Il riconoscimento dell’altro parte dalla convivenza (ius soli, diritto di cittadinanza europea allargato). Solo l’abbattimento di barriere psicologiche e fisiche è in grado di prospettare soluzioni democratiche. La triste vicenda di Riace di questi giorni pone interrogativi che ci riguardano tutti
![](https://comune-info.net/wp-content/uploads/2021/10/56201121_2301893490055863_3293606442715578368_n.jpg)
La vicenda Lucano insegna, che la questione migranti, e la loro integrazione, spesso sinonimo dell’accettazione dei superiori valori civili (?) occidentali, avviene all’interno di regole e procedure burocratiche e farraginose, le stesse che creano situazioni di privilegio e discriminazione. I tribunali applicano la legge, ma bisognerebbe chiedersi cosa prevede la legge, quali condotte e comportamenti vengono sanzionati e come.
Che poi vi siano giudici “politicizzati” non è una novità, basta dare un’occhiata alla procura di Torino. Pertanto, secondo questa visione la famosa accoglienza deve avvenire rispettando i crismi della legalità, la stessa che crea centri di detenzione al chiuso (CPR-CARA) o di concentramento all’aperto (Grecia-ex Jugoslavia), lì dove le violenze e i sorprusi sono all’ordine del giorno.
Diventa cosi secondario che i più elementari diritti vengano meno, poichè è tutto coperto da una parvenza di legalità, la stessa che garantisce alle diplomazie nazionali ed europee gli accordi sulla gestione migranti, e lauti sostegni economici a paesi – Libia, Turchia – che non osservano il rispetto dei diritti umani.
Gli interessi che stanno dietro alla geopolitica hanno visto spesso le classi politiche criminalizzare i fenomeni migratori. E’ un processo lungo, intensificatosi soprattutto a partire dagli anni ’90 grazie ad un uso distorto della comunicazione, a tutto vantaggio di quelle forze partitiche che, proprio attraverso la demonizzazione del diverso, hanno ricevuto consenso.
I titoloni dei giornali sono serviti proprio a questo scopo: quando trent’anni fa si parlava di esodo biblico riguardo alla migrazione albanese, o quando ci si accaniva identificando in rom e slavi gli autori dei furti nelle villette.
Spostando lo sguardo ai giorni nostri, vero è che le migrazioni di massa sono
diventate un fatto epocale. Le cause sono note a tutti: guerre, cambiamenti climatici, e povertà crescenti dovute all’esportazione del modello di sviluppo dei paesi ricchi. L’unico scopo è sempre la ricerca ed appropriazione di nuove risorse, depredando i territori, e lasciando solo inquinamento, sfruttamento e miseria.
La colpa dei “dannati della terra” è quella di voler sfuggire da una situazione diventata insostenibile, per la quale non si vedono prospettive di cambiamento. Quindi, altro che “aiutiamoli a casa loro”. Questa retorica nel linguaggio mira solo a colpevolizzare, facendo ricorso ad espressioni come i famosi “taxi del mare”, o utilizzando termini generici come “profugo” “clandestino”, ma nascondendo in realtà la continuità del disegno coloniale di imprese e stati occidentali.
In tutto questo, la sinistra, scomparsa dai radar, pur di rimanere in vita ha inseguito e fatti propri sia il modello neoliberista che quello nazionalista.
Così, da un lato, pur di giungere al potere ha sostenuto politiche di smantellamento del welfare e di taglio a quelle inclusive; dall’altro ha puntato sulle politiche securitarie e di gestione dell’ordine pubblico, per non lasciarne il monopolio alle destre. Evidentemente aiutare i bisognosi (Riace, Ventimiglia) non solo costituisce reato ma è anche socialmente riprovevole.
Le istituzioni borghesi non tollerano azioni che si discostano dalla loro pianificazione, per cui l’accoglienza appunto, e la solidarietà sono visti come attegiamenti eversivi. Lucano e i suoi rappresentano dei devianti all’occhio della legge. La loro colpa è quella di aver fatto “carte false”, si parla di reati che vanno dall’abuso di ufficio sino ad arrivare addirittura all’associazione per delinquere, con lo scopo non dell’arricchimento personale, ma di distrarre fondi pubblici pur di garantire accoglienza e lavoro. I giudici e la politica preferiscono forse il modello delle false cooperative e del caporalato?
E come si pensa di affrontare le nuove migrazioni, a partire ad esempio da quelle provenienti dall’Afghanistan? Lo stereotipo del migrante islamico radicalizzato è duro a morire. Fino ad ora si è puntato sulla costruzione di muri, in U.S.A come nella UE, e nel sostegno economico di quei paesi pronti a prenderseli, anche se spesso le quote consentite dagli accoglitori erano legate a questioni etniche o lavorative.
Il riconoscimento dell’altro parte dalla convivenza (ius soli, diritto di cittadinanza europea allargato). Solo l’abbattimento di barriere psicologiche e fisiche è in grado di prospettare soluzioni democratiche. La triste vicenda di questi giorni pone interrogativi che ci riguardano tutti. Ci sono responsabilità enormi che chiamano in causa le scelte politiche e i rapporti fra gli Stati. È necessario un approccio alternativo volto ad armonizzare le leggi, ma soprattutto a prendere atto che la questione migrante, insieme a quella ecologica ( che in parte ne è causa) sono le vicende epocali su cui si misura il futuro dell’umanità.
Lucida, schietta, lungimirante questa analisi. I giornalisti, giornalai, dovrebbero venire a scuola da te. Grazie Giuseppe Giannini
Ben detto !
Caro dr. Giannini, con me sfondi un portone aperto. Nel mio famoso progetto linguistico 2015-2016, dedicato ai profughi minorenni non accompagnati, provenienti da Asia e Africa, impartivo la stessa lezione in Francese, Inglese, Tedesco alleggerito e Italiano, per favorire ed accelerare l’integrazione di poveri ragazzi che da mesi non telefonavano alle loro famiglie lontane in Bangladesh o Burkina Faso, non potendosi comprare una ricarica per i loro telefoninini scassati: altro che cellulari Nokia o Samsung! Ciò che non mancava a quei poveri disgraziati era la dignità nella povertà. Per me, docente di lingue e letterature straniere, è stata l’esperienza lavorativa più indimenticabile. Mi tremano ancora le vene e i polsi nel rievocare i volti smarriti di quegli sventurati che mi raccontavano le torture subite nei lager libici. E’ vergognoso criminalizzare
queste vittime del capitalismo predatorio!
Prof. Domenico Calderone