Perché il sindaco di Napoli si è deciso a concedere un incontro sul territorio soltanto per fine aprile? Perché fanno summit chiusi a porte chiuse? Come possiamo garantire un po’ di serenità ai bambini e alle bambine? Dove andare se a causa dell’aumento esponenziale dell’afflusso di turisti molte case sono state trasformate in b&b e alberghi e quelle che rimangono hanno prezzi folli? Ci sono tante domande, molta paura e anche rabbia tra le persone che vivono ai Campi Flegrei. C’è anche la consapevolezza che qualsiasi soluzione proposta deve affermare la sicurezza ma anche la dignità dell’esistenza delle comunità e delle persone colpite. E se è vero che i terremoti non arrivano ma ritornano allora è sulla relazione con il tempo e con il territorio che occorre immaginare qui e ora nuove domande e nuove proposte

La notte tra sabato e domenica è stata la prima notte che ho dormito a casa mia dopo la forte scossa di terremoto della notte tra mercoledì e giovedì. Come molte altre famiglie, abbiamo preferito allontanarci per riposare, perché la terra continua a tremare, sappiamo che non smetterà, e abbiamo paura.
La situazione ai Campi Flegrei è critica. Quasi tutte le abitazioni di Bagnoli, il quartiere di Napoli in cui vivo e che è stato maggiormente colpito dagli ultimi eventi sismici, hanno subito lesioni, di maggiore o minore entità. Per ora circa duecento persone sono state sgomberate dalle loro case, tra cui amici cari. Nelle strade veicoli della polizia e dei vigili del fuoco, aree transennate, strade chiuse, in un’atmosfera surreale che mi rende irriconoscibile il mio amato quartiere.
Le risposte delle istituzioni sono tardive e del tutto insufficienti. Ancora non è stata fatta una valutazione della vulnerabilità degli edifici, eppure se ne parla da due anni. Intanto si continua a progettare su un’area che muove molti interessi economici: turismo, aziende del terziario, nuove infrastrutture, la riqualificazione dell’area ex Italsider.
Da giorni un’assemblea di cittadine e cittadini chiede un’interlocuzione: dopo l’occupazione della municipalità, il sindaco Gaetano Manfredi si è deciso a concedere un incontro sul territorio, ma per fine aprile! Fanno summit a porte chiuse, scortati dalle forze dell’ordine, e non hanno il coraggio di guardare in faccia le persone che da anni vivono in condizioni di stress crescente.
Fino alla scossa di pochi giorni fa, nella zona di Napoli che fa parte dei Campi Flegrei, mancavano punti di ricovero fissi dove la popolazione potesse rifugiarsi in caso di terremoto. L’area dell’ex base NATO, molto vasta e con edifici antisismici, è stata aperta solo dopo che l’altra notte gruppi di cittadin* ne hanno forzato i cancelli, chiusi anche in quelle ore di paura e pericolo e presidiati dalle forze dell’ordine. E pure i ricoveri predisposti in questi ultimi giorni sono inadeguati, poiché non dotati di letti.
Intanto si cerca di vivere, sforzandosi di garantire un minimo di normalità almeno ai bambini, ma con una continua, estenuante tensione addosso, in attesa della prossima scossa. Come sarà? Le case reggeranno? Cosa fare? Dove andare? Chi ha una seconda casa o le risorse economiche per affittare un appartamento in altre zone della città, va via. Ma a Napoli le case disponibili sono poche: negli ultimi anni, in conseguenza dell’aumento esponenziale dell’afflusso di turisti, molte sono state trasformate in b&b e alberghi. E quelle che rimangono hanno prezzi folli. Come sempre, anche la possibilità di mettersi in salvo è questione di classe. E allora bisogna far sentire la propria voce per pretendere soluzioni per tutte e tutti e non il solito “si salvi chi può”.
Non vogliamo contare i morti.
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