La città è sempre un insieme di sistemi interconnessi. Se la pensiamo come bene comune, ci sono elementi di urbanistica che non dovremmo mai dimenticare
Il «governare» parte sempre dal desiderio e dal bisogno di modificare e migliorare le modalità con cui chi ci ha preceduto ha amministrato. E chi ci ha preceduto, a mia memoria, nel bene e nel male, da destra da centro o da sinistra, lo ha sempre fatto accavallandosi al lavoro delle varie dirigenze, invece di dare loro un orientamento politico e gestire il «controllo» dell’operato. Ci si è sempre preoccupati di fare “manutenzione” della città invece di guidare le modalità di intervento dei vari settori. Cioè se il settore Lavori Pubblici o Urbanistica deve sapere il “come” dato dalle leggi e dalle manualistica, la politica deve sapere il “perché”.
Il “perché” è pertanto la “motivazione” che deve guidare un lavoro e un’opera ben fatta, o come si usa scrivere nei capitolati d’appalto: “a regola d’arte”. Se i Lavori Pubblici sanno che un marciapiede va costruito nella larghezza minima di 1,5 metri, che il suo rivestimento non deve essere sdrucciolevole, che per salire e scendere in sicurezza è necessaria una pendenza massima dell’8 per cento, e che il pericolo deve essere segnalato anche al non vedente (il come); l’assessore di riferimento o meglio l’intera Giunta, deve invece sapere che quella misura e quegli accorgimenti sono indispensabili alla sicurezza del pedone, alla sua autonomia di mobilità, qualunque sia la sua condizione fisica e d’età (il perché); e che questa condizione di diritto alla mobilità autonoma e sicura non è scissa dallo stesso diritto nella scuola, nei luoghi di lavoro o nei luoghi pubblici, e tanto meno nei trasporti.
Non c’è argomento nella gestione della città che non sia collegato all’altro. Per questo un’amministrazione che si rispetti, innovativa e motivata:
- non si occuperà di gestire una strada a semestre o una buca qua e una là, su richiesta, ma si occuperà di dare direttive per far funzionare al meglio la mobilità nel suo insieme: sicurezza-manto stradale-segnaletica-traffico pubblico e privato-accessibilità-barriere architettoniche-regolarità del trasporto pubblico locale, ecc.;
- così come non si occuperà solo di manutenere una scuola, una tantum, quando la fatiscenza è al limite, ma di gestire al meglio la sua sicurezza e la funzionalità degli edifici scolastici comunali, e allo stesso tempo di cercare di portare nel territorio tutta l’offerta di istruzione fino all’università, sia per qualificare il territorio, sia per non costringere i ragazzi a diventare dei pendolari;
- non considera terminato il suo lavoro sui trasporti, con la firma del contratto di appalto, ma si preoccuperà di trasformarlo in una valida alternativa all’uso dell’auto privata per tutti, e non solo come un servizio per chi non ha l’auto o i soldi per mantenerla;
- non considera la mobilità sostenibile il monopattino elettrico (strumento ludico per adolescenti), né l’auto elettrica una vera soluzione all’inquinamento, perché questa lo trasferisce solo di luogo, da quello d’uso del mezzo a quello di produzione dell’energia, e il consumo di suolo rimane lo stesso, sapendo che un’auto resta mediamente parcheggiata per l’80 per cento della sua vita; la mobilità sostenibile, semmai, sarà l’alternativa all’auto privata;
- non si occuperà di migliorare solamente la condizione dei pendolari, ma cercherà di creare le condizioni per portare il lavoro sul territorio, trasformando, per esempio, edifici e siti industriali dismessi in luoghi per il coworking, mettendo così in comunicazione l’impresa e il servizio.
- non gestirà il territorio come merce d scambio, ma d’uso, associandolo alla cultura, ai beni artistici ed archeologici, e comunque alla conoscenza del luogo;
- non gestirà il verde solo come giardinetto di quartiere da abbandonare subito dopo l’inaugurazione, ma come parti di natura capace di compenetrare nell’abitato e fare da collegamento fra quartiere e quartiere.
Tutto questo vuol dire amministrare secondo un pensiero sistemico, cioè avendo una visione dinamica della città, invece che statica, come succede oggi in quasi tutte le amministrazioni.
- È necessario pertanto decidere i processi più che i singoli interventi, che sono invece compito delle dirigenze dei vari settori. Ma è necessario controllare poi gli interventi con l’aiuto dei comitati di cittadini più consapevoli e formati.
- prima del “come” una buona amministrazione si pone difronte alla soluzione del problema con il “perché”, cioè la motivazione politica e sociale.
- la città è un insieme di sistemi interconnessi, quindi complesso, e amministrare in maniera sistemica vuol dire accettare e capire questa complessità. Quando per accelerare i tempi si focalizzano solo alcune parti del sistema, bisogna essere consapevoli che si lasceranno sempre fuori delle relazioni fra le parti, forse essenziali alla comprensione del fenomeno. Per esempio: quando ci si pone davanti al fenomeno delle strade molto dissestate che rendono il traffico insicuro, non ci si pone solo la domanda se ci sono le risorse per «attappare» le buche, ma: “quali processi sono necessari affinché non si ripresenti a breve il disguido?”
- Un sindaco che lavora in maniera sistemica, osserva i cambiamenti dell’ambiente socio-economico e strutturale e focalizza la sua attenzione su ciò che richiede sviluppo: promuove, sperimenta, valuta nuove idee e coglie le opportunità.
*Architetto, autore di La città fragile (ed. ilmiolibro). Altri suoi articoli sono leggibili sono qui
Lascia un commento