di Valentina Guastini*
Dialoghi fra bambini.
F. “Che meraviglia! Dai facciamo le collane di margherite?”.
A. “Come?“.
M. “Le collane di margherite. Non hai mai fatto le collane di margherite? Noi a scuola le facciamo sempre!”.
“Da noi no, noi non abbiamo il giardino”.
Eccola che spunta, amara e pungente, la riflessione su alcune scuole senza giardino.
Nelle case delle persone in questi giorni, chi più chi meno, si starà senz’altro discutendo sul referendum contro le trivellazioni. I figli ci chiedono spiegazioni. E cercando di manifestare la nostra opinione senza forse calcare troppo la polemica, ci perdiamo in riflessioni profonde ed accurate sulla natura e il progresso.
Rifletto su quei bambini che vivono in condomino, con genitori presi dal lavoro e magari poco presenti o attenti. L’educazione naturalistica, o meglio uno sviluppo soddisfacente di un’intelligenza naturalistica è quindi affidato esclusivamente alla scuola; il compito al quale deve assolvere non è di poco conto, direi quasi prioritario per i tempi che viviamo.
Si parla tanto di “progetto di vita” per l’alunno, è un termine molto di moda in questo momento. Dico di “moda” perché spesso se ne blatera senza consapevolezza e con il tempo a scadenza.
Quando si parla di progetto di vita spesso la difficoltà è quella di staccarsi dal qui e ora o molti di quelli che riescono a farlo prendono come metro di misura staccarsi dall’adesso con frasi del tipo: “Non lamentarti dei troppi compiti ti stiamo preparando per le medie”.
Un progetto di vita serio dovrebbe tenere conto dell’incognita del tempo. In quale società sarà catapultato il mio bambino tra quindici/venti anni? Cosa posso fare per ipotizzare da che parte andrà il mondo? Quali sono le chiavi generali che posso dargli affinché possa essere in grado di contestualizzare, ragionare, dotare di senso il mondo in cui si troverà?
Ecco, se dovessi su due piedi rispondere a queste domande, di certo non tralascerei l’importanza della natura. È evidente un ritorno alla terra, una maggior consapevolezza dell’importanza di preservare l’ambiente, un’urgenza ecologica che dovrà trovare nel prossimo futuro persone capaci di idee, conoscenze pertinenti, empatia con la natura, pensiero divergente.
È chiaro quanto in quest’ottica, una scuola senza giardino non possa assolvere a questo compito.
Mancano le basi per un’ auto-formazione sull’ambiente: dove sono le collane di margherite e il confronto con il bambino che dice che forse sarebbe meglio non strapparle? Dove sono le riflessioni con un filo d’erba in mano? Dov’è la ricerca dei lombrichi e la relativa comprensione del loro ruolo? Dov’è la cura per un orto didattico che comprenda compostiera? Dove la riflessione guidata sui cambi delle stagioni? Dove l’attento spostamento della lumaca?
Come descrive molto bene Edgar Morin (senza discutere del fatto che sui suoi pensieri c’è la base delle nostre Indicazioni Nazionali) non possiamo non tenere conto
“dell’identità di destino che accomuna tutti gli umani: la minaccia nucleare, il pericolo ecologico sulla biosfera, la sterilizzazione degli oceani, dei mari e dei fiumi, gli innumerevoli inquinamenti…”,
quello di cui abbiamo bisogno è un’identità umana comune che possa dare ai nostri figli la possibilità di essere e sentirsi, solidali e responsabili anche verso la Terra.
Sempre Morin:
“solidarietà e responsabilità non possono arrivare né da pie esortazioni né da discorsi civici…”.
Occorre allora cercare risposte a interrogativi semplici: come si possono ottenere questi risultati senza un sentimento di affiliazione con la natura? Come possiamo pretendere che i nostri figli siano educati verso la custodia della Terra quando non diamo a loro le basi per creare un’empatia con la natura? Quando l’eco-sistema diventa un cartonato, un documentario, un sentito dire? Come potremo pensare, con questi intenti, di educare generazioni che possano contestualizzare saperi adeguati? Come possono insistere le amministrazioni nel voler offrire alla cittadinanza servizi di tempo pieno, in scuole senza giardini, quando i nostri bambini non possono fare collane di margherite? La scuola dovrebbe offrire progetti di vita, non allevamenti intensivi.
oliimpia dice
In tutta la mia carriera di docente nella scuola primaria a stento ho avuto ed ho una sedia una cattedra ma mi è capitato di fare lezione all’aria aperta,tra papaveri, margherite e mosconi …esilarante ma non imprescindibile.E’ il docente e la sua preparazione, le modalità di porgere un’esperienza che fanno la differenza; ecco perchè non tutti possono fare questo mestiere. L’apprendimento è una magica avventura che si realizza ottimamente con alcuni presupposti fondamentali: esperti nel senso che non deve esistere il tuttologo ma ognuno deve insegnare ciò che sa ;pochi alunni ;progettualità basata sul territorio di appartenenza che sistematicamente può essere analizzato..
.coinvolgimento dei genitori:intendo un’informazione costante di quanto si fa e si intende fare con i loro figli soprattutto con, le educazioni; non trascurare i linguaggi alternativi come la musica, il canto, il teatro,la pittura…Ciò implica investimenti economici,maggiore personale ,riconoscimento di questo mestiere come usurante quindi la possibilità di andare in pensione dignitosamente.