La Fiera delle Utopie Concrete non è la fiera dei sogni, tanto meno dei sogni di denari e potenza, ma tra le Utopie ce n’è una che appare più realistica di altre: che la ricerca di ricchezza, di benessere, di felicità debba indirizzarsi altrove per non spingere alla rapida svendita e al degrado dell’intero pianeta
Alexander Langer
di Laura Greco*
Martedì 2 dicembre viene presentata alle forze politiche e all’opinione pubblica una proposta di legge regionale sulla riconversione ecologica del sistema produttivo della regione Lazio, promossa dall’Associazione A Sud e dalla Fondazione Ecosistemi e che ha coinvolto nei mesi di lavoro numerose realtà sociali, sindacali e produttive.
Era giugno del 2013 quando diversi soggetti, tra cui la Cgil Roma e Lazio, la Fiom, associazioni come Occhio del Riciclone, esperienze di autoproduzione come OfficineZero e Scup, cooperative e associazioni come Fairwatch, Solidarius, Laboratorio urbano Reset assieme a giursiti, avvocati, rappresentanti di imprese, si sono riuniti a Roma, ispirate da un precedente: una legge regionale veneta sulla riconversione ecologica allora in discussione presso il consiglio regionale.
Da quell’incontro è nato un percorso mirato all’elaborazione condivisa di una proposta legislativa declinata sulle specificità del territorio laziale, tenendo conto delle sue criticità e delle esperienze virtuose esistenti, con il costante accompagnamento di Marta Bonafoni, consigliera regionale proveniente da una storia di attivismo sociale che ha appoggiato da principio il percorso.
La Regione Lazio, colpita negli ultimi decenni da una grave crisi occupazionale e interessata da un’altrettanto grave crisi ambientale, è stata caratterizzata da uno sviluppo industriale che, soprattutto nell’ultimo mezzo secolo, ha drammaticamente segnato il territorio. Si pensi, per fare solo un esempio, ai livelli di inquinamento riscontrabili nella Valle del Sacco o a Civitavecchia, dove il livello di morti per tumori legati alla contaminazione ambientale è superiore alle medie regionali di riferimento.
A ciò si aggiunga la gravità della crisi economica che ci consegna numeri allarmanti: 14.269 le imprese chiuse in Italia nel solo 2013, 54 al giorno, che nel Lazio arrivano, secondo Confcommercio, a quota 90. Nonostante tale evidenza, è del tutto assente dal dibattito politico nazionale e locale un necessario dibattito circa l’incompatibilità ambientale del sistema economico e il bisogno urgente di impostare una transizione verso modelli produttivi, energetici e di consumo improntati alla sostenibilità ambientale e sociale.
La proposta di legge sulla riconversione rcologica è rivolta in primis alle piccole e medie imprese, accanto alle quali ricadono entro l’ambito di intervento del provvedimento anche altri soggetti: lavoratori di imprese in procedimento fallimentare, associazioni, onlus, organizzazioni con scopi sociali e enti che tutelano beni comuni, accogliendo la sfida di ampliare il concetto stesso di conversione introducendovi la riconversione sociale, e dunque l’ambito culturale, formativo.
Riprendendo quanto diceva Langer a proposito della conversione ecologica, essa viene definita come la «svolta oggi quanto mai necessaria ed urgente che occorre per prevenire il suicidio dell’umanità e per assicurare l’ulteriore abitabilità del nostro pianeta e la convivenza tra i suoi esseri viventi. Preferisco usare questa espressione, piuttosto che termini come rivoluzione, riforma o ristrutturazione, in quanto meno ipotecata e in quanto contiene anche una dimensione di pentimento, di svolta, di un volgersi verso una più profonda consapevolezza e verso una riparazione del danno arrecato. Inoltre nel concetto di “conversione” è meglio implicita anche una nota di coinvolgimento personale, la necessità di un cambiamento personale ed esistenziale» (Langer, 2005 b, p. 115).
Ed è proprio al principio di conversione individuale oltre che a quello di riconversione produttiva che guarda questa legge. Legge che nel suo articolato prevede che a fianco di una qualsiasi iniziativa volta alla sostenibilità ambientale del ciclo di produzione o di un prodotto, sia imprescindibilmente legato un processo di formazione di funzionari d’impresa, lavoratori, sindacalisti e cittadini che fornisca gli strumenti necessari ad attuare un cambiamento radicale, interiore ed esteriore. Non basta dunque un cambiamento nell’hardware: se si vuole cambiare rotta e rendere la riconversione produttiva socialmente desiderabile occorre formare nuovi individui pronti a vedere nel cambiamento verso stili di vita sostenibili l’unica via d’uscita a queste crisi. La formazione prima di tutto, abbinata a tutte le iniziative necessarie a compiere materialmente la riconversione delle produzioni.
Una riconversione che prevenga le crisi, e che non agisca solo ed esclusivamente laddove la crisi è già compiuta ed ha destrutturato unità produttive, relazioni, prospettive.Per svolgere tale funzione, la legge si rivolge in particolare alle imprese in stato di pre-crisi, di cui siano visibili i segnali di debolezza e le criticità, ma che possiedono ancora gli strumenti per raddrizzare il tiro, trasformando le proprie produzioni, rendendole più competitive ma soprattutto più sostenibili.
Nel testo è quanto mai evidente la necessità di coinvolgimento degli attori sociali, irrinunciabili alleati in grado di fornire preziose indicazioni su contesti sociali ed ambientali che mutano rapidamente. Sono comitati, associazioni, centri di ricerca indipendenti, che osservano le trasformazioni sociali, economiche ed ambientali, ne denunciano gli impatti e costruiscono proposte ed alternative ad un modello di sviluppo ormai insostenibile.
L’ambizione di questa proposta di legge è di avvicinare mondi spesso troppo lontani, chiedendo al mondo produttivo di allearsi con chi il territorio lo conosce, lo studia e lo vive, con il mondo scientifico e con gli enti pubblici per delineare strategie di sviluppo che risultino realmente compatibili con i limiti di questo pianeta.
Consapevoli del ruolo delle amministrazioni pubbliche nella creazione di strumenti concreti e della centralità della società civile nella sua funzione di stimolo a pratiche virtuose, il 2 dicembre, presso la Sala Tevere della Regione Lazio, per sancire il passaggio dalla fase di convergenza sociale al percorso istituzionale, la proposta viene presentata pubblicamente e “consegnata” simbolicamente dai promotori alla giunta regionale, nella persona del vicepresidente Massimiliano Smeriglio, affinché inizi l’iter di discussione e approvazione in seno alla Regione.
Da quel momento, le realtà sociali promotrici dell’iniziative legislativa diventano sentinelle e guardiane della proposta di legge, perchè la conversione ecologica non sia solo evocazione ed utopia, ma una visione complessiva entro cui costruire strumenti ed esperienze concrete per promuovere alternative occupazionali e garantire il diritto a vivere e lavorare in un ambiente sano.
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