Ci sono parole che in determinati periodi assolvono una ideale funzione da specchietto per le allodole. Vengono completamente svuotate di significato ma ripetute fino alla nausea, soprattutto nel linguaggio degli imbonitori politici del momento, per diventare un diversivo capace di ricondurre all’ovile qualsiasi dissidenza e conflitto. Feliciano Castaño Villar, docente all’Università di Granada, ci racconta quanto il “cittadinismo” venga oggi utilizzato in Spagna (e non solo, naturalmente) con quella funzione e quanto serva a mascherare altri nefasti processi: dalla crescita del disprezzo per la democrazia alla rimozione della natura politica delle domande essenziali della vita quotidiana delle persone comuni, fino alla criminalizzazione della protesta e all’appropriazione di linguaggi solidali, ambientalisti o femministi al solo fine di depotenziarne la portata conflittuale
In passato, gli ismi sotto i riflettori della politica erano altri. Oggi, nell’incessante corsa verso non si sa dove, ne abbiamo molti di più. Sono tendenze, innovazioni, hashtag e altre strane parole; ismi che in fin dei conti contribuiscono alla causa. La loro forza sta nell’agire da diversivo – un po’ come quei buoi docili addestrati per aiutare a condurre i tori nei recinti – in tempi di significanti vuoti. Qui mi soffermerò su un significante ripetuto fino alla nausea, cittadine e cittadini. Si tratta del cittadinismo, ma prima lasciate che vi racconti qualcosa.
La politica è ciò che ha luogo nei parlamenti, ovviamente. Ma è anche ciò che accade nel quotidiano. Intendo dire ciò che accade nella cucina della casa di più di una persona. Quello che succede nel bar all’angolo, nel vicinato, nell’associazione di genitori della scuola, all’assemblea di quartiere, sul posto di (non) lavoro e potremmo continuare fino all’indigestione. Non è questo l’importante. In tutti questi gruppi di uguali e diversi esistono relazioni di potere e dinamiche di alleanza, tensione e opposizione. E in questa confusione tra messaggi whatsapp, opinioni, battibecchi e sproloqui appaiono brandelli di conversazioni che ci allontanano da ciò che ci interessa davvero: come stai? chi fa la spesa e le pulizie oggi? cammini bene su questi marciapiedi? dove vai a giocare? quale scuola vogliamo? come può un insegnante fare tutto ciò che gli passa per la testa? quanto paghi di affitto? arrivi a fine mese? perché quelle bambine non giocano in piazza? come possiamo migliorare l’aria e il traffico del quartiere? e se mettessimo su un sindacato degli affitti, un ufficio per i diritti sociali o un’associazione di professionisti disoccupati?
Dimenticare le domande essenziali è letale per chi si voglia organizzare come democrazia. Il virus dell’anti-demos ha il suo ceppo nella sfiducia, è il disprezzare l’esperienza, il malessere o l’iniziativa di ognuno. È qui che compaiono i diversivi per ricondurre all’ovile qualsiasi straccio di proposta, dissidenza e conflitto.
È positivo che, in un inquietante presente di dittatura finanziaria, ripiegamenti identitari, riarmi misogini e patriarcali, appaiano nel nostro paese (in Spagna, ndt) nuovi freni ad arginare questi eccessi. Sei anni fa abbiamo tirato fuori quello strato velenoso dalla Tra(ns)ición (1), usando le parole di Fontana, l’acclamata Transición. Abbiamo aperto le fumarole di un post-franchismo e di un evoluzionismo pestilenziale con il no nos representan o no hay pan para tanto chorizo (“No, loro non ci rappresentano” oppure “Non c’è pane per tanti ladroni”, ndt).
Però a momenti sembra che quelle fumarole possano essere richiuse o che le possano chiudere a martellate. Quella nuova Restaurazione o quella Legge Bavaglio che criminalizza la protesta, addirittura prima che abbia luogo. Quelle vecchie regole e meccanismi del gioco che proseguono indenni; mentre le cosiddette voci del cambiamento si intrattengono con aneddoti di ordine simbolico. E così, sempre di più, appaiono quegli innocui diversivi che guidano, ma allo stesso tempo turbano e imbarazzano, molti di noi. Pensandoci bene, oggi chiamare un pubblico che ascolta “cittadini e cittadine” è quasi un insulto. Certo, a meno che non ci si compiaccia di svolgere il ruolo di quellocheapplaude – e cliccamipiace – nel copione del cast di nobili e vassalli.
Veniamo al punto.
Cittadinismo è infilare il vocabolo cittadinanza continuamente in qualsiasi narrativa e strutturazione del testo, mentre milioni di persone si scorticano la pelle contro i muri della zona VIP; quando i loro corpi morti non galleggiano nei mari divenuti frontiera, corpi in fuga da guerra e miseria.
Cittadinismo è fornire una dieta di sensibilità sociale con un pizzico di ottica di genere e di ecologismo a un capitalismo oppressore, coloniale, patriarcale, ecocida e mostruoso.
Cittadinismo è organizzare una fiera multiculturale con menu halal, indú, vegetariano, quechua, jaina, vegano, kosher, sapendo che nelle case vicine non arrivano neanche alla zuppa di qualcosa o con il pericolo che arrestino il venditore di cous cous per presunta esaltazione del terrorismo.
Cittadinismo è elevare l’essere umano individuale alla massima potenza, spogliandolo di ogni classe sociale e attributo storico-sociale; è tutta tua la responsabilità di formarti: di allenare capacità, accumulare meriti, gestire beni ed emozioni.
Cittadinismo è investire milioni in programmi per l’occupabilità dei giovani del vivaio della disoccupazione, ma senza modificare di una virgola la legislazione e l’impoverito mondo dei rapporti di lavoro.
Cittadinismo è mettere la parola magica; uguaglianza di genere, parità o femminismo – secondo la convenienza – in ogni programma o slogan, ma senza essere capaci di applicare un modello o un meccanismo concreto che destabilizzi i privilegi dell’ordine patriarcale e androcentrico.
Cittadinismo è parlare di democrazia in assenza assoluta di norme o di qualsiasi meccanismo che rompa con il silenzio delle differenze, la restrizione del potere decisionale e la distribuzione della voce nell’assemblea.
Cittadinismo è disprezzare e devastare gli ecosistemi, i saperi contadini, quelli delle donne, quelli artigianali e popolari, l’architettura e l’ingegneria del passato, mentre si pubblicano guide per proteggere i luoghi emblematici, si mette un bollino verde a una marca di yogurt o si organizza una performance transmediale in difesa di tale causa.
Cittadinismo è considerare il veicolo a motore individuale come una religione di Stato e, parallelamente, dotare la comunità scolastica di un programma intensivo di educazione stradale. E così facendo acquisire ciecamente la “normativa del traffico”, in un irrisorio spazio e tempo orfano di camminatori e ciclisti.
Cittadinismo è trattarci come imbecilli, ormai è così, perché possiamo farci docilmente condurre a ciascuna delle “celle parole d’ordine”: responsabilità, rischio, paura e diritti-briciola.
Se davvero vogliamo creare un un altro modo di vivere, migliore, dobbiamo rimuovere, o almeno ostacolare, la resistibile ascesa dell’autoritarismo e dell’identitarismo, dobbiamo imparare a dire di no. Dire di no a tutto ciò che è ingiusto e falso. Dire di no agli ordini, smantellandone i travestimenti e i giochi deformi della cultura politica dominante. Perché ci vergogniamo di continuare ad obbedire, perché altra esclusione, distruzione, disuguaglianza e umiliazione del mondo è inaccettabile e contribuisce all’ascesa del fascismo, perché non vogliamo continuare ad adottare e ad applicare il linguaggio legittimatore né il comportamento cittadinista, perché ci imbarazza e ci umilia essere cittadine e cittadini oggi: smettiamo di essere soggetti al servizio di questa stregoneria.
(1) Gioco di parole tra la “transizione” spagnola che usciva dal franchismo e il tradimento (traicion).
Traduzione: Leonora Marzullo
Fonte in spagnolo: eltercerpuente
Fabio dice
Bravo!
Per leggere questo articolo. Malato di bugie e trappole.
Roberta Carr dice
ENORRRRRMEEEEEE
Se davvero vogliamo creare un un altro modo di vivere, migliore, dobbiamo rimuovere, o almeno ostacolare, la resistibile ascesa dell’autoritarismo e dell’identitarismo, dobbiamo imparare a dire di no. Dire di no a tutto ciò che è ingiusto e falso. Dire di no agli ordini, smantellandone i travestimenti e i giochi deformi della cultura politica dominante. Perché ci vergogniamo di continuare ad obbedire, perché altra esclusione, distruzione, disuguaglianza e umiliazione del mondo è inaccettabile e contribuisce all’ascesa del fascismo, perché non vogliamo continuare ad adottare e ad applicare il linguaggio legittimatore né il comportamento cittadinista, perché ci imbarazza e ci umilia essere cittadine e cittadini oggi: smettiamo di essere soggetti al servizio di questa stregoneria.
Manuela Grillo Spina dice
Alla base credo ci sia la paura dei cambiamenti da parte delle istituzioni e dell’economia. Si predilige il diffondersi di sistemi basati su strutture stabili. Svuotano le parole del loro senso e dell’ambiguità del senso che è cosa incontrollabile e per questo rivoluzionaria.
Go dice
Cittadinismo è fornire una dieta di sensibilità sociale con un pizzico di ottica di genere e di ecologismo a un capitalismo oppressore, coloniale, patriarcale, ecocida e mostruoso.
Robi dice
Se davvero vogliamo creare un un altro modo di vivere, migliore, dobbiamo rimuovere, o almeno ostacolare, la resistibile ascesa dell’autoritarismo e dell’identitarismo, dobbiamo imparare a dire di no. Dire di no a tutto ciò che è ingiusto e falso. Dire di no agli ordini, smantellandone i travestimenti e i giochi deformi della cultura politica dominante. Perché ci vergogniamo di continuare ad obbedire, perché altra esclusione, distruzione, disuguaglianza e umiliazione del mondo è inaccettabile e contribuisce all’ascesa del fascismo, perché non vogliamo continuare ad adottare e ad applicare il linguaggio legittimatore né il comportamento cittadinista, perché ci imbarazza e ci umilia essere cittadine e cittadini oggi: smettiamo di essere soggetti al servizio di questa stregoneria.
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