Appello
Venerdì 13 aprile in Piazza Santi Apostoli a Roma abbiamo tenuto una conferenza stampa per presentare l’appello “Cessate il fuoco!” che ha avuto l’adesione di oltre cento organizzazioni, tra associazioni, sindacati, partiti, comitati, gruppi e singole persone, segno di grande unità e convergenza, che ha dato il via ad una mobilitazione pacifista su tutto il territorio nazionale, ancora in corso.
A parte le solite lodevoli eccezioni, come Avvenire e alcune agenzie di stampa, i giornalisti dei grandi quotidiani come Corriere e Repubblica erano assenti, salvo poi, il giorno dopo i bombardamenti, domandarsi “dove sono finiti i pacifisti?” e affidare i commenti a politici e opinionisti esterni al movimento per la pace. Certo, se non li si cerca là dove sono, i pacifisti è poi difficile trovarli. Oggi ad esempio siamo nuovamente a Roma per lanciare una forte azione giudiziaria contro le autorità italiane e alcune aziende per l’export di armi all’Arabia Saudita, assieme ad ONG yemenite che denunciano le responsabilità italiane negli attacchi aerei sauditi contro i civili. In Yemen la crisi umanitaria è ancor più grave di quella siriana.
Sarebbe utile potersi confrontare per far conoscere all’opinione pubblica le nostre proposte e le tante iniziative che, con non poca fatica ed in isolamento mediatico e “politico” stiamo realizzando in Italia e nei luoghi di guerre. Sarebbe questo un servizio informativo utile, necessario al paese.
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Difendiamoci, sì, ma da chi e come?
I giornalisti da salotto, quelli che si divertono ad intervistarsi tra di loro e ad esternare opinioni sull’annosa questione “dove sono i pacifisti?”, dovrebbero cimentarsi con due tipologie della loro nobile professione, troppo spesso dimenticate: il giornalismo d’inchiesta e il giornalismo di guerra. Sarebbero obbligati ad abbandonare lo stereotipo su cui si sono adagiati da decenni, quello del pacifista che ad ogni rumor di guerra scende in piazza per agitare la bandiera arcobaleno, pronti ad accusarlo di volta in volta di inutilità, di antiamericanismo, di velleitarismo o di ingenuità; se invece non lo vedono, eccoli pronti a dire che il pacifismo è morto. La stessa attitudine affligge purtroppo tanti politici che rispolverano il tema della pace quando vogliono distrarre l’opinione pubblica da problemi interni ai loro partiti.
Se i direttori dei giornali, anziché limitarsi ad aprire le loro agende per intervistare i soliti esponenti, spesso autoproclamatisi rappresentanti del movimento, incaricassero qualche giornalista di fare lo sforzo di un’inchiesta, scoprirebbero cose molto interessanti. Scoprirebbero che il pacifismo inane, da milleottocento, fu già superato storicamente ad inizio novecento proprio da Gandhi, che voltò pagina passando dal pacifismo imbelle alla nonviolenza attiva:
“il pacifismo codardo è la malattia infantile della nonviolenza coraggiosa”.
Sarà bene, quindi, che i critici del movimento pacifista odierno si aggiornino, poiché sono rimasti indietro di oltre un secolo.
Oggi il movimento pacifista e nonviolento è maturo e non si fa dettare l’agenda politica dai titoli di giornale, ma segue una propria strategia, conduce le proprie campagne, costruisce e allarga reti di relazioni, agisce dentro i conflitti reali, pur scontrandosi con l’indifferenza o l’ostilità della politica e la grande difficoltà a trovare interlocutori nelle istituzioni. Non lo si trova nelle piazza a fare marce autoreferenziali. Lo si trova a lavorare sul campo, dentro ai movimenti che vogliono cambiare la realtà in meglio.
Oggi i pacifisti possono mettere in atto capacità di studio, elaborazione ed analisi: dal controllo dell’export di armi alle denunce sulle falle del progetto F35, fino alla capacità di scoperchiare il caso della fornitura di armi italiane all’Arabia Saudita, coinvolta nel conflitto nello Yemen, che stanno provocando una vera e propria catastrofe umanitaria. Sulla Siria, sui venti di guerra nel Medio Oriente, nel Mediterraneo, sui disastri delle politiche belliche delle potenze militari, i pacifisti hanno analisi approfondite e proposte concrete per un cambio di rotta necessario. Sicuramente possono e vogliono fare di più per incoraggiare gli scambi tra la nostra società civile e gli attivisti per i diritti umani e la pace sull’altra sponda del Mediterraneo.
I pacifisti nonviolenti hanno lavorato decenni ed ora hanno formato e inviato all’estero oltre un centinaio giovani del servizio civile come Corpi Civili di Pace in aree di conflitto o a rischio, vere missioni di pace, non militari. Vi sono poi decine di migliaia di giovani che ogni anno svolgono il servizio civile nazionale, protagonisti nell’attuare il dovere costituzionale della difesa della Patria, che non è solo difesa militare.
Il pacifismo italiano attua anche una politica di relazioni e solidarietà internazionale. Volontari e cooperanti italiani partecipano a progetti di riconciliazione e gestione nonviolenta dei conflitti in luoghi difficili. È un modo per aiutare la nascita e lo sviluppo dei movimenti nonviolenti anche in contesti di guerra.
Si potrebbe poi fare un lungo elenco delle Campagne messe in atto e risultate vincenti, come quella contro le bombe a grappolo, contro le mine antiuomo, il trattato sul commercio delle armi, e da ultimo il Trattato per la messa al bando delle armi nucleari, per cui ICAN e le organizzazioni italiane partner hanno ottenuto il Nobel per la pace 2017.
Sono solo alcune piste di lavoro per chi avesse voglia di uscire dalla redazione e consumare un po’ di suole delle scarpe. Sono moltissime le sedi dei movimenti per la pace dove trovare materiali, archivi, indirizzi, persone che vale la pena intervistare. Per gli opinionisti più pigri possiamo suggerire di dare una letta, e qualche volta anche pubblicare, i tanti comunicati stampa che le reti della pace e del disarmo emettono frequentemente, come quello firmato da oltre cento sigle associative e sindacali la scorsa settimana il giorno prima dei bombardamenti a guida statunitense sulla Siria, un segno di grande unità e convergenza.
E per quelli ancora più pigri, consigliamo la lettura dei siti delle associazioni pacifiste e di alcune riviste, come Nigrizia, Mosaico di pace, Azione nonviolenta, dove si può leggere un ottimo giornalismo di pace. Ultimo suggerimento: oltre a chiedersi “dove sono i pacifisti”, ogni tanto ci si chieda anche dove sono le missioni militari: quante sono, cosa fanno, quanto costano, che risultati hanno ottenuto; sarà molto interessante comparare costi e benefici nel settore militare e costi e benefici nel settore della prevenzione nonviolenta dei conflitti.
“La nonviolenza è lo stile di una politica per la pace”, lo dice papa Francesco; se ne potrebbero accorgere anche i direttori dei grandi giornali. In fondo il giornalismo è la ricerca della verità, e la verità è sempre la prima vittima della guerra.
Rete della Pace
Rete italiana disarmo
Tavolo interventi civili di pace
Sottoscrivono, inoltre, le seguenti associazioni aderenti:





Cari compagni, il lavoro (stile Archivio Disarmo dell’epoca) di documentazione seria e denuncia è il pane quotidiano del movimento per la pace. Sulla Siria, invece, sarebbe meglio serbare un dolente silenzio, visto che non si è stati capaci di dire praticamente nulla dal 2011, da quando cioè Bashar al-Assad, degno figlio di Hafez, capostipite di un clan dittatoriale e sanguinario (vedi il massacro di Hama del 1982), ha represso con una violenza brutale e spietata i moti della Primavera araba che si stava affacciando anche a Damasco dopo Il Cairo e Tunisi.
L’appoggio prestato da potenze straniere avrebbe meritato anche qui una mobilitazione che non c’è stata, e mai c’è fino a che quelle potenze non sono le “solite” ma parlano…. russo! Infatti, è inutile negare che il criminale Vladimir Putin (politica della terra bruciata in Cecenia; assassinii e avvelenamenti di nemici e giornalisti, in primis Anna Politovskaja) gode di una ingiustificata e ingiustificabile tolleranza da parte di certa sinistra, che guarda alla Russia con lenti appannate da guerra fredda.
1^ La Siria fra gli stati arabi del vicino oriente è senza dubbio il più tollerante, il più laico 2^ per certi versiè il più avanzato: per me sono più importanti l’assistenza sanitaria e l’istruzione gratuita per tutti (non dimentichiamoci che la Merkel i siriani li avrebbe accolti volentieri perchè manod’opera qualificata che prendeva a bassissimo costo);
3^ fortunatamente è il paese che è riuscito a resistere all’imbroglio delle primavere arabe
4^ se non avesse avuto l’alleanza militare con la Russia oggi la Siria non esisteva più come Libia, Iraq, Somalia, Afghanistan (speriamo no Yemen)
5^Sto ancora aspettando l’indignazione di questi pacifinti per il genocidio strisaciante dei palestinesi (soprattutto a Gaza), a quando la richiesta di un tribunale internazionale per procvessaare i criminali di guerra al governo dello Stato di Israele?
6^ quando ci sganceremo dalla parteciopazione ad una alleanza militare anacronistica se vista dal punto di vista dell’interesse italiano economico, culturalke, sociale, politico?
7^ quando la condanna della Nato quale strumento oramai invewrecondo di provocaziomni belliche in tutto il mondo ad esclusivo comando ed intyeresse americano?
Le chiedo semplicemente di rifletterci un po’ su prima di chiudere ogni valutazione dichiarando “il nemico” dittatore e assassino. In una situazione analoga non so quanti leader “democratici” europei avrebbero resistito a 10 anni di assalto militare e mediatico e avrebbero potuto sconfiggere altro che oppositori interni, a quanto pare non molto sostenuti dalla popolazione locale, ma migliaia di professionisti della guerra, meglio definirli mercenari, molto ben pagati, assistiti e foraggiati in primis dala splendida democrazia Saudita e soprattutto guidati dalle intelligence americaane e israeliane soprattutto.
Senza togliere nulla al lavoro di tante associazioni pacifiste vogliamo prenderte atto che il “pacifismo” oggi maggioritario nella sinistra “radicale” e tra i giovani è quello della Rete No War ?
Un esempio: il manifesto che non ha detto nulla del vostro sit-in mentre ha dato spazio,
attraverso la solita Marinella Correggia, al sit-in No War e pro-Putin e pro-Assad. fatto passare per mobilitazione nell’ambito della Giornata mondiale per la riduzione delle spese militari.
Triste replica di un sit- in “pacfista” sulla Siria di sette anni fà, annunciato dal manifesto, in cui chi come me ci si avventurò trovò non solo cartelli pro Assad ma anche fascisti siriani (partito nazionalsocialista al potere con Assad insieme a due partiti comunisti) e nostrani. Presenza passata sotto silenzo dal resoconto dello stesso giornale “di sinistra”.
Per non parlare poi degli altri episodi di connivenza tra “pacifismo”, anti-imperialismo pro Putin e fascismo, andati avanti da allora, e taciuti perché “sono compagni”….
Ne vogliamo parlare?
Quando vuoi ideologizzante e poco informata sullo scenario generale di riferimento^
Cara Liliana,
sono Eloisa, abbiamo parlato qualche anno fa a piazza vittorio, era il 2020 ma dopo purtroppo ho perso tutti i contatti.
Se puoi ricontattarmi per una questione urgente.
Il mio numero è 3473365635 anche whatsapp.
Ti ringrazio molto
Eloisa