Giovedì 8 aprile, poche ore dopo la visita del premier Draghi, che aveva elogiato i “salvataggi” della guardia costiera libica – che da inizio anno ha catturato e riportato nei centri detentivi quasi 6.000 persone in fuga dalla Libia – nel centro di detenzione di Tripoli c’è stata una sparatoria “per tenere sotto controllo i migranti”: un morto e due feriti il bilancio, a quanto si è potuto sapere. Medici Senza Frontiere denuncia le condizioni tremende nei centri che, ancora ieri su Repubblica, l’ex ministro Minniti continuava a chiamare di accoglienza: i migranti hanno poca luce e poca aria, cibo e acqua potabile sono insufficienti e mancano strutture igieniche. Il forte sovraffollamento, fino a tre persone per metro quadrato, spesso non lascia spazio nemmeno per sdraiarsi. Malattie infettive come scabbia e tubercolosi sono diffuse. Il distanziamento fisico è impossibile. Dalla firma dell’infame accordo di quattro anni fa, in totale continuità con l’approccio europeo di esternalizzazione del controllo delle frontiere, l’Italia ha speso la cifra record di 785 milioni euro per bloccare i flussi migratori in Libia e finanziare le missioni navali italiane ed europee
Un morto e due feriti, è il bilancio di una sparatoria avvenuta giovedì 8 aprile in un centro di detenzione a Tripoli. Sul posto è intervenuto un team di Medici Senza Frontiere che ha prestato i primi soccorsi.
«Due adolescenti di 17 e 18 anni con ferite da arma da fuoco sono stati trasferiti per cure mediche urgenti da un nostro team», rende noto MSF illustrando i motivi della sparatoria. «La notte dell’incidente c’erano tensioni crescenti nel sovraffollato centro di Al-Mabani, che sono culminati in scontri a fuoco indiscriminati nelle celle dove sono detenuti migranti e rifugiati».
Le violenze, riferisce il giornalista Nello Scavo su Avvenire, sarebbero avvenute per “tenere sotto controllo” i migranti appena intercettati e catturati dalla cosiddetta guardia costiera libica che li aveva condotti in un centro di detenzione, quelli che l’ex ministro dell’interno Minniti in un suo commento uscito ieri su Repubblica continua a nominare come “centri di accoglienza“.
Secondo le équipe mediche di MSF, le tensioni all’interno dei centri di detenzione in Libia sono aumentate e le condizioni di trattenimento di donne, bambini e minori non accompagnati sono deplorevoli.
I centri sono diventati sempre più sovraffollati da inizio febbraio, quando è aumentato il numero delle persone migranti in fuga dalla Libia intercettati in mare dalla cosiddetta Guardia costiera libica, finanziata dall’UE e nuovamente dal governo italiano.
Secondo l’inchiesta di Duccio Facchini, direttore di Altreconomia, «tra la fine del 2020 e i primi tre mesi del 2021, i soli appalti in capo al Centro navale della Guardia di Finanza sono stati oltre 50 per un valore complessivo di circa sette milioni di euro (da aggiudicare o in via di imminente aggiudicazione)». L’ultimo risale al febbraio 2021 e riguarda la manutenzione straordinaria da parte del nostro Paese di due motovedette cedute a Tripoli “nell’ambito del protocollo di cooperazione Italia-Libia”, meglio noto come “memorandum Italia-Libia“.
L’Italia dalla firma di quell’infame accordo di quattro anni fa, in totale continuità con l’approccio europeo di esternalizzazione del controllo delle frontiere, ha speso la cifra record di 785 milioni euro per bloccare i flussi migratori in Libia e finanziare le missioni navali italiane ed europee [1]. Dal 2017 sono 50mila le persone intercettate e respinte, di cui 12mila solo nel 2020.
Da inizio anno le persone catturate e riportate nei centri sono quasi 6.000. «Nella prima settimana di febbraio – conferma MSF – il numero delle persone detenute a Al-Mabani è passato da 300 a 1.000 in pochi giorni. Il centro ospita attualmente circa 1.500 persone».
Le condizioni di reclusione sono ignobili, ma evidentemente non così importanti per Draghi che ha elogiato i libici per il lavoro svolto, sorvolando sulle violenze e le violazioni dei diritti umani.
L’equipe medica che ha visitato le persone recluse ad Al-Mabani denuncia che «hanno poca luce naturale e poca areazione, cibo e acqua potabile sono insufficienti e mancano strutture igieniche. Il forte sovraffollamento, fino a tre persone per metro quadrato, spesso non lascia spazio nemmeno per sdraiarsi. Malattie infettive come scabbia e tubercolosi sono diffuse. Il distanziamento fisico è impossibile».
L’uso della forza fisica da parte dei sorveglianti libici è all’ordine del giorno tanto che nel mese di febbraio, i medici di MSF hanno curato 36 persone per fratture, traumi contusivi, abrasioni, lesioni agli occhi, ferite da arma da fuoco e debolezza degli arti in vari centri di detenzione; 15 di questi pazienti sono stati trasferiti in ospedale per ulteriori cure. «Le ferite erano recenti, a dimostrazione che sono state provocate all’interno dei centri di detenzione».
MSF ribadisce la sua richiesta di porre fine alla detenzione arbitraria in Libia e chiede il rilascio immediato di tutte le persone attualmente trattenute nei centri a cui va garantita una sistemazione sicura e l’accesso ai servizi di base.
Ma fino a quando si continuerà a considerare la Libia un enorme paese prigione da finanziare per bloccare i flussi migratori e l’accordo Italia-Libia non sarà stralciato, difficilmente si assisterà ad un miglioramento della situazione. Le proposte ci sono, tuttavia non si intravvede nel governo Draghi nemmeno un minimo segnale di discontinuità dai precedenti.
Note
[1] Accordo Italia-Libia: quattro anni di torture, abusi e violazioni dei diritti umani https://www.meltingpot.org/Accordo-Italia-Libia-quattro-anni-di-torture-abusi-e.html#.YHFqixLOM1k
Fonte: Melting Pot Europa
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