomma, da dove nascono i muri? «Forse nascono sui banchi», mi sono risposto con orrore durante una verifica in una delle classi dove lavoro come novello maestro di sostegno: prima che le verifiche abbiano inizio, vedo issarsi sui banchi gli astucci dei bambini contro l’eventuale sbirciata del compagno seduto di fianco.
Un astuccio-muro
Da educatore cerco di riflettere sull’origine delle cose che non vanno nel mondo: è tanto una bizzarria intravedere in un astuccio-muro sul banco uno dei punti di partenza delle barriere che – inutilmente ma con grandi sofferenze – cercano di bloccare le migrazioni umane? Un muro è un tentativo di separazione, e l’astuccio in piedi sul banco è il risultato di un sistema di valutazione che, attraverso la classificazione, finisce con il separare gli uni dagli altri: un bambino che ha preso 9 può legittimamente pensare di essere migliore del suo compagno che ha preso 7. Un bambino che impara ad alzare un muro per una verifica, crescendo potrà pensare che è naturale alzare muri per altri fatti della vita.
Che cosa deve fare l’educazione: separare o unire? Le questioni internazionali che divampano dalle cronache hanno radici antiche, e l’educazione oggi – come sempre – deve interrogarsi sulle basi che pone nella costruzione della società.
Orizzonti chiusi
Separare o unire? Guardo i banchi con muri di penne e pastelli colorati, mi chiedo se al merito sia necessaria la competizione, e che cos’altro si potrebbe fare in un sistema scolastico che agli insegnanti ordina – almeno per la valutazione d’anno finale – di classificare con cifre e parole predeterminate il percorso di apprendimento dei bambini.
È facile e giusto pretendere che gli insegnanti diano il buon esempio, ma la scuola è a sua volta il prodotto della società, e penso sia una grande illusione credere che dalla scuola possa nascere tutto quel rinnovamento di cui abbiamo bisogno. La scuola stessa deve innanzitutto cambiare, e perché ciò avvenga è necessaria un’ampia presa di coscienza degli insegnanti, che sono cittadini come gli altri; l’urgenza del cambiamento – della società e quindi anche della scuola – deve allora essere percepita dall’intera cittadinanza, la quale però sembra desiderare, come cambiamento, la chiusura degli orizzonti, cioè l’opposto del fine impalpabile dell’educazione: l’apertura mentale, la capacità di affrontare – senza respingerle – situazioni nuove.
Vi sono insegnanti che, nel rispetto della legislazione scolastica, adottano sistemi di valutazione alternativi e più efficaci, tuttavia nel nostro Paese alla fine dell’anno bisogna avere il voto numerico, anche alla primaria, e questo spinge generalmente maestri e maestre ad adottare il metodo tradizionale di verifiche e interrogazioni periodiche con voti, per arrivare così al voto finale. Ad essere pragmatici, non ci si può aspettare che tutti gli insegnanti siano innovatori o capaci di scostarsi dal selciato, seppur nel rispetto della legge. E infatti il voto numerico alla scuola primaria è stato reintrodotto qualche anno fa, e non mi pare che la battaglia pedagogica promossa da diverse organizzazioni contro tale decisione e per rivedere l’intero sistema della valutazione, sia sostenuta da masse di insegnanti. Proprio da qui bisognerebbe ripartire, perché i bambini, dal modo in cui vengono valutati, costruiscono a loro volta il proprio schema di giudizio sugli altri, componente fondamentale nella struttura complessiva della società.
I bambini ci insegnano a scovare le piccole situazioni quotidiane dalle quali si alimenta la costruzione dei grandi muri contemporanei. I bambini ci insegnano a sognare un mondo in cui i muri si innalzano solo per il divertimento di saltarli, perché le idee più belle, per svilupparsi, hanno bisogno di volare in alto e incontrare la diversità.
_________________
Si, dare voti alle domande 🙂 quante ne ho sentite nei miei anni di lavoro! arrivano all’improvviso. Talvolta proprio da chi non te l’aspetti. Nel perfetto silenzio o, il più delle volte, dette quasi sottovoce tra le parole dei compagni più abituati a parlare. Poi ci sono le domande che frullano in testa e ancora stanno cercando le sillabe e le domabde non dette che vedi nei volti. Ci sono anche le domande indicibili che restano ancora dentro a cercare una strada. Grazie Comune.
Davvero interessante. Riconoscere la preziosa generatività dei dubbi, delle in-compresioni sostiene il desiderio di conoscere e interrogarsi sui significati. Che grande responsabilità per gli insegnanti e non solo…
I miei alunni non conoscono i voti. Stanno finendo la prima e sono abituati ad imparare insieme, confrontandosi sulle difficoltà è le soluzioni. È proprio vero che i primi muri sono fatti con gli astucci…
Quanto mi piace questo tema! Lo sento molto vivo. Purtroppo si comincia troppo presto a costruire muri, se si punta su oggettività e misurazione. La scuola primaria scimmiottando la secondaria è stata snaturata sul versante della valutazione e della separazione netta delle discipline. Per fortuna un’altra scuola è ancora possibile!
Nella mia classe durante le verifiche non faccio seperare nemmeno i banchi e a chi fa copiare faccio i complimenti perché anche quello è un modo per essere solidali. Ovviamente a chi ha sbirciato poi spiego dell’importanza di provarci da soli senza temere il giudizio che vorrà essere un invito a riflettere su come migliorare.