Governo, Provincia e Comune di Roma sono alla prese con una gravissima crisi per la gestione dei rifiuti. Per cittadini e comitati la soluzione è «riduzione degli imballaggi, raccolta differenziata porta a porta, riciclo e riuso». Su questi temi migliaia di sindaci in tutto il mondo hanno perdono le elezioni. Che fare? Consigliamo a molti amministratori locali di leggere questo bellissimo reportage sui barrenderos di Città del Messico e di andare a scuola da don Chimino.
Si ferma, apre le quattro buste poggiate in cima a uno dei due bidoni. Toglie gli avanzi di cibo con le mani per metterli in una delle buste dell’organico appese a lato del carretto. Sposta le lattine nel bidone del secco riciclabile, mette la busta nel bidone del secco non riciclabile, riordina il tutto e comprime il contenuto dei due i bidoni per ricavare un po’ di spazio. Ogni venti minuti fon Chimino si ferma e ripete la stessa operazione, poi afferra la scopa e pulisce con cura il marciapiede e lo spazio sotto lo scalino. Raccoglie i mucchi di spazzatura con due fogli metallici ossidati, e con le mani separa cartone, carta, lattine e bottiglie di plastica. Anch’io prendo la scopa: lui fa un lato della strada io l’altro lato. Voglio capire a fondo il lavoro del barrendero, lo spazzino di Città del Messico.
Certo, come aiutante barrendero della Colonia Obrera non sono molto credibile. Cammino per ore e non incontro nessun güero (letteralmente «biondo» in messicano) come me. In Europa la mia latinitá di italiano risulta inconfondibile: i miei capelli sono scuri e la mia carnagione non é proprio bianchissima. Ma a «Obrera City», i miei lineamenti mi rendono piú simile a un gringo di quelli biondi, alti e con gli occhi azzurri, che al variopinto meticciato che brulica vivace per le strade di questo grande quartiere popolare di Cittá del Messico. Se poi apro bocca é finita: il mio accento straniero é troppo evidente. Per non suscitare attenzione e osservare le situazioni cosí come sono, cerco quindi di stare il piú zitto possibile e faccio tutto, o quasi tutto, quello che fa Chimino.
Arrivati di fronte a un bar di botanas e mariscos (spuntini e frutti di mare) che si trova a un incrocio con Isabela la Catolica, ci fermiamo. Chimino bussa alla porta. Il padrone di casa, un signore senza capelli ma con due grandi baffi, apre e lo fa entrare. Aspetto qualche minuto e il mio professore di spazzamento esce con due grandi cestini pieni di avanzi di frutti di mare, pesce, tovaglioli sporchi e cicche di sigaretta. Comincia poi a separare pazientemente con le mani nere l’organico dall’inorganico e a posizionarlo nei rispettivi bidoni. Poi esce con altri due cestini, quindi con un bidone grande di plastica, e tutte le volte ripete la stessa operazione, senza esitare minimamente quando da uno dei cestini esce fuori una piccola montagna di carta igienica usata. Alla fine, con le mani lorde, riafferra la barra del suo carretto e mi fa cenno di andare.
Ci avviciniamo a San Antonio Abad ed entriamo in alcune strade che lo rendono nervoso: «No é per me: é per te. Se resti al mio fianco nessuno ti disturberá, peró non ti allontanare». Passato il cancello di ingresso di un complesso di case entriamo in un dedalo di scale e ponti-corridoi pieni di piante, cani, ritmo di salsa e donne intente a ramazzare e pulire. Fatto il giro di dovere, Chimino torna al cancello pieno di buste e bustine, e lí incontra una signora che ha una parte del volto segnato da un’ustione. La signora ha un quaderno in mano. Insieme passano quasi dieci minuti a fare conti. Chimino é orgoglioso del suo lavoro. Le strade della Obrera, come in ogni quartiere, ospitano una variegata comunitá di persone che per un motivo o per l’altro sono a contatto costante con il marciapiede. Chimino, che da piú di trent’anni batte con regolarità strada per strada e incrocio per incrocio, é uno dei personaggi piú noti e presenti della comunitá. Spingo per qualche minuto il suo carretto e resto con il fiato corto. Don Chimino é alto venti centimetri meno di me ed é venticinque anni piú grande. Come diavolo fará a spingere questi bidoni per dieci ore al giorno e con la sigaretta in bocca?
Nel Distrito Federal di Cittá del Messico il sistema di raccolta dei rifiuti si regge, sia dal punto di vista logistico che economico, in base a meccanismi non ufficiali che nel corso degli anni hanno raggiunto la perfezione di un orologio. Ci sono operatori che hanno un salario insufficiente e operatori senza nessun salario. Il vero motore del sistema sono le mance e la vendita dei materiali. Ogni passaggio di un rifiuto da una mano all’altra corrisponde a una transazione economica non ufficiale. Lo spazzino ha il mandato ufficiale di spazzare le strade, ma in realtá ottiene mance ritirando a domicilio l’immondizia di tutti coloro che non hanno la possibilitá oppure la voglia di uscire in strada a consegnare le buste al camion, che passa una sola volta al giorno annunciandosi con una campanella. Lo spazzino raccoglie sempre un’extra, e per poterlo scaricare nel camion della spazzatura deve pagare all’autista una porzione delle mance che ha ottenuto. La squadra operativa del camion vive delle mance e della vendita dei materiali riciclabili e recuperabili. Si separa addirittura la tortilla dura per venderla agli allevatori di maiali. Mentre l’autista resta con la maggior parte delle mance, gli altri lavoratori ricevono i soldi ottenuti grazie alla vendita di tutto ció che viene minuziosamente e manualmente separato alla fonte del compattatore.
A don Chimino, nonostante i suoi trent’anni di servizio, il salario di barrendero non é mai stato riconosciuto. Fa quindi a meno dei due mila pesos mensili del governo, circa 110 euro, e sopravvive soltanto con i mille-duemila pesos mensili che riesce a mettere da parte grazie alle attivitá informali. Vive in una casa popolare e quindi non paga l’affitto. Con quello che gudagna mangia, paga acqua e gas, e riesce con molta soddisfazione a permettersi anche due «lussi»: due litri di cocacola e un pacchetto di marlboro tutti i giorni. Mentre tira il suo carretto, incrocia una o due volte al giorno la camionetta della delegazione Cuauhtémoc incaricata di ispezionare il lavoro di raccolta e spazzamento. Se spazza bene le strade che gli corrispondono, ha il diritto di fare il resto. Il camion non accetta piú la spazzatura mescolata, e lui non ha l’autoritá di pretendere che i cittadini a lui «convenzionati» gliela consegnino separata. Si limita ad accettare le mance con gratitudine e poi separa tutto a mano, mettendo le mani dove prima non era mai stato costretto a metterle. E a causa dell’aumento di lavoro, il suo guadagno orario medio é diventato di soli dieci pesos. Ma Chimino non si lamenta mai.
«Usted separa?». «Sí, todavia se me para Señor…». Da questa prima risposta con doppio senso («lei separa?», «sí ancora mi si alza…») capisco che con l’anziano barrendero della Colonia Santa Anita non sará possibile avere un colloquio convenzionale. Lui scarica i suoi bidoni nel camion di Don Juan, un robusto cinquantenne che é riuscito a ottenere il posto di autista dopo trentacinque anni di servizio, passati prima come barrendero, poi come volontario e machetero. Il suo camion, come quasi tutti gli altri camion, accetta sia i rifiuti organici che quelli inorganici, a patto che siano separati. La disposizione ufficiale indica peró che l’organico si ritiri il martedí, il giovedí e il sabato, e che gli altri giorni siano dedicati alla raccolta del secco indifferenziato. Effettivamente un requisito dei sistemi di raccolta avanzati é l’applicazione di rotte separate. Ma il nuovo sistema di raccolta, possiede i parametri di base necessari a introdurre questo criterio? «Se dovessimo applicare questa disposizione dovrebbero darci doppia dotazione di benzina – dice Juan – e inoltre abbiamo giá avuto difficoltá a convincere le persone a separare: a imporre anche la raccolta in giorni diversi non ce la facciamo».
Non bisogna dimenticare che senza le mance gli operatori della raccolta non avrebbero motivo di lavorare. E come si fa a essere troppo rigidi con i cittadini che questi possono decidere se lasciare o non la mancia? In quasi tutti i camion le buste dell’organico vengono posizionate sul retro o sul tetto dell’automezzo. Dovrebbero essere consegnate ai centri di conferimento solo nei giorni stabiliti, ma per fortuna a volte su questo si chiude un occhio. Ma essendo diventato difficile trovare lo spazio per caricare tutto, capisco perché a volte l’organico viene buttato dove capita.
Juan é molto scontento: «Devo mettere un ragazzo fisso sul tetto a ricevere le buste dell’organico, e inoltre la mia squadra é spesso obbligata a separare con le mani cose che non vengono conferite perfettamente, o che vengono semplicemente mescolate. A volte qualche maleducato arriva e ci butta di fronte ai piedi l’immondizia mescolata, e noi siamo costretti a raccoglierla. Se portiamo anche solo una busta mescolata al centro di conferimento e gli ispettori se ne accorgono, ci multano o ci sospendono. Ma non basta: con il nuovo regime di ispezione non possiamo piú depositare calcinacci e altri rifiuti che non sarebbero ammessi ma grazie ai quali avevamo buone mance». Ora il suo lavoro arriva a rasentare le tredici ore al giorno, e i guadagni diminuiscono. Ma la Secretaría de Obra y Servicios non aveva promesso un incentivo di circa 50 pesos per ogni tonnellata separata? «Non é niente comparato con lo sforzo che stiamo facendo, e in ogni caso i soldi non stanno arrivando come dovrebbero». In che senso? «Il mese scorso ci hanno pagato 1.100 pesos per le mensilitá di marzo e aprile, e ora ci stanno dando un anticipo di 415 pesos per i due mesi passati. Adesso dovrebbero garantirci 360 pesos ogni due settimane. Ti sembra una cosa seria?». «Su tutta Iztacalco i camion adatti alla raccolta dell’organico saranno due o tre, e inoltre non ci viene consegnata la dotazione che ci spetta: guanti, occhialetti e casco per i giorni ordinari, e impermeabile e stivali per i giorni di pioggia. Sopportiamo la situazione solo perché siamo impauriti. C’é gente, nel sindacato, che fa girare la voce che dopo le elezioni del 2012 affideranno il servizio di raccolta a imprese private. Temiamo di perdere il lavoro».
Ma nonostante la paura, le proteste non sono mancate. In giugno i lavoratori della Delegazione Cuauhtemoc hanno sbarrato con 150 camion l’accesso al centro di trasferimento de La Viga perché, secondo le parole di un manifestante intervistato da El Universal, «il servizio urbano del Distrito federal non accetta che consegnamo i rifiuti cosí come la gente ce li consegna nella strada; vogliono che ci mettiamo noi a separare». Chi ha progettato il nuovo servizio forse immaginava che per applicare la separazione dell’organico fosse sufficiente applicare ispezioni rigorose e sanzioni severe bilanciate da un piccolo incentivo. In realtá, é dimostrato che le ristrutturazioni di un servizio tanto delicato come la raccolta dei rifiuti richiedono piani di condivisione e di comunicazione territoriale, e progetti che mettano seriamente in equilibrio il cosiddetto dimensionamento «quantitativo» (gli obiettivi di intercettazione di una data frazione) con il dimensionamento «operativo» (le risorse da mettere in campo per raggiungere gli obiettivi prefissati). Nei sistemi dove prevalgono le dinamiche informali, occorre applicare ancora piú delicatezza perché le leve che reggono tutto quanto sono meno evidenti e piú complicate, ma non impossibili, da modificare. Distrutte queste leve, il sistema rischia di collassare o di peggiorare sensibilmente. Nel mondo migliaia di sindaci si sono giocati le elezioni per aver gestito con superficialitá questo tipo di cambiamenti. Che succederá nel Distrito federal?
Ma forse il problema piú imminente é quello igienico-sanitario: é indubbio che con il programma Vamos a Separar migliaia di barrenderos, di macheteros e voluntarios sono obbligati ad avere un contatto ancora piú stretto con la frazione organica e con i microorganismi patogeni che essa porta con sé. Uno degli studi piú seri su questo tema é stato realizzato nel 2005 dalla Facultad nacional de Salud publica dell’Universitá di Antiochia, Colombia. Gli autori di «Factores de riesgo biológicos en recicladores informales de la ciudad de Medellín», elencano le patologie tipiche di chi lavora a contatto con i rifiuti solidi: l’irritazione delle mucose, micosi cutanee, rinite, allergie, asma, bronchite infezioni dell’apparato respiratorio e diarrea. Sono inoltre comuni epatite B, orecchioni e tetano. Secondo il rapporto scientifico «il contatto con batteri, i parassiti e i funghi che provengono dalla spazzatura mette a rischio la salute del raccoglitore, quella della sua famiglia e quella del suo gruppo sociale, datoche le malattie che potrebbe contratrre sono trasmissibili», e in questo senso i circa 27.000 lavoratori della raccolta del Distrito federal rappresentano una bomba batterologica distribuita in modo capillare nella metropoli. Ma fare un passo indietro non si puó: la discarica di Bordo Poniente é piena, e qualsiasi soluzione che non preveda la separazione dell’organico significa inevitabilmente percolato, inquinamento dell’aria e del ciclo dell’acqua, o impianti di combustione ambientalmente ed economicamente insostenibili, sopratutto se si pretende che brucino la frazione umida.
Che fare allora? Gli unici professori in grado di rispondere sono don Juan e don Chimino, e i loro compagni dell’universitá della strada.
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