Ho fatto a tempo a conoscerti, e questo adesso mi sembra un regalo grande, un onore che ho ricevuto dal cielo. Insieme a Sebino, mi hai fatto vedere i lavori che c’erano da fare a Pandora, quel posto pieno di vita che sfida gli angoli voluti morti da chi governa la città.
Momo ci teneva tanto che potessi vedere “cosa stanno facendo i fioi”. I nostri figli, oltre che fratelli e sorelle, compagni di un’altra generazione, ai quali purtroppo abbiamo lasciato un mondo peggiore di quello che avevamo avuto noi. E sono entrato, in punta di piedi, e ho incrociato i tuoi occhi, di uno buono come il pane, l’ho visto subito. E Sebino, e subito gli abbracci con chi ho visto nascere, e ora era dietro il bancone, mentre sul palco suonavano e quella strada, voluta morta, era invasa dalla vita, dalle voci, dalle mani che si danno il cinque, e poi si stringono a pugno, uno con l’altro, spalla a spalla come fratelli. Tanti anni che manco, eppure mi avete fatto sentire a casa. E poi un’altra sera, a casa di Anna e di Burdel, che sono parte della mia vita, della mia carne e del mio sangue e lo saranno sempre, mentre i “romagnoli” facevano piade e crescioni per raccogliere soldi per Mediterranea, per tornare in mare. Anche lì, quella volta, i tuoi occhi buoni. Unico metro di misura a cui mi affido ormai, guardare gli occhi di chi ho davanti, consapevole che siete un mondo nuovo anche rispetto al mondo nuovo che eravamo noi.
Se uno diventa vecchio, l’ho capito, ha il privilegio di poter imparare da quelli che vengono dopo, e non il contrario. Può raccontare di un tempo antico, ma non insegnarlo. Può sentire l’amore, la freschezza, se ha la fortuna di essere invecchiato libero, ma non può dirvi cosa dovete fare. E tu oggi, che dono che ci lasci. Che messaggio eterno, capace di sconfiggere la morte. Non ti sei girato dall’altra parte. Siete andati, tu e Sebino, in soccorso verso qualcuno che chiedeva aiuto. Era rischioso. Ma l’avete fatto. Avete sempre detto “riprendiamoci la città”, e l’avete fatto, impedendo che rimanesse solo uno slogan.
Ti battevi perché la “sicurezza” fosse una forma di vita solidale tra le persone, e non uno stato di polizia. E l’hai fatto, l’avete praticata questa forma di vita. Lottavi per gli ultimi, e hai saputo riconoscere chi era ultimo in quel momento, perché non contano i cliché e le ideologie, le classificazioni e le teorie, ma le persone, qui ed ora.
Che dono che ci lasci, Jack. Che lezione di vita che mi dai, e che meraviglioso amore hai seminato tra i tuoi fratelli e sorelle. “Non trasformerete un atto d’amore in una occasione per spargere odio”, scrivono quei nostri figli e figlie che sono la tua famiglia, la tua comunità. E io mi inchino, Jack, da vecchio che impara da te, da voi. Che senza generosità verso gli altri, non vi è rivoluzione possibile. Vi abbraccio forte, tu resterai nel cammino. Abbraccio il tuo papà e la tua mamma, abbraccio questo dono grande che hai lasciato qui, per correre avanti nell”Universo e tra le stelle. Abbraccio Sebino, perché vivrà con te dentro per sempre, e questo è tanto, tanto. Riprendetevi la città fratelli e sorelle, il samaritano collettivo siete voi. E siete anche, per un vecchio che impara, la speranza contro ogni speranza.
Giacomo Gobbato aveva 26 anni, viveva a Mestre ed era di casa al Centro sociale Rivolta. È morto il 20 settembre per cercare di fermare una rapina a una donna.
Questa notte due nostri compagni sono stati accoltellati mentre difendevano una donna che stava subendo una rapina. Uno ha riportato gravi ferite ed uno ha perso la vita. Questo per noi è il tempo del dolore. Troppo dolore, un dolore che toglie le parole. Quello che pensiamo, tutto quello che proviamo, troveremo il modo di dirlo. A breve. Ora diciamo solo che esigiamo di non essere usat3 da chi semina odio. C’è un colpevole. È una persona, una singola. Non importa dove sia nato o di che colore abbia la pelle. E tutto questo succede in una città abbandonata da anni a se stessa. Non accettiamo strumentalizzazioni. E non le accettiamo per Giacomo che sarà sempre con tutt3 noi e per Sebastiano che è con il cuore a pezzi. A Giacomo, che nella sua giovane vita ha sempre lottato per una società inclusiva, multiculturale, antirazzista lo dobbiamo. Ciao Giacomo sarai sempre con noi. [Centro Sociale Rivolta]
Teodoro Margarita dice
Una riflessione che condividevo con alcuni compagni. La necessità del sapere difendersi. Quel tizio ha ammazzato un compagno, un giovane, ne ha ferito un altro ed è stato preso dalla polizia, così racconta il Manifesto, unico giornale che ha dedicato tre pagine, mentre stava tentando di rapinare, poco dopo, un altra donna. Urge imparare, insegnare a difendersi. Nulla va delegato. Per il resto, capisco perché, in Germania, ad esempio, la Linke sia destinata a scomparire e la gente voti sempre di più per BSW, Sarah Wageknecht, e la sfortuna, in Italia, di non essere neppure capaci di originare un partito simile.
Alida Galasso dice
La società ,vera, può essere fatta solo da tanti individui che vivono sapendo di non essere soli al mondo, di avere stessi doveri e uguali diritti al di là del ” censo” del ” genere” e dell’ ideologia : quella UMANA,quella che non ti fa pensare…..”non sono affari miei”.Il mondo non ha bisogno di eroi ma di compagni di VITA. Insegniamo amore e coraggio ed avremo un mondo condiviso,forse. ….💔