di campagna Ri-facciamoLa*
In questa società caratterizzata da ingiustizie crescenti, sfruttamento ai limiti della schiavitù, povertà latenti e manifeste, spesso ci capita di rassegnarci ad una permanente prospettiva di sopravvivenza. Come lavoratori precari, studenti, donne, migranti, soggetti lgbtq, per le istituzioni siamo per lo più inesistenti, oppure considerati numeri da inserire in statistiche e in manovre di austerità. Per questo mercato siamo della forza-lavoro usa e getta o dei consumatori a cui stimolare sempre nuovi bisogni superflui.
Non potendo esprimere, men che meno gridare i nostri disagi, dato che la superficiale cultura dominante oscura le sofferenze e nasconde le piccole e grandi lotte collettive e personali, anche a Bari sentiamo l’esigenza di aprire spazi che diano voce ai nostri bisogni e concretezza alle nostre necessità quotidiane; spazi che ci sottraggano alla marginalità; che ci facciano sentire protagonisti della nostra vita e non più fantasmi in una società minacciosa e invivibile.
Forti delle esperienze cittadine di recupero di stabili ad uso abitativo da parte dei migranti, vogliamo riappropriarci di uno spazio abbandonato per metterlo a disposizione di nuove sperimentazioni sociali, artistiche e musicali che il più delle volte restano marginali in una città promotrice solo di attività commerciali, a pagamento o difficilmente accessibili. Vogliamo sia un luogo di riscatto sociale, dove progetti e pratiche di autogestione produttiva, agricola e artigianale, già presenti in città, possano incontrarsi, riprodursi e sostenersi reciprocamente. Vogliamo sia un luogo meticcio, dove le alterità di genere, di colore della pelle e di orientamento sessuale siano valorizzate e non schiacciate. Vogliamo che le nostre diversità siano libere di esprimersi come forma di riscatto contro una società ancora troppo patriarcale, razzista e omofoba.
Un luogo che sia un laboratorio dove agire insieme quei saperi comuni, aperto all’incontro di esperienze di cooperazione, di rivendicazione e di lotta per i propri diritti. Che sia un nodo di una rete solidale di case di mutuo soccorso, perché la condivisione delle belle pratiche ridia visibilità e fiducia a chi è stanco di vedere infelicità ed egoismi dei nostri tempi.
Un luogo per costruire un ponte fra campagna e città. Perché davanti agli sconvolgimenti climatici, alla scarsa qualità dell’alimentazione e alle disuguaglianze di accesso al cibo, vogliamo costruire relazioni solidali tra contadini, produttori e cittadinanza diffusa senza l’intermediazione della grande distribuzione. Perché crediamo sia la strada percorribile per limitare la cementificazione delle aree verdi periurbane, l’inquinamento delle città e per creare una corretta coscienza alimentare.
Vogliamo costruire spazi con questo nuovo modo di pensare, dove si possano realizzare pratiche comuni per costruire embrioni di una società realmente democratica ed orizzontale, dove tutt* possano essere partecipi dei processi decisionali, attraverso la condivisione e l’autoregolamentazione collettiva. La frammentazione sociale, accompagnata dalla narrazione tossica dominante, non può che essere messa in discussione e rovesciata da un’eterogeneità di forze sociali attive, capaci di emanciparsi.
Per queste ragioni proponiamo di incontrarci per un’assemblea pubblica giovedì 28 gennaio, per promuovere e continuare a dar vita a percorsi di riappropriazione sociale e di mutuo soccorso anche in una città come Bari.
* Campagna per l’autorecupero di stabili in disuso, a scopo abitativo e sociale, nella città di Bari.
FB: Ri-facciamoLa
– Sbircia anche nell’archivio Bari
DA LEGGERE
Creare beni comuni e mondi nuovi
Ovunque gli spazi urbani vengono privatizzati, le strade commercializzate ed è proibito persino sdraiarsi su di una spiaggia senza pagare. I fiumi intanto vengono contenuti dalle dighe, le foreste disboscate, l’acqua imbottigliata e messa sul mercato, i sistemi di conoscenza tradizionali saccheggiati attraverso norme di proprietà intellettuale e le scuole trasformate in imprese volte al profitto. Ciò spiega perché l’idea dei beni comuni esercita una forte attrattiva sull’immaginario collettivo. Del resto, in ogni angolo del mondo gruppi di persone hanno cominciato a costruire insieme beni comuni: orti urbani, banche del tempo, gruppi di acquisto solidale, monete locali, licenze “creative commons”, pratiche di baratto, cucine popolari, esperienze di pesca comunitaria… Creare e difendere beni comuni è più di un argine contro gli assalti neoliberisti alle nostre vite. È la forma embrionale di un modo diverso di vivere, è il seme di una società oltre il mercato e lo stato. “Il nostro compito è comprendere come possiamo connettere queste diverse realtà – spiegano in questo splendido saggio George Caffentzis e Silvia Federici – E come possiamo assicurarci che i beni comuni che creiamo siano realmente trasformativi delle nostre relazioni sociali e non possano essere cooptati”
Lascia un commento