Se è vero che sotto l’abaya non ci sono libertà è anche vero che per chi governa ciò che conta oggi è mostrare, qualunque cosa accada, una risposta penale molto reattiva
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A seguito del decreto del ministro dell’Educazione Nazionale che vietava di indossare l’abaya e il suo omologo maschile, il qamis, nelle scuole, nei collegi e nei licei francesi (della Repubblica dicono loro), il Consiglio di Stato si è trovato investito di una questione giuridica e metafisica formidabile: il decreto è coerente con la legge? Si può chiarire la “natura” di un segno? Secondo la legge del 15 marzo 2004, l’articolo L141-5-1 del Codice nazionale francese della pubblica istruzione prevede che “nelle scuole pubbliche, nei collège (medie) e nelle scuole superiori è vietato indossare segni o abiti con cui gli studenti dimostrino un’apparente appartenenza religiosa”.
Indossare l’abaya è un’apparente manifestazione di appartenenza religiosa? Un modo per risolvere il problema posto sarebbe quello di chiedere, all’ingresso degli istituti, agli studenti che apparentemente indossano tali indumenti: “è questa la manifestazione, da parte vostra, di un’appartenenza religiosa, o è una scelta estetica?”.
Il problema è che l’estetizzazione della manifestazione religiosa è una realtà che è impossibile ignorare: per molti aspetti, infatti, l’appartenenza religiosa veicola scelte estetiche. Inoltre, le domande dovrebbero essere approfondite, per garantire che lo studente non nasconda, dietro una motivazione estetica, una manifestazione di appartenenza religiosa. E tali interrogatori, ovviamente, comprometterebbero il regolare ingresso degli studenti nelle scuole. È opportuno quindi che il Consiglio di Stato possa decidere, affinché la legge sia chiara e distinta e possa essere applicata ovunque, in maniera egualitaria, repubblicana e laica: questo indumento, l’abaya, un “segno”? E se lo è, cosa significa “per natura”? A decidere sarà l’ermeneutica del Consiglio di Stato.
Quanto alla questione se ci saranno abbastanza insegnanti nelle scuole, e abbastanza scuole; se ci saranno abbastanza medici e infermieri negli ospedali e abbastanza letti ospedalieri; se il glifosato sarà più o meno dannoso nel prossimo decennio rispetto ai decenni precedenti; in breve, se l’interesse privato dei detentori di capitale continuerà a imporre la sua legge nonostante la devastazione ecologica del mondo, il massiccio impoverimento, l’inflazione, l’abbandono dei servizi pubblici, ecc. ; il Consiglio di Stato non deciderà. Non è sua responsabilità. È responsabilità del governo, dei ministri, degli eletti. Ma hanno altro da friggere: una “abaya”, come si chiama? È abbigliamento? Sì, ma di quale natura? Estetico o religioso? E se fosse estetico-religioso? Non dovremmo, in questo caso, modificare la legge e stabilire che “nelle scuole pubbliche, nei college e nei licei è vietato indossare segni o abiti con cui gli studenti dimostrino apparentemente un’appartenenza estetico-religiosa”?
In un articolo di Le Monde del 7 settembre 2023 si legge: “Il ministro della Giustizia, Eric Dupond-Moretti, ha chiesto, in una direttiva pubblicata martedì, “una risposta penale molto reattiva” in caso di violazione delle norme principio della laicità della scuola[1]”. È forse questa, riflettendoci, la lezione “politica” che si dovrebbe trarre da questa nuova vicenda di Stato relativa alla questione del “segno” religioso: ciò che conta, agli occhi di un ministro, non è tanto riuscire definire cosa sia o non sia un’offesa “al principio di laicità” – offesa che, richiedendo di interrogare i “segni” per essere identificabile, non cessa di avvicinarsi alla formidabile questione del sesso degli angeli o il significato dei presagi – l’importante è garantire, qualunque cosa accada, “una risposta penale molto reattiva”. Si solleverebbe così il velo su questa vicenda abaya, rivelando, allo stesso tempo, le gambe pelose, e i lunghi denti, del buon vecchio lupo della favola: ciò che preoccupa sicuramente il governo non è l’istruzione, la sanità, l’impoverimento, inflazione, disuguaglianze, degrado ecologico, guerra sociale, ecc. ; ciò che lo preoccupa sempre di più è garantire “una risposta penale molto reattiva”. Questa è la fine della storia. E ha il pregio di essere chiara e distinta.
[1] https://www.lemonde.fr/societe/article/2023/09/07/abaya-le-conseil-d-etat-valide-l-interdiction-a-l-ecole_6188297_3224.html
Fonte: De quoi l’abaya est-elle le voile? https://lundi.am/De-quoi-l-abaya-est-elle-le-voile 25 septembre 2023 (traduzione di S. Palidda)
scelta estetica?
a chi fa una differente scelta estetica in alcuni luoghi può succedere così:
https://ilmanifesto.it/armita-come-mahsa-in-coma-per-le-botte-della-polizia-morale
Ovunque sia possibile appoggiare in qualche modo la “libera scelta” di adolescenti che subiscono pressioni famigliari può essere utile e necessario.