In questo articolo prezioso si ragiona di territorio. Due i punti di partenza: i cortei del carnevale sociale che da diversi anni, a cominciare da quello di Scampia, né faide di camorra né piogge (e neanche deliri burocratici) riescono più a fermare, e il primo convegno della rete CI TANGE (Coordinamento Italiano per la Tutela degli Ambienti Naturali dai Grandi Eventi), promosso a Roma nei giorni scorsi e bistrattato dagli amministratori locali. Il filo rosso comune? L’idea che ovunque, in tanti modi diversi, ci sono gruppi di persone che condividono tempo e saperi per ricomporre le relazioni sociali e per riprendere in mano la vita dei territori. La foto della capriola nella pozzanghera, scattata nell’ultimo carnevale del Gridas, è la risposta migliore alla fatidica domanda che rimbalza nei carnevali sociali, “E se piove?”, ma è soprattutto un manifesto sulla potenza e sulla gioia che sorgono quando si comincia a lottare contro la disumanizzazione, quando si scopre il senso del fare comunitario, quando il territorio diventa l’insieme delle relazioni sociali
La cosa migliore è ironizzare, alla maniera del carnevale che, a dispetto di quanto si possa pensare, è un fatto molto serio. Questo, almeno, è l’approccio del GRIDAS per sdrammatizzare le gravose questioni e avvicinare anche i più ostili strappando loro un sorriso e cercando insieme soluzioni ai problemi.
Da poche settimane si sono conclusi i cortei di carnevale sparsi per l’Italia e in rete con il nostro. Carnevale arriva a febbraio o, al massimo, ai primi di marzo. Sicché il rischio che il giorno del corteo mascherato piova è sempre in agguato. Può essere una pioggia più o meno intensa, se non del tutto assente, ma l’eventualità che piova va messa in conto sin da quando si inizia a pensare al corteo di carnevale da farsi per le strade di un quartiere, per riappropriarsene.
I carri già di per sé mezzi sgangherati, perché assemblati con materiali di ogni sorta cui viene data nuova vita e nuovo scopo in circa un mese di laboratori più o meno organizzati, sono fatti per durare quel giorno, per fare la propria parte sfoggiando il modo in cui si è interpretato quel tema suggerito o rappresentando quello in cui si crede e cui si lavora nel quotidiano collegandolo al tema dell’anno, ché tanto il nesso lo si trova sempre. Carri fatti riciclando materiali “nuovi arrivati” o quelli già “in dotazione” usati nei carnevali precedenti, sostituendo di tanto in tanto o rattoppando parti di costruzioni divenute ormai “storiche”.
Sì, perché parlo di carnevali sociali, artigianali, in cui non ci sono “maestri d’arte” e maestranze varie impiegati nella costruzione di Carri-Macchine di “Carnevali Storici”, quelli famosi, che fanno notizia e cui si va ad assistere, quelli a concorso, a numero limitato perché i “premi in palio” quelli sono, quelli i cui carri sono costruiti per tutto l’anno e custoditi in appositi locali-depositi a quello scopo destinati.
Parlo di carnevali sociali, dove ciascuno mette al servizio della collettività le proprie capacità artistiche e culturali, le idee che cercano realizzatori, i realizzatori che cercano idee, le idee che nascono dai materiali disponibili “a questo giro” o da riciclare in modo altro, carri che si montano la mattina del corteo perché montati non ci starebbero nelle sedi, spesso precarie e spessissimo a rischio sfratto, condivise da più realtà, o nelle case di chi si porta il “lavoro” a casa per i troppi impegni, non uscirebbero montati dalle porte (sempre troppo strette), cozzerebbero sotto i soffitti (sempre troppo bassi).
Carri da smontare dopo il corteo di carnevale perché altrimenti non rientrerebbero nei suddetti spazi precari e non ci sarebbe spazio per utilizzare quegli stessi luoghi per le molteplici altre attività.
Carri la cui altezza è vincolata alla presenza di fili elettrici più o meno abusivi o “storici” come quelli dei filobus (che a Scampia non passano più da anni…), all’altezza dei porticati (per chi ha i porticati), alla dimensione degli spazi larghi o angusti che si hanno a disposizione nei rispettivi quartieri da inondare con il festoso corteo.
Carri con ruote grandi per superare sanpietrini, buche e sconnessioni varie della strada e della nostra società governata “a intermittenza”.
Carnevale arriva a febbraio o, al massimo, ai primi di marzo. Il rischio pioggia, anche se i cambiamenti climatici stanno stravolgendo il clima, è da mettere in conto, sempre. Puntualmente, mentre ci si industria per risolvere questo o quel problema tecnico sorto ai laboratori, inesorabilmente, inizia a aleggiare la fatidica domanda “E se piove?”.
Qualcuno si è preso la briga di guardare le previsioni meteo o ha sentito dire che è brutto tempo, forse piove. Recentemente, nell’epoca dei social, iniziano a arrivare messaggi di singoli che chiedono “E se piove?”, perfino sulle pagine social o nell’evento appositamente creato “aperto” perché anche quello sia un mezzo per fare rete che non sia solo virtuale… e infatti ci si prende la briga di rispondere sempre, a tutte le richieste.
Altrettanto uniformi, sebbene non concertate, arrivano le risposte di chi il carnevale lo fa da sempre, da sempre lo costruisce dal basso e da sempre sa che non è la pioggia il problema, ce ne sono di ben altri. Chi è più “storico” del carnevale sociale, non ha dubbi: quando mai ci ha fermati la pioggia?
Si possono prendere delle precauzioni, fare variazioni di percorso stabilite sul momento in base alle effettive condizioni meteo, riparare in spazi pubblici coperti (per chi li ha), ma state sicuri che per i più temerari, quelli che il corteo di Carnevale lo conoscono da sempre e lo danno per scontato, qualcosa si farà, la gioia di ritrovarsi farà ignorare tutto. Mantenendo pur sempre saldo il buon senso: se il vento, quello che più può creare problemi, è davvero forte, si ancorano meglio le strutture o non si montano, ci si ferma o si tengono a bada le maschere giganti, se gli strumenti musicali di legno si danneggiano con l’umidità, se non sono trasportabili e suonabili sotto un impermeabile, si annulla l’esibizione, partecipando comunque in altro modo… ma il corteo, o quel che ne viene al momento, si fa e sarà comunque bellissimo. Perché il vero significato del Carnevale Sociale è di mantenere e rinforzare i legami di quella rete dal basso che, quotidianamente, trasforma i territori migliorandoli per la collettività, è di sovvertire le regole. E se piove e le strade si allagano come non mai… ci sarà addirittura chi farà le capriole nelle pozzanghere!
Quest’anno come non mai i Carnevali Sociali, almeno a Napoli, hanno vacillato, ma senza cadere, uscendone anzi, più uniti e forti che mai, sotto i colpi della burocrazia. La stessa burocrazia che mette a rischio spazi che rivitalizzano i quartieri di Napoli ridando un senso di comunità a chi quotidianamente li vive, ritenendoli “abusivi”, “senza titoli”. E “abusivo” e “senza titoli” chi vive i luoghi più angusti di una città che nega i diritti più essenziali e elementari: quegli “ultimi” cui, paradossalmente, si prendono cura proprio le realtà che mettono su i variegati carnevali sociali delle città.
Rispondendo con una filastrocca, poi diventata canzone di sberleffo, ma anche con un bel braciere autocostruito e messo a disposizione della collettività, a chi voleva negare perfino gli storici falò allegorici di carnevali che hanno radici lontane e popolari, ci siamo dovuti confrontare con la “Burocrazia” che ha tentato di accomunare festicciole e carnevali privati, di facciata, alla marea ingestibile, ma che si autogestisce in una marea ordinatissima, dei carnevali sociali. Una temibile minaccia alla riappropriazione di spazi comuni per manifestare legittime proteste e avanzare proposte, che con gli stessi “cavilli” delle ordinanze burocratiche, e con la forza della rete e la condivisione di vedute e esperienze, si prova a tenere a bada.
Ma quest’anno ci siamo imbattuti, di striscio, anche nella fantomatica “allerta meteo”: una “novità”, sorta da qualche anno, con cui amministratori che non si curano di gestire nel quotidiano i territori si “tutelano” da eventuali pericoli e danni, vietando praticamente tutto.
A ridosso del corteo di quest’anno, alla fatidica domanda “Ma piove?”, si è aggiunta l’ordinanza di “allerta meteo” con la conseguenza che il corteo di carnevale pareva non essere più “autorizzato”.
Sicché nuovamente, a Scampia, abbiamo vacillato, ma è subito sorta la domanda “pratica”: come si fa, materialmente, a fermare la “macchina” di un Carnevale Sociale?
Il Carnevale Sociale non è, per sua natura, un “evento privato”, a numero chiuso, che si possa annullare dalla sera alla mattina. Al massimo ha un “evento facebook”, aperto a tutti, per diffondere al meglio le informazioni, ma non tutti hanno facebook e di certo non vi accedono la notte prima del corteo, immersi tra colle, pennelli e ultimi ritocchi a maschere, carri e cartelli. Anche le adesioni, che a Scampia cerchiamo di prendere nel corso dei laboratori di preparazione, sono del tutto informali, finalizzate, come sempre specifichiamo, alla sola valorizzazione di tutto quello che viene costruito per quel dato corteo. Ciascuno trova posto, se lo comunica per tempo, nella locandina autoprodotta, nel comunicato corposo che prova a dare voce a tutte le sensibilità e partecipazioni, ma al di là di questo, nessuno legge una mailinglist la mattina del corteo, né abbiamo contezza di chi, autonomamente, viene e si aggrega agli amici degli amici, o arriva perché ne ha sentito parlare o perché ha sempre partecipato e sa che, da più di quarant’anni, il Corteo di Carnevale di Scampia si fa, con il sole, con la pioggia, una volta pure con la neve, ma si fa.
Peraltro, alla vigilia del 42° Corteo di Carnevale di Scampia, quando è arrivata la fatidica notizia dell’ordinanza di allerta meteo, gruppi corposi, da altre parti d’Italia, erano già approdati a Scampia, in visita ai laboratori del GRIDAS o di Chikù, per il corteo dell’indomani, sparpagliati tra i vari spazi sociali di una città in fermento per quella rete di carnevali sociali che si rafforza e si accresce di anno in anno.
Lo stesso GRIDAS, che a Scampia ha proposto il primo carnevale di quartiere nel 1983, lo porta avanti sì con tenacia, ma con la consapevolezza di essere solo un tassello di una rete territoriale, e di un territorio sempre più senza confini, di molteplici realtà impegnate nel lavoro comune che si radicano e maturano di anno in anno. Sicché la risposta è: non si può annullare, non si può arginare la rivolta sociale e pacifica di un carnevale gioioso, festoso e spontaneo, ma ben determinato e motivato. Non lo possono fermare le faide di camorra e non lo può fermare nemmeno la pioggia, tanto meno quella “prevista” da una apposita ordinanza.
Il giorno del corteo di quest’anno alla fine ha piovuto, sì, ma non tutto il tempo, bensì a tratti. I carri siamo riusciti a montarli e il corteo si è svolto accompagnato da chi, con buon senso, si è comunque presentato all’appuntamento per garantirne un sereno svolgimento, in sicurezza.
Tra la miriade di immagini che, sempre più spesso, restituiscono una visione del quartiere Scampia pieno di gioia e di colori per quei momenti, come il carnevale sociale, ma anche le tante iniziative di costruzione di pace, svolti in comunità, mi ha colpito la foto (IN ALTO), tra le tante restituiteci in rete, di Carlo Iavazzo con un murguero che fa, addirittura, una capriola nella pozzanghera: mani nell’acqua alta (e di certo gelida) di quella grande pozzanghera che ha accolto il corteo dopo l’Ises e in cui l’intero Frente Murguero Italiano si è messo a ballare! La risposta migliore alla fatidica domanda, che varrà per i prossimi carnevali: “E se piove?” e che mi ha ispirato questo scritto scaturito poi in una riflessione più vasta.
Le pozzanghere, gli allagamenti, il dissesto idrogeologico che attanaglia le nostre città ultracementificate alla minima pioggia, figurarsi con un “allerta meteo”, sono il vero problema, ma le murgas in testa sanno che se piove, ci si bagnerà.
Noi, dal canto nostro, sappiamo che i carri, sebbene inzuppati, bruceranno lo stesso nel tradizionale falò allegorico finale, e lo sappiamo per esperienza diretta, sicché non ce ne preoccupiamo da tempo del “se piove?”.
Ora sappiamo che anche l’ordinanza, con buonsenso, si può adattare, facendo largo al passaggio del variegato e variopinto Corteo di Carnevale.
Servono le leggi, certo, ma serve anche buonsenso nel farle applicare, ma, soprattutto, chi amministra le città dovrebbe viverle, conoscerne a fondo le sfaccettature e amministrarle per il beneficio della collettività tutta, non di singoli o privati, e tanto meno di sé stesso. È quanto è emerso, peraltro, a proposito di salvaguardia del territorio, dietro le quinte del primo convegno nazionale del CI TANGE che si è tenuto a Roma sabato 9 marzo scorso e al quale gli amministratori locali (Comuni e Regioni), seppur invitati, non si sono presentati, eppure sono i primi artefici della s-vendita del patrimonio culturale, sociale e ambientale che dovrebbero tutelare quale bene comune.
Un nome che è tutto un programma e a noi, non solo a carnevale, piacciono i giochi di parole e gli acronimi: C.I. T.A.N.G.E. sta per Coordinamento Italiano per la Tutela degli Ambienti Naturali dai Grandi Eventi e svetta dal 2023 tra le altre “bandiere” sul carro della Gru. Un carro diventato “storico” che portiamo in corteo a carnevale dal 2011 per dare voce alle istanze e ai movimenti dal basso che tutelano gli interessi delle collettività. E il territorio, che per noi è solo “in prestito”, va tutelato per tutti e ciascuno deve fare la propria parte, siamo tutti connessi e un nesso c’è sempre o lo si può trovare: siamo tutti abitanti di un’unica Pangea che, se collassa, collassa per tutti. E la bandiera della Rete Pangea, quest’anno, sulla Gru ha trovato posto proprio accanto al CI TANGE.
Quel mondo migliore possibile che promuovevamo già trent’anni fa al controvertice G7 a Napoli (1994) e poi al G8 di Genova (2001) in cui con coerenza e ostinazione continuiamo a credere continuando a costruirlo quotidianamente dal basso, in tutti i campi, è tutto lì: sulla Gru, con compagni di strada vecchi e nuovi che credono, come noi, che l’unica via possibile e percorribile, vada costruita dal basso, unendo le forze e le lotte, mettendo al centro l’interesse collettivo anziché il proprio. Tessendo reti, come il ragno che quest’anno, in deroga agli insetti, abbiamo “sospeso” proprio sulla Gru, su quelle bandiere che non sono di parte, ma di partecipazione e che crescono e si mischiano, di anno in anno, per un corteo di carnevale sociale che è molto più serio e politico e radicato di tante passerelle e festicciole private o privatizzate. Un corteo di carnevale che nasce per sovvertire le regole e immaginare mondi altri che poi, tutti insieme, si possono realizzare. Come recita il Totem-Rosa dei venti che apre dal 2010 il nostro corteo: “Il sogno di uno è utopia, il sogno di molti è l’inizio di una nuova realtà”. A beneficio di ciascun abitante di quel tutt’uno che restiamo.
Sulla pagina del 42° Corteo di Carnevale di Scampia, svoltosi un mesetto fa, la descrizione dettagliata, corredata da una ricca gallery, delle varie partecipazioni al carnevale sociale del 2024, cui si riferisce questo scritto.
Foto delle capriole nelle pozzanghere di Carlo Iavazzo, 2024.
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