Cosa significa oggi «abitare»? Chi ha diritto alla città? Come si concretizza materialmente questo diritto? Intorno a queste e altre domande è stato costruito il laboratorio sull’abitare che Cantieri Comuni – un’associazione che si occupa di promozione della partecipazione di adulti e bambini attraverso percorsi, progetti, laboratori e azioni – ha svolto domenica in maggio al festival sull’abitare critico BaBel2, organizzato al Forte Prenestino (www.babelbabel.net). Il filo conduttore del Festival era il Diritto alla città, Cantieri Comuni ha tentato di dare una risposta, senza dubbio parziale, attraverso il laboratorio. Abbiamo declinato il diritto alla città come diritto all’opera, all’uso e alla costruzione della città, come diritto al gioco (a proposito di giochi e di bambini, leggete qui e partecipate…) e all’espressione di sé, focalizzandoci sui bambini e sulle bambine, perché una città a misura di bambino è una città per tutti.
Il titolo del laboratorio era: «Solo chi ha saputo rannicchiarsi sa abitare con intensità» (espressione del filosofo francese Gaston Bachelard) e come sottotitolo «Dal nido alla città – dalla città al nido». Per questo abbiamo invitato i bambini e le bambine a costruire una casetta in cui potersi rannicchiare. I materiali a disposizione erano scatole di cartone di grandi dimensioni e scatole da camicie, ritagli di legno, stoffe, coni di cartone, forbici, nastro adesivo, colla, pennarelli e altro materiale. Non avevamo progetto, la nostra casetta/nido è stata costruita per tentativi, modifiche, cambiamenti continui, come in un gioco, perché di un gioco si trattava: era un nostro diritto e ce lo siamo preso. Era bello vedere la nostra casetta che si ingrandiva, cambiava grazie alla collaborazione di tutte e tutti. Era bello cominciare da subito a usarla, già mentre si costruiva: bussare alla porta di cartone, costruire le pareti, mettere le tendine, guardare attraverso i coni/periscopi, rannicchiarsi dentro le «stanzette». Fino a che, buttandosi contro le pareti, ci siamo presi anche il diritto di distruggere il nostro lavoro, il nostro gioco, e abbiamo buttato giù la casetta. Faceva parte del gioco anche quello. E ce lo siamo goduto fino in fondo.
Una frase del Piccolo Principe dice «Tutti i grandi sono stati bambini una volta, ma pochi di essi se ne ricordano». Durante il laboratorio abbiamo sentito l’esigenza di far incontrare a distanza l’immaginario delle bambine e la memoria dei grandi. Quale modo migliore di un’attività tipica dell’infanzia: il disegno. Mentre da una parte della piazza d’armi, sotto un gazebo per ripararci dalla pioggia, la casetta era in costruzione, alcune persone stavano finendo il pranzo della domenica e approfittando del loro momento conviviale siamo passate tra i tavoli a chiedere a chi voleva di disegnare il suo «luogo del rannicchio» il posto dove da piccolo si rintanava a giocare. Non vi racconteremo che cosa è stato disegnato. Vi invitiamo a prendere un foglio, chiudere gli occhi un attimo, se vi va, prendere il pennarello e disegnare: qual era il tuo nido? Se vuoi mandarci il tuo disegno:
(Su questi temi sta lavorando anche il Nuovo Cinema Palazzo: se siete interessati leggete qua).
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