Sono stati i più grandi che hanno lasciato distruggere le difese immunitarie, ambientali, sociali che hanno aperto la strada al virus, ma i più giovani hanno accettato in silenzio la detenzione sanitaria per ridurre le vittime per contagio. Ha ragione Franco Berardi Bifo quando su Opera viva dice che le nuove generazioni sono avvolte in una dimensione di psicosi panico-depressiva che le rende incapaci di prendere in mano il futuro? Una cosa è certa: “Quelli che hanno distrutto il sistema sanitario pubblico e molte altre cose – scrive Bifo -, ci hanno detto: state tutti a casa, non muovetevi, altrimenti ammazzate la nonna. Lavorate moltissimo davanti a uno schermo, non chiedete aumenti di salario, accontentatevi di quello che passa il convento, altrimenti crolla l’economia…”
È ormai largamente provato che il coronavirus colpisce (talora letalmente) persone di età anziana in maniera quasi esclusiva. Persone che hanno meno di quarant’anni non compaiono ch’io sappia negli elenchi dei decessi e sono rare seppur non rarissime negli elenchi dei contagiati. Eppure, quasi in tutto il mondo, i ragazzi e le ragazze hanno rinunciato alla scuola e hanno accettato le regole della detenzione sanitaria obbligatoria (DSO).
Cioè hanno rinunciato alle due cose più importanti per una persona in età giovanile, hanno rinunciato al piacere di incontrarsi, di studiare insieme, di corteggiarsi, di far l’amore e così via. Perché l’hanno fatto? L’hanno fatto per non ammazzare il nonno asmatico o il padre cardiopatico. Bravi bravissimi, in quanto nonno asmatico non so come ringraziarvi.
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La mia generazione che aveva venti anni cinquant’anni fa non avrebbe mai accettato queste condizioni di detenzione sanitaria. Siccome non eravamo dei mascalzoni come si dice in giro, ci saremmo preoccupati della salute di mamma e papà, ma per non infettarli avremmo fatto certamente un’altra cosa: ce ne saremmo andati tutti da casa, avremmo moltiplicato le comuni di convivenza, avremmo occupato facoltà, scuole fabbriche e chiese, le avremmo difese col fuoco se necessario, e ci saremo divertiti come pazzi mentre qualche nonno se ne andava al creatore.
Cosa vuol dire questo? In primo luogo vuol dire che noi settantenni dovremmo ringraziare la generazione giovane per averci risparmiato, invece di berciare come fanno molti miei coetanei inaciditi che credono di avere il diritto di misurare i centimetri di distanziamento a chi avrebbe tutte le ragioni di ammazzarci visto che siamo noi che abbiamo permesso alla Thatcher e a Blair e ai loro imitatori di distruggere le difese immunitarie, ambientali, sociali che hanno aperto la strada al virus gerontocida.
Grazie ragazzi per avermi risparmiato. Ma in secondo luogo vuol dire che la nuova generazione, nella sua grande generalità, non ha molte speranze di prendere in mano il proprio futuro, non ha molte speranze di autonomia politica e forse neppure esistenziale. Se hanno accettato la detenzione sanitaria, se non sono stati capaci di andarsene, di costruire una forma di vita autonoma in questo periodo, accetteranno qualsiasi altra angheria che il mondo gli prepara. E se la generazione che è cresciuta nell’epoca proto-digitale è stata psico-culturalmente avvolta in una dimensione di psicosi panico-depressiva, la generazione che cresce nell’epoca pandemica omni-digitale sarà molto probabilmente affetta da una forma massiva di autismo, di auto-reclusione psichica, di sensibilizzazione fobica alla presenza dell’altro.
Temo che il sistema psico-immunitario dell’epoca proto-digitale sia stato per decenni penetrato e neutralizzato dall’info-virus, molto tempo prima che il bio-virus si infiltrasse a distruggere ogni autonomia sociale. Irrimediabilmente. Mi dice un amico psichiatra che in questi giorni telefonano moltissime persone che hanno bisogno di aiuto. La grande maggioranza di questi sono giovani, o giovanissimi. Nella zona in cui opera il mio amico il numero di suicidi (tutti o quasi giovanili) è quasi triplicato rispetto alla media del passato. Le crisi di panico dilagano. La claustrofobia si alterna all’agorafobia, il terrore di dover uscire di casa per tornare là fuori nel mondo dove alligna un nemico invisibile. Se fossi uno psichiatra (e grazie a dio non lo sono) azzarderei da subito una diagnosi: l’Edipo si è ingigantito, e assume forme psicopatiche. Il Super Io è diventato un vecchiaccio sadico al quale il giovinetto si inchina tremebondo.
Alexitimia: incapacità di elaborare e verbalizzare le emozioni. Autismo, incapacità di immaginare l’altro come possibile oggetto di comunicazione e di desiderio. Sensibilizzazione fobica al corpo dell’altro, alle labbra, che d’ora in avanti saranno nascoste per sempre come pudenda pericolose.
Come ha potuto svilupparsi un simile quadro psicopatologico? Se fossi uno psichiatra direi che le condizioni per una simile mostruosa evoluzione erano tutte presenti nella psicogenesi della generazione che ha imparato più parole da una macchina che dalla mamma. Quando è esplosa la pandemia, ecco allora che il potere (del tutto impotente contro il virus, del tutto impotente contro gli automatismi tecno-finanziari che nel frattempo hanno fatto naufragio) ha compiuto un’operazione geniale e involontaria, naturalmente, perché il potere non è una volontà ma una concatenazione di automatismi e di intenzioni inconsapevoli. Il potere ha compiuto un’operazione che consiste nel colpevolizzare la società usando l’arma sanitaria, e rovesciando la reciprocità affettuosa in una sorta di labirinto delle colpevolizzazioni. La chiamano responsabilità, ma io la chiamo in un’altra maniera: scarica-barile psicopatogeno. Quelli che hanno distrutto il sistema sanitario pubblico e molte altre cose, ci hanno detto: state tutti a casa, non muovetevi, altrimenti ammazzate la nonna. Lavorate moltissimo davanti a uno schermo, non chiedete aumenti di salario, accontentatevi di quello che passa il convento, altrimenti crolla l’economia.
Il giovanetto che ha appreso più parole da una macchina che dalla mamma c’è caduto come una pera marcia, e si contorce adesso sul divano in preda ai sensi di colpa, e digita come un idiota sulla tastiera che tutti debbono essere responsabili come sardine.
Non ne usciranno mai, mi dispiace dovervelo dire. Se escono è per andarsi a fare una birretta, indispettendo il settantenne antifascista e poliziesco. Una birretta, capito?
Fonte: Opera viva (titolo originale completo Il sistema psico-immunitario della generazione proto-digitale)
Patrizia dice
Non è vero che qualche (pochissimi) under 40 non sia morto a causa della covid-19, ma il discorso non cambia e lo condivido (tristemente) in pieno.
Non ci è dato sapere se i pochissimi under 40 la cui morte è stata attribuita alla Covid-19, cioè la malattia, fossero invece semplicemente in possesso, tra gli altri miliardi di virus e batteri allegramente coabitanti di ogni corpo, anche del coronavirus incriminato.
Ciò che mi preme rilevare è solo che anche persone generalmente ricche di senso critico, abituate a ragionare e a contestare il sistema, sono cadute nella trappola rimbecillente del terrore utilizzando proprio quei pochissi decessi under 40 per accusare chi mantiene la lucidità di esaminare quanto meno i due piani, separatamente, del sanitario e del coercitivo strumentale.
È vero, la generazione che che aveva vent’anni quaranta o cinquant’anni fa avrebbe reagito diversamente…ma quaranta o cinquant’anni fa, non oggi. Oggi in maggioranza è caduta nella trappola come la maggioranza di figli e nipoti. E questo davvero toglie il fiato. E la speranza ?
Gianluca Carmosino dice
Hai ragione Patrizia, il clima da terrore è stato sottovalutato. In realtà quello che appare poco nella narrazione dominante e che forse Franco avrebbe fatto bene a segnalare è la ribellione apparsa in forme diverse che ha comunque investito e investe non pochi giovani. Sono state numerose le forme di mutuo aiuto emerse ovunque, di cui la spesa solidale di cibo e medicinali è la più nota (qui ne ragiona in modo approfondito Massimo De Angelis https://comune-info.net/il-comune-sullorlo-del-caos/). Ecco, la speranza è anche in quelle forme.
Paolo Monaco dice
Provocatoria, piena di buchi, ma stimolante. Grazie
Michele Grandolfo dice
La nuove generazioni, diseducate dai vecchi, stanno trovando – per tentativi ed errori – strade nuove per la rivolta, come è già successo nel passato, per l’autodeterminazione.
Margherita Gramiccia dice
Io parlo dal punto di vista delle nuove generazioni: posso confermare che la maggior parte di noi è avvolta in una dimensione di distacco dalla realtà, depressiva e abbastanza incapace di prendere in mano il proprio futuro.
Per i nati dagli anni Ottanta in poi, diciamo che siamo cresciuti in un mondo che stava già andando in malora, e il sistema ci ha insegnato che non contavamo nulla. Ancora oggi i giovani che agiscono e fanno cose non vengono considerati, a meno che non siano dei capitalisti che hanno successo nel fare soldi. Per molti di noi un mondo basato sul capitale e non sull’umanità è sempre stato profondamente sbagliato e ingiusto… Cosa fare? Io credo che ci voglia la collaborazione nelle nuove forme di protesta. Non esiste che le generazioni più “vecchie” dicano “pensateci voi” come non esiste una protesta che ascolta solo i bisogni dei più giovani. Il mondo ha senso nella collaborazione, bisogna saper ascoltare tutti, un mondo giusto è un mondo di uguaglianza dove tutti hanno la possibilità di dare un contributo alla società.
L’unica possibilità di cambiamento sta nell’andare oltre le differenze generazionali, soprattutto oltre gli interessi personali, oltre i privilegi e oltre i vecchi sistemi e gettare le basi per un nuovo mondo. Bisogna smetterla di mettere al centro il capitale, anche la questione sanitaria, tutto è in malora se asservito ai profitti. Il mondo non è un’azienda, è un delicato ecosistema che si basa sulla collaborazione dei vari organismi in un certo senso. Senza collaborazione non fermeremo nessuna piaga, tanto meno la ben più grave piaga della crisi ambientale, e l’unico futuro sarà l’estinzione di massa. Questo pensano molti giovani. Difficile pensare al futuro. Facile deprimersi. ?
Volevo condividere questo, grazie per queste riflessioni.
Gianluca Carmosino dice
Ciao Margherita, prima di tutto grazie per il tuo intervento, merita di essere letto con attenzione. Il modo con il quale ricordi, con poche parole, il contesto in cui sono cresciuti i più giovani aiuta a capire più di tante analisi. Inoltre il tuo invito a non pensare la distinzione tra generazioni in modo rigido è quanto mai prezioso, non solo per individuare complessità importanti nelle relazioni sociali, ma anche per riconoscere e proteggere quei tentativi nei quali il fare insieme società, al di là di qualsiasi differenza (a cominciare dall’età), è probabilmente una delle poche vie d’uscita da cercare con tutte le nostre forze in questo tempo difficile.
Infine, la tua consapevolezza a proposito della più grave delle crisi in corso, quella ambientale (inclusa ovviamente quella climatica). resta un motivo di speranza.
Ci viene in aiuto un testo di Miguel Benasayag, “Funzionare o esistere” (ed. Vita e pensiero), in cui si chiede due cose. La prima: che tipo di società è quella che non attribuisce più alcun valore alla “scultura della vita” (cioè gli anziani che sono scultura dei corpi, della memoria, delle ferite ma anche delle “potenze”) e al tempo stesso nega la specificità della giovinezza, vale a dire “esplorare le proprie possibilità, assumere rischi, abbandonarsi con passione…”? La seconda? C’è una via di resistenza a tutto questo? https://comune-info.net/smettete-di-vivere/
Margherita Gramiccia dice
Gianluca Carmosino grazie per l’accurata risposta e per lo stimolo alla riflessione (ho letto gli altri commenti con interesse). l’articolo è calzante però, come diceva una signora, un po’ nostalgico in chiusura. Quel che è stato andava bene quando è stato. È veramente difficile agire in questo momento storico, e allo stesso tempo fondamentale se vogliamo un futuro. Io credo che la crisi ambientale potrebbe unire tutti perché riguarda tutti. Ma anche qui, anche se se ne parla dagli anni Settanta, molte persone negano il problema. Non vedono. Siamo un po’ incantati tutti.
Comunque mentre cerchiamo di capire, una cosa che si può fare è essere sovversivi nella quotidianità.. Sottolineare le ingiustizie, farsi sentire, con gentilezza, dove è possibile. Agire fuori dal coro, quando il coro è in chiaro errore.
Antonella Selva dice
L’analisi di Bifo è molto interessante in quanto riesce a illuminare il problema un punto di vista nuovo e stimolante, come sempre. Solo trovo ingenerosa la chiusa dell’articolo che cade un po’ nella nostalgia reducista lasciando intendere che i “bravi ragazzi” di oggi non hanno la forza trasformatrice della sua generazione. Quello che vedo io degli attuali ventenni (ho due figli di 18 e 22 anni) non è un atteggiamento di supino rispetto delle regole e non messa in discussione dello status quo, quanto piuttosto una sfiducia verso i metodi classici di protesta. Ribaltano la critica a Bifo in un certo senso: “con tutte le vostre proteste e antagonismo, cosa avete ottenuto? come minimo una sconfitta epocale. Quindi forse dobbiamo rivedere la *vostra* strategia”. È una mia libera interpretazione di atteggiamenti non certo così espliciti, ma l’impressione che mi danno è un po’ questa.
Gianluca Carmosino dice
Già, è forse anche un problema di sguardo: imparare a riconoscere forme diverse di protesta e di creazione di mondi nuovi, inevitabilmente limitate e contraddittorie, è un esercizio difficile, di cui abbiamo molto bisogno. Grazie Antonella.
Cristina Morini dice
Secondo me Bifo, nel suo ottimo pezzo, avrebbe dovuto insistere con maggiore nettezza sul fatto che il problema di un mondo costruito così è degli adulti che adesso non fanno che parlare di cura (questa parola è ormai talmente abusata da risultarmi urtante). Molti ragazzi sono in effetti davvero preda di depressione e ansie perché si vedono davanti solo rischio e povertà (già prima non era una poesia).
Gianluca Carmosino dice
Non c’è dubbio, purtroppo. Non sappiamo come fare ma è tempo di andare oltre le passioni tristi.
Cristina Morini dice
Grazie Gianluca. E certamente grazie a Franco per gli stimoli che ci ha regalato in queste settimane. Abbiamo cercato, con alcune amiche, di segnalare il “casino sociale” (sintesi) scoperchiato dal virus, con fatica davvero improba. L’urgenza è uscire da questa cappa. È un peccato che non tutti abbiano capito la profondità del problema – senza nulla levare al virus. Se non butti semi e non scuoti, le derive di destra sono lì, pronte dietro l’angolo. E poi, hai voglia lamentarti.
Nicoletta Crocella dice
Bello l’articolo, che condivido in quasi tutto. La chiusura è in tema con la depressione di cui parla, ma non credo che dobbiamo abbandonarci alla depressione! I giovani hanno una spinta vitale che li spingerà a trovare il loro modo di reagire, criticando e mettendo in discussione il nostro, e magari ci daranno nuove idee e nuove strategie, tutte da costruire. Persino nel 68 e dintorni ci furono dei vecchietti favolosi che sostennero le proteste e diedero loro anche una forma teorica: Bertrand Russel giusto per non fare nomi. Adesso è il nostro turno di fare i vecchietti che appoggiano e sostengono le nuove generazioni. Quel che è passato non è stato invano, come al solito due passi avanti e tre indietro, ma sta a noi fermare la deriva e ascoltare i nuovi cammini.
Primo fra tutti, imparando dalla storia femminista, il partire da noi, da come stiamo dai bisogni che sono emersi, e cogliendo la meraviglia che è insita nelle varie forme di autoaiuto, di solidarietà dal basso, accogliendole e sostenendole perchè diventi una prassi di comunicazione, che prescinde dai soldi, dal potere, dalle disposizioni autoritarie ma si organizza sulla base delle necessità e dei bisogni.
Nicolò dice
Mi si sta gelando il sangue nelle vene. Come si può affermare delle cose del genere senza provare nemmeno un poco di imbarazzo? Allora partiamo dall’analisi del virus. Secondo quali fonti possiamo dire che è un virus solamente gerontocida e che sotto i quarant’anni non è morto nessuno? Sono affermazioni che vanno fatte seguire da fonti chiare, altrimenti è fuffa e tra l’altro sono esagerazioni e sono false (andate a vedere l’infografica dell’OMS, hanno aggiornato al 10 giugno i dati italiani). Secondo, i giovani non hanno dei problemi perché si sono sottomessi alla detenzione sanitaria? La dittatura sanitaria in Italia ve la state sognando, non avete idea di cosa sia una dittatura, forse voi nonnetti asmatici dovete ripassare un po’ di diritto costituzionale. La detenzione sanitaria, ciò che voi chiamate così, ha un nome specifico “misure non farmacologiche ” di gestione di un virus, se studiaste un poco di medicina o epidemiologia lo sapreste. I giovani che accettano queste misure hanno studiato spesso più di voi, sui libri e a scuola. Non abbiamo rinunciato a nulla quando hanno chiuse le scuole, perché, anche se scadente, esiste una cosa chiamata didattica a distanza e ne hanno usufruito dalle elementari alle università e ci sono professoresse e professori a farla, non Alexa. Se la vostra generazione non avesse accettato queste condizioni cinquant’anni fa? Meglio che il covid non sia esistito ai vostri tempi, perché avreste ammazzato i miei nonni e anche i vostri coetanei e miei genitori, visto che il prende pure ventenni, atleti e bambini. Visto che non lo conosciamo abbastanza da fare gli splendidi sulle statistiche. Sono pochi i malati e i morti sotto i 50 anni, ma gli effetti sono devastanti anche su alcuni di loro. Non vi rendete conto che dietro alle statistiche di malattie nei giovani, ci sono storie. Famiglie distrutte, polmoni fuori uso, terapie intensive. Non sapete di che parlate e pretendete pure di fare gli insegnanti perché avete gli anni addosso. La saggezza non è data dall’età, sappiatelo. Al massimo l’unica cosa che garantisce l’età sono malattie croniche, vantatevi di quelle se volete delle medaglie per essere arrivati in tarda età. Poi avrei davvero voluto vedervi quando eravate giovani. Ora state qui a decantare le vostre super qualità e non fate altro che vantarvi di aver devastato pianeta e futuro di persone che ora guardate pensando si stiano sottomettendo. No. Voi ci avete lasciato un testamento di Merda, un’eredità schifosa di mala politica, mal gestione dell’economia e sovra sfruttamento di risorse, di sfiducia nella politica, di rabbia crescente. Pensate ci stiamo sottomettendo? Se avete visto le manifestazioni di Black Lives Matter, forse ripensereste meglio alla questione. Forse se non avete visto queste manifestazioni come una forza giovanile, è perché siete selettivamente ciechi o perché siete contro il movimento BLM e non mi stupirei ! Comunque grazie per i ringraziamenti alla generazione molle e sottomessa, ma che ha salvato i nonnetti. Bel modo di scrivere! Vi ritenete superiori e con il politicamente corretto avete un ottimo modo per scrivere un complimento, sottintendendo un insulto. Se tu fossi uno psichiatra (e forse ti sarebbe piaciuto farlo, visto che l’hai scritto trentadue volte) ti direi di cambiare lavoro, che se hai queste idee sui giovani, è meglio che tu non ci metta le mani perché faresti solo danni.