Nel movimento #ItalianiSenzaCittadinanza siamo tutti ex alunni ed ex alunne delle scuole italiane. Per questo è molto importante per noi partecipare al Tavolo Saltamuri, confrontarci e lavorare con insegnanti, maestre e maestri, educatori. Nella nostra infanzia e adolescenza siamo stati accompagnati, ascoltati e guidati da loro, innanzitutto nell’apprendimento della lingua italiana, sconosciuta a chi tra noi veniva catapultato in classe da altri Paesi, e che oggi è la nostra lingua principale, divenuta una delle nostre lingue madri.
Non è un caso che ognuno di noi ricordi ancora con emozione i primi insegnanti che ha incontrato nelle città italiane che sono diventate i nostri territori, i loro volti e nomi che ci hanno sostenuto nella costruzione di conoscenza, legami, affetti, crescita. Percorsi scolastici, passi difficili, prove superate, che comunque, a guardarli oggi, ci sembrano più semplici e risolvibili rispetto a quanto abbiamo dovuto vivere e ancora molti di noi stanno vivendo da quando ci siamo resi conto di essere considerati stranieri, per legge, da questo nostro Paese che ci ha accompagnato dalla condizione di bambini a quella di adulti.
In un momento storico in cui noi Italiani senza passaporto siamo più di un milione, 826mila gli iscritti nelle scuole (dati MIUR), pensiamo sia fondamentale lavorare insieme a chi ci ha conosciuto ed è anche cresciuto con noi, ragionando sulla società italiana interculturale di oggi, ossia con gli insegnanti più consapevoli. E farlo mettendo al centro l’accesso di tutti gli alunni ed ex alunni ormai adulti ai pieni diritti. Pieno riconoscimento e pieni diritti che si possono ottenere in Italia solo con l’accesso alla cittadinanza italiana, regolato dalla legge n. 91 del 1992.
Una legge che non è all’altezza della società italiana, del suo cambiamento avvenuto nell’arco di decenni e non repentinamente. Una legge che non tiene conto della realtà e che crea ostacoli al presente e futuro del Paese. Come dimostrano le vite di chi si è già dovuto scontrare contro le mura normative dell’Italia pur essendo in Italia cresciuto.
L’attrice Tezetà Abraham e la sottoscritta siamo la dimostrazione vivente di come la legge 91/92 ostacoli e allontani i membri, i componenti di questa società, soprattutto chi è qui cresciuto ma non ci è nato. Siamo entrambe nate in altri continenti, in altri Paesi, e catapultate in Italia dai nostri genitori agli inizi delle scuole elementari. Abbiamo trascorso le nostre infanzie e adolescenze a Roma, a Roma siamo diventate adulte e madri e abbiamo affrontato tra i momenti più importanti e decisivi delle nostre vite. Ma questo non importa allo Stato italiano che, per respirare in questo nostro Paese, costringe a scelte o esperienze mortificati che ti segnano per sempre. Tezetà Abraham ha rinunciato all’Università, percorso seguito da molti suoi ex compagni di scuola, perché sapeva che per acquisire la cittadinanza italiana non sarebbe importato niente che lei fosse cresciuta a Roma e fosse una brava studentessa ma solo quanti soldi poteva dimostrare di guadagnare. Mentre a me la cittadinanza italiana, richiesta nel 2000, è stata direttamente rifiutata, per legge, e l’ho ottenuta all’età di 33 anni (ossia sono diventata “maggiorenne” ed ho potuto votare per la prima volta in questo mio Paese a 33 anni, in una democrazia occidentale, dove vivo da quando avevo 7 anni).
Le nostre sono storie tra le tante di chi nelle scuole italiane, nei territori Italiani, è stato educato, formato fin da piccolo per diventare cittadino responsabile, figlio e non figliastro d’Italia, ma che viene ostacolato da una legge che non funziona, che tiene lontano invece di abbracciare, che scoraggia invece di riconoscere. Una legge che con la clamorosa mancata Riforma nella scorsa Legislatura e con il voto, in questa Legislatura, addirittura della Contro Riforma Cittadinanza, contenuta nel Decreto Salvini / Sicurezza, sta impedendo di andare avanti ad una buona parte del presente e futuro del Paese. Infatti con le pessime modifiche applicate dalla fine del 2018 dall’attuale Governo chi non è nato in Italia ma in Italia è cresciuto vedrà addirittura allontanarsi ancora di più il pieno riconoscimento dei propri diritti e addirittura la possibilità che la cittadinanza italiana, una volta acquisita, diventi revocabile. Non è questa la vita che vogliamo, il presente e futuro che possiamo assicurare a bambini, adolescenti e adulti “Italiani senza cittadinanza”, alunni ed ex alunni delle nostre scuole.
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Testo dell’intervento alla tavola rotonda Sentirsi di casa, promossa il 12 novembre a Roma dal Tavolo Saltamuri
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