Stralci di un articolo pubblicato sul Corriere della sera il 5 giugno 2012.
Basta girare con gli occhi aperti per il nostro Paese, anche e soprattutto nelle sue parti più popolose, per accorgersi di quante costruzioni (capannoni, industrie, palazzoni, caserme, magazzini, eccetera) risultino inutilizzate, sottoutilizzate o più frequentemente abbandonate al degrado. Se poi consideriamo, nella ricorrenza di oggi della Giornata Mondiale dell’Ambiente e a pochi giorni dalla Conferenza Rio +20, la situazione planetaria, vediamo che, se nel 1700 il 95% dell’intera biosfera si trovava in condizioni di naturalità e solo il 5% mostrava i segni delle trasformazioni apportate dall’uomo, oggi la maggioranza delle terre emerse risulta interessata da aree agricole e urbanizzate, meno del 20% si trova in uno stato seminaturale e solo un quarto può essere considerato ancora in uno stato di naturalità. In Italia — con una densità di 200 abitanti al chilometro quadrato assiepata soprattutto nelle scarse aree pianeggianti — il fenomeno della trasformazione cementizia e asfaltica del suolo (che secondo una ricerca del Fai e del Wwf invade 33 ettari al giorno) oltre a divorare aree naturali e agricole, disperde sul territorio le scorie di un irrazionale e bulimico sviluppo edilizio.
Per affrontare questo inaccettabile spreco di risorse e di suolo, il Wwf lancia oggi, con l’aiuto di docenti universitari ed esperti, la campagna «Riutilizziamo l’Italia», invitando cittadini e «addetti ai lavori» a segnalare un’area o un edificio dismessi o degradati da recuperare a fini sociali e ambientali. (…) Su 29 milioni di abitazioni, quasi 5 milioni risultano non occupate o case di vacanza sottoutilizzate. (…) Sono 6.977 in Italia i chilometri di ferrovie chiusi e abbandonati con tutte le infrastrutture connesse (caselli, stazioni e relativi parcheggi, depositi e binari di deposito) (…) Il recupero e riutilizzo di queste entità partendo dal basso e da iniziative spontanee, potrebbe avere grandi effetti di incentivazione dell’occupazione giovanile e di freno al debordante consumo di suolo.
I casi virtuosi
Campania: a Napoli, il Parco «Lo Spicchio» trasformato dal Wwf con un cofinanziamento del Comune, da «discarica urbana» a laboratorio didattico. Nel cuore del quartiere Vomero, 14.000 mq dell’ex gasometro si trovano in via di riqualificazione per creare un Parco Agricolo.
Emilia: a Reggio Emilia il complesso Ex Polveriera, riconvertito da area militare in parcheggio, sede di associazioni cittadine e un centro per disabili.
Lazio: l’ex mattatoio posto nel centro storico di Roma, inattivo dagli anni ‘70,ospita oggi la «Città dell’altra economia», il museo di arte contemporanea MACRO, la facoltà di Architettura di Roma Tre e un centro sociale.
Lombardia: il Parco delle Noci a Melegnano (Milano), nato su un’area prima agricola, poi trasformata in industriale e infine abbandonata al degrado e alle discariche, è oggi uno spazio verde con stagni, piantagioni di alberi e ambienti naturali padani, dedicato all’educazione ambientale.
A Trezzo sull’Adda, nell’Oasi WWF Foppe di Trezzo ricavata su una ex cava di argilla, si è ricostituito l’ambiente originario della Pianura Padana con tutta la flora e la fauna originaria.
Veneto: i 48 ettari dell’antico Forte Marghera presso Venezia (foto), non più militare dal 1966, ospitano attività artigianali e le sedi di numerose associazioni. Attualmente questo spazio rischia di essere oggetto di velleità speculative che ne altererebbero l’attuale funzione pubblica.
Città invisibile è un piccolo collettivo attento ai temi sociali e della decrescita, nato all’interno dell’omonima libreria (info [at] editoriadellapace [dot] org) dell’ex mattatoio di Testaccio.
Lascia un commento