Forse per i contesti in cui sono cresciuta e mi sono formata, non trovo sempre semplice reagire a isolamento, individualismo e indifferenza, aspetti che per molti versi permeano la nostra quotidianità, come persone e comunità. Ma reagire diventa spesso una necessità di fronte alle oppressioni, dalle più radicate alle più recenti, dalle più piccole alle più evidenti e insopportabili.
Il carattere effimero e la mutevolezza di molte esperienze di resistenza possono sembrare sintomo di fragilità, se siamo abituati ad aspirare a un momento rivoluzionario che provochi una rottura netta, globale. Eppure, ogni esperienza contribuisce a immaginare e mettere in pratica dei modi nuovi di relazionarci. Ognuna di queste espressioni – lotte per l’autodeterminazione e contro lo sfruttamento di corpi e territori, movimenti ecologisti, femministi, pacifisti, per i diritti dei migranti e contro i regimi letali dei nazionalismi e delle frontiere – è preziosa. Osservare, coltivare e valorizzare queste numerose forme di resistenza è ciò che permette di aprire strade altre e scalfire i meccanismi che ci fanno credere che le alternative non siano praticabili.
Per questo è fondamentale costruire un racconto comune, corale, che dia risonanza alle diverse voci, che sia in grado di rivolgere un’attenzione continua a ciò che nasce e cresce, ma anche di farne memoria. Questo intreccio di racconti che Comune si impegna a mantenere vivo alimenta la speranza. Anche quando gli eventi non vanno nelle direzioni sperate, o quando qualcuna di queste voci viene meno, e la paura ci sembra inevitabile, vale sempre la pena continuare ad ascoltare, praticare, raccontare.
[Laura Morreale]
Tutte le adesioni alla campagna Partire dalla speranza e non dalla paura
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