La negazione culturale del femminicidio, tra compassione per il carnefice e invisibilità della vittima
Qualcuno racconta questa storia:
C’era una volta un uomo, non era un principe né un gigante buono. Era un uomo incapace di accettare un rifiuto da una giovane donna che non voleva stare con lui. Un giorno lui la uccise. Con le sue mani, poi la seppellì in un campo e scappò via. Quell’uomo ha fatto una cosa sbagliata e il suo non era amore. Lei è morta ed è lui ad averla uccisa.
Luce spenta. Nessun lieto fine. La cultura che avvalla il sessismo, quella che giustifica l’uomo, tanto da chiamarlo gigante buono, è vergognosa e vergognoso è il titolo di questa testata giornalistica.
È così che la storia sociale e culturale del femminicidio viene ribaltata in un attimo dalle parole. È anche grazie a questo che le donne continuano a morire. Non riusciamo a dare le responsabilità agli uomini che le ammazzano senza pietà.
Il processo è semplice: il gigante (nonostante abbia appena ucciso una donna) è buono ed è vittima del suo grande amore per lei. L’uomo è già stato assolto. Ci inducono a provare compassione per lui. Della vittima vera non se ne parla. Diventa invisibile. Se lei diventa invisibile, non esiste il femminicidio. Possiamo dimenticare.
Dovremmo raccontare un’altra storia:
C’era una volta, una giovane donna, i suoi occhi erano colore del cielo, sorrideva sempre, aveva una bella famiglia, delle sorelle, un buon lavoro. Dei progetti e dei sogni spezzati una domenica qualunque da un uomo che credeva suo amico. Lei si chiamava Elisa.
La storia del suo femminicidio ci appartiene, è nostra e noi non vogliamo dimenticarla. Come non possiamo e non dobbiamo dimenticare nessuna donna uccisa per mano di un uomo.
Noi saremo memoria.
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UN ARTICOLO DI LEA MELANDRI PER APPROFONDIRE:
Lidia Broccolino dice
Sgomento. Ho provato sgomento di fronte al modo assurdo e sessista in cui è stato presentato questo omicidio. Poi ho letto da qualche parte che la vittima fosse lesbica quindi non interessata ad un rapporto con un uomo. Siamo molto arretrati in Italia e i giornali peggiorano la situazione giustificando di fatto altri omicidi futuri!
maria grazia vantadori dice
Condivido ciò che è stato scritto nell’articolo: dalle parole all’ideazione il passo è breve. Non esistono “i buoni” che… guarda che cosa mi hai obbligato a fare, mi hai costretto a punirti ad ucciderti. La narrazione romantica giustifica l’assassino agli occhi dei lettori di romanzi rosa. Anch’io ho letto fosse lesbica e questa notizia mi ha infastidito moltissimo poichè sembra avvallare ulteriormente il concetto di cittadina di infima serie. Lei lo aveva rifiutato: punto. Anche se fosse stata eterosessuale era legittimo il suo no. Aggiungere questo particolare l’ ho percepito come pernicioso, accusatorio ed infamante . Le parole non sono solo entità astratte