
In questi giorni ricorre il terzo anniversario del passaggio a un’altra vita di Gustavo Esteva, questo caro amico personale, amico di Comune e di tanti suoi lettori e altre persone ancora. Quasi mi sfuggiva la data, non così il mio ricordo del suo pensiero: poco fa avevo iniziato a scrivere alcune righe per la post-fazione di una sua biografia, la cui traduzione giace sul mio tavolo di lavoro e che sta per andare in stampa.
Ho subito interrotto per scrivere alcune righe, appena in tempo per ricordare questo anniversario. Ancora ieri discutevo con gli editori e la traduttrice il titolo della versione italiana che forse risuonerà così: Contro la paura, la speranza. Il cammino di Gustavo Esteva. Il titolo dell’originale pubblicato in Messico è: Gustavo Esteva. Vida y obra de un intelectual público desprofesionalizado.
A questa definizione di intellettuale de-professionalizzato, con cui talora si presentava, a volte aggiungeva, se la memoria non mi inganna, anche quella di attivista sociale. Ne spiegherò meglio il significato nella post-fazione, nella quale mi limiterò a ricordare due aspetti del suo lavoro che ritengo particolarmente significativi: la coerenza fra pensiero e modo di vivere e la scelta del modo di comunicare il suo pensiero. Aveva scritto di avere fatto propria la risposta di Gandhi a chi gli aveva chiesto di sintetizzare il proprio pensiero: «La mia vita è il mio pensiero».
Viveva dunque in modo coerente con la sua scelta di praticare semplicità e autosufficienza di vita: come ricordano i suoi biografi, il 70 per cento della sua alimentazione era prodotto da lui e dalla sua compagna nei due ettari di terreno che circondano la loro casa, costruita con mattoni di adobe seguendo criteri di risparmio energetico. Era giunto a rinunziare a due abitudini sfiziose: fumare il sigaro e bere la coca cola.

Qui, a casa mia, pochi mesi or sono, sotto il tiglio secolare del mio giardino, nel corso di una riunione di amici in cui si parlava del suo libro Speranza forza sociale, alcuni di loro hanno deciso di formare un gruppo di lettura autogestita di un altro suo libro, L’insurrezione in corso (nell’edizione italiana del testo l’editore Asterios, che è di origine greca, ha scelto di aggiungere all’inizio del titolo la parola Antistasis, che in greco significa “opposizione”, leggi anche Le insurrezioni delle persone comuni). Oggi il gruppo conta 14 persone. Ad ogni incontro vengono letti e discussi alcuni brani del libro prescelti dai presenti e alla fine viene indicato chi faciliterà la successiva lettura, decidendo, se necessario, di modificare le modalità. Proprio ieri mi è giunta la mail di colui che all’incontro del prossimo 5 di aprile sarà il facilitatore. Ne riporto il commento iniziale: «In quanto prossimo ‘facilitatore’, volevo fare un paio di osservazioni sul nostro seminario su Antistasis. Non sto a perdermi in complimenti perché ne abbiamo già fatti in abbondanza e sono da tutte e tutti, mi sembra, condivisi. Io per primo sono contento di come stanno andando gli incontri, e ne esco sempre arricchito, e anche intimamente contento. Leggere insieme, ad alta voce, e discutere: due abitudini perse e qui ritrovate e praticate con soddisfazione. Una soddisfazione che starà provando anche lo spirito di Gustavo, e certamente la sua compagna Nicole, nella casa di San Pablo Etla”.
Proprio questa settimana ho letto di un’esperienza in corso in Umbria: «Nausika – Lettura ad alta voce condivisa. Umbria: sessanta scuole in rete» (mensile L’altrapagina, febbraio 2025, p.42). Un buon esempio di “insurrezione in corso“, che nel libro di Esteva riguarda il vivere e i suoi verbi: mangiare, apprendere, curarsi …
Gustavo, l’eredità a livello di pensiero dei tuoi scritti aiuta a resistere: «contro la paura, la speranza»!
Nell’archivio di Comune sono leggibili più di 150 articoli di Esteva: link.
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