È ancora diffusa l’idea che la fantasia sia una faccenda che riguarda solo gli individui geniali, qualcosa che abbiamo o non abbiamo. La lezione di Gianni Rodari ha invece mostrato che la fantasia è prima di tutto allenare la capacità di saper ascoltare, qualcosa che può cambiare il presente, l’imprevisto grimaldello in grado di rompere le gabbie mentali di grandi e piccoli. Per questo Rodari ha sperimentato tanti giochi linguistici, violando alcune convenzioni base del suo tempo, prima fra tutte, che la letteratura rivolta ai bambini debba avere una morale impartita dall’alto in basso. E per questo ha proposto l’atto creativo come un processo e il gioco come motore di apprendimento, dove alle domande si preferiscono le risposte
“Un giorno sul diretto Capranica-Viterbo vidi salire un uomo con un orecchio acerbo. Non era tanto giovane, anzi era maturato, tutto, tranne l’orecchio, che acerbo era restato. (…). ‘Signore, gli dissi dunque, lei ha una certa età, di quell’orecchio verde che cosa se ne fa?’. Rispose gentilmente: ‘Dica pure che son vecchio. Di giovane mi è rimasto soltanto quest’orecchio. È un orecchio bambino, mi serve per capire le cose che i grandi non stanno mai a sentire”.
Così scrive Gianni Rodari, che, proprio lavorando con e per i bambini ha imparato a comunicare con loro, ad ascoltarli come in molti non sappiamo ancora fare.
Rodari era uomo di ascolto e di dialogo che sapeva guardare i bambini con attenzione e rispetto.
“L’immaginazione, nelle nostre scuole – diceva -, è ancora trattata da parente povera, a tutto vantaggio dell’attenzione e della memoria; ascoltare pazientemente e ricordare scrupolosamente costituiscono tuttora le caratteristiche dello scolaro modello; che è poi il più comodo e malleabile”.
Nella scuola da lui concepita, Rodari pensa che fin dal primo giorno di scuola
“il bambino viene a scuola per ascoltare e si trova a parlare, mentre il maestro lo ascolta. È venuto a scuola per obbedire, ed è il maestro che obbedisce, con delicatezza e saggezza, ai suoi suggerimenti. Se egli si distrae a guardare un passero sul tetto della casa di fronte alla scuola, il maestro non lo rimprovera, ma va con lui alla finestra, anche lui guarda il passero, la parete tra la scuola e il mondo di fuori è già abbattuta, già negata. (…) Il non dovrà semplicemente adeguarsi a un’organizzazione prefabbricata, a una disciplina imposta, a una società, qualunque essa sia, già fondata per sempre, ma potrà, anzi, dovrà lui, con i suoi compagni, con il maestro, creare le regole e i valori della comunità da costruire nella classe. Abbia egli scritto “piove”, o “brilla il sole”, o “il pesce nuota”, in realtà egli ha scritto, sperimentato e interiorizzato la parola “libertà””.
Avere “un orecchio bambino” vuol dire sapere ascoltare e fare in modo che il bambino/a, o il ragazzo/a senta subito che quello è un luogo in cui potrà sperimentare e interiorizzare la libertà, vuol dire entrare in classe in modo democratico e non solo con idee democratiche alla ricerca costante di come aiutare i ragazzi a muovere le loro menti, a giocare con la loro intelligenza, a non essere schiacciati da una realtà che molto spesso chiude orizzonti e speranze e non aiuta a vedere un futuro.
La nostra mente combina, rielabora creativamente e dagli elementi dell’esperienza precedente, forma delle nuove situazioni e un nuovo comportamento. Se la nostra mente si limitasse a riprodurre ciò che è vecchio, allora ognuno di noi sarebbe capace di adattarsi al futuro solo se questo fosse una riproduzione del passato. È l’attività creativa che può rendere l’uomo capace di cambiare il presente e quindi costruire un futuro possibilmente migliore. L’immaginazione, in quanto fondamento dell’attività creativa, si manifesta in tutti gli aspetti della vita culturale, rendendo possibile la creatività artistica, scientifica e tecnica. Tutto ciò che ci circonda e che è stato creato dall’uomo è un prodotto dell’immaginazione umana e della creatività su cui si fonda. Ecco perché è importante attivare immaginazione e fantasia nei bambini/e, per aiutarli a diventare protagonisti dei cambiamenti e ad avere più speranza nei confronti di ciò che li aspetta.
Per questo Rodari sperimenta giochi linguistici, violando alcune convenzioni base del suo tempo: prima fra tutte, che la letteratura rivolta ai ragazzi debba avere una morale impartita dall’alto in basso. Al contrario adulto e bambino hanno “una parte di mondo in comune, perciò possono parlare la stessa lingua e intendersi”. Una complicità sul terreno della fantasia.
LEGGI ANCHE QUESTO ARTICOLO DI ASCANIO CELESTINI:
Attivando la fantasia la classe, dei piccoli e dei più grandi, si anima: alle certezze delle nozioni si sostituisce l’esplorazione e alle risposte si preferiscono le domande. Lavorare insieme, meglio, giocare insieme con le parole senza prevaricare, ma lasciando che ognuno si esprima in libertà, senza giudizio, ognuno rispettando le idee dell’altro.
“…il bambino è un essere nuovo, sconosciuto, diverso da tutti quelli che lo hanno preceduto… Il concreto, nell’educazione, è il bambino, non il progetto educativo, non il programma scolastico, non la tecnica didattica in sé”.
Molte persone sono convinte che la fantasia sia una faccenda che riguarda solo gli individui geniali. Che sia una dote innata, misteriosa e magica. Che si esprima solo attraverso scoperte e invenzioni rivoluzionarie. Oppure che appartenga solo agli artisti, agli scrittori, agli inventori. La creatività, invece, riguarda tutti noi. È difficile da definire perché è un fenomeno intricato: certamente qualcosa si deve accendere nel nostro cervello, qualcosa deve farla scattare. Ed è questo su cui si impegna Rodari.
“Quello che io sto facendo è di ricercare le “costanti” dei meccanismi fantastici, le leggi non ancora approfondite dell’invenzione, per renderne l’uso accessibile a tutti. Insisto nel dire che (…), il processo creativo è insito nella natura umana ed è quindi, con tutto quel che ne consegue di felicità di esprimersi e di giocare con la fantasia, alla portata di tutti.” E si augura che il libretto che ne è venuto fuori “sia utile a chi crede nella necessità che l’immaginazione abbia il suo posto nell’educazione; a chi ha fiducia nella creatività infantile; a chi sa quale valore di liberazione possa avere la parola”.
Nasce così Grammatica della fantasia, un libro che ci invita a giocare con le parole. Un gioco “pur restando un gioco, può coinvolgere il mondo”. Rodari ha inventato, infatti, un nuovo modo di guardare il mondo, ascoltandolo con il suo “orecchio acerbo”, e così facendo ha portato l’elemento fantastico nel cuore della crescita democratica dei bambini e anche degli adulti che hanno voluto sperimentare questo metodo antiautoritario, che guarda “oltre”, che accetta l’incertezza, il dubbio e che usa in modo libero il linguaggio prendendo sempre più dimestichezza con esso. Ma soprattutto un metodo che abolisce la parola “Impossibile” e apre all’”Imprevedibile”, al gioco, motore dell’apprendimento fin da bambini.
Il metodo indicato da Rodari, l’uso dialettico dell’immaginazione, è un
“passaggio obbligato dall’accettazione passiva del mondo, alla capacità di criticarlo, all’impegno per trasformarlo”.
La fantasia aiuta a crescere, a essere indipendenti, a vedere la possibilità del cambiamento, a rompere le nostre gabbie mentali.
Ma in che modo possiamo stimolare i bambini e le bambine a conquistare le parole e dare loro la libertà, a saperle usare con creatività? Dice Rodari:
“Non penso che si debba cercare di parlare come il bambino, ma di parlare come il mondo di oggi. Il mondo parla al bambino non solo attraverso le parole del genitore, ma anche attraverso le immagini, attraverso le macchine, attraverso tutto quello che lo anima oggi. E non bamboleggiando ma, semmai, un gradino più in su, perché al bambino piace salire un po’, perciò il linguaggio deve farlo crescere”.
La fantasia ha un carattere essenzialmente dialettico, vive dentro le relazioni, in esse trova l’energia per trasformarsi in un campo di forze dinamico e collettivo. Nel dialogo tra il maestro e l’allievo, tra gli allievi fra di loro può capitare di intravedere qualcosa che nessuno aveva mai visto né immaginato da solo, una nuova strada da percorrere e la voglia di vedere dove conduce, senza paura di sognare l’utopia. Rodari insegna il metodo dell’utopia.
“Il senso dell’utopia, un giorno, verrà riconosciuto tra i sensi umani alla pari con la vista, l’udito, l’odorato, ecc. Nell’attesa di quel giorno tocca alle favole mantenerlo vivo, e servirsene, per scrutare l’universo fantastico”.
Ma per Rodari non è fornendo un’utopia bell’e apparecchiata che si sovverte la realtà,
“il bambino è un essere rivolto naturalmente al futuro, una profezia, un’utopia concreta”.
L’acquisizione del linguaggio e della sua libertà di utilizzo è un passaggio cruciale. Scrive Rodari in Grammatica della Fantasia:
“Tutti gli usi della parola a tutti mi pare un buon motto, dal bel suono democratico. Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo”
Le attività proposte da Rodari hanno come obiettivo che il bambino impari a costruire la propria conoscenza attraverso l’esplorazione e la rielaborazione del mondo. Il bambino competente, alla continua ricerca del senso di ciò che sta facendo, infatti, si pone domande e cerca risposte. Ed è in questo processo di costruzione e scoperta di piccole teorie sul senso della vita che starebbe la sua attività creativa. In questa prospettiva, dunque, ogni atto di apprendimento è anche un atto creativo, non tanto per quel che produce, ma piuttosto per il processo con cui arriva alla conoscenza: percorrere per la prima volta sentieri “mai battuti” e “non convenzionali” di ricombinazione ed elaborazione dei saperi. Ne consegue che l’insegnante non dovrebbe pensarsi come un trasmettitore del sapere, ma piuttosto come colui che produce insieme ai bambini cultura: un apprendimento attivo, autonomo ed esplorativo del bambino di fronte a ciò che non gli è noto. Utile allora è la predisposizione di un ambiente accogliente e non giudicante, dove il bambino si senta libero di indagare, sperimentare e anche sbagliare.
Soltanto osservando i bambini, partendo dai loro pensieri, dalle loro strategie esplorative e dai loro interessi è possibile predisporre e offrire sollecitazioni e attività in cui possano cimentarsi e che alimentino il loro interesse e la loro partecipazione. L’emergere dei processi creativi sarebbe, poi, favorito anche dall’abitudine di lavorare con piccoli gruppi di bambini che confrontano le proprie idee e azioni fino a intrecciarle in una matassa di pensieri comuni, imparando la discussione e la negoziazione tra pari, sollecitando l’intreccio e il dialogo. Solo da qui può nascere l’utopia.
L’utopia è il regno della speranza che – secondo Rodari – deve sempre guidare le nostre azioni anche nei momenti più bui:
“Se io avessi una botteguccia/ fatta di una sola stanza/ vorrei mettermi a vendere/ sai cosa? La speranza”.
Ma non è pensiero magico. Fantasticheria. L’ottimismo della volontà, come dice Gramsci, per Rodari è l’invito a fare il meglio, anche se la ragione ci spingerebbe a mollare. Una risposta al pessimismo cosmico di Giacomo Leopardi per il quale ogni azione umana è vana perché la felicità è sempre figlia di un dolore, la quiete ci è data soltanto dopo la tempesta. “O natura cortese,/ Son questi i doni tuoi,/(…) Uscir di pena/ È diletto fra noi”. Risponde Rodari:
“Non sarebbe più conveniente/ il temporale non farlo per niente?/ Un arcobaleno senza tempesta,/ questa sì che sarebbe una festa”.
I bambini hanno bisogno per mettersi in gioco di questo atteggiamento in noi adulti e questo, al di là del momento che si vive, dovremmo sempre ricordarcelo.
.
Questo articolo di Emilia Di Rienzo – insegnante per oltre trent’anni a Torino – fa parte di una ricerca che prova a scavare intorno a diverse parole/concetto con cui favorire il passaggio da una scuola del “Non si può” a una “Scuola del dialogo”. Qui il senso della ricerca e i link alle parole approfondite:
LE ALTRE PAROLE DELLA “SCUOLA DEL DIALOGO”:
PAZIENZA – SILENZIO – AULA – CURA