La crisi “scoperta” recentemente da una buona parte dei grandi media soprattutto in seguito alle immagini dei circa 9mila profughi raccolti nel campo di Lipa e in altri centri della Bosnia ha una lunga storia, quella della “normale” fuga via terra verso l’Europa di persone provenienti dalla Siria, dall’Iraq, dall’Afghanistan e dal Pakistan. Si tratta di tutto tranne che di una novità ed è destinata a ripetersi puntualmente molte altre volte qualora l’ordine delle cose esistenti che l’ha prodotta non venga modificato in modo sostanziale e alla radice. Se ne parla in un video molto interessante promosso dal MoVi del Friuli Venezia Giulia intitolato “Rotta balcanica, tra muri e solidarietà”
Le drammatiche vicende della cosiddetta Rotta Balcanica di cui si sono “improvvisamente” occupati media ed esponenti politici da poco prima della fine del 2020 e in queste settimane non sono emerse all’improvviso come fossero il frutto dell’esplosione repentina di una crisi emergenziale. Tutt’altro. Hanno una storia lunga e molto rilevante alle spalle, una storia segnata perfino dalle stesse gelate, dalla stessa fame e dalle stesse tragedie. Ed è una storia di grandi responsabilità storiche e scelte politiche, ma anche di straordinaria solidarietà che si sviluppa soprattutto dal basso e verso il basso.
Le racconta molto bene soprattutto Maria Cristina Molfetta, della Fondazione Migrantes, antropologa che per più di 15 anni ha vissuto e lavorato all’interno di campi profughi nei Balcani, in Centro America, nelle aree tribali del Pakistan, in Darfur nel Sudan e nel Kurdistan iracheno ed oggi impegnata nella tutela dei diritti dei richiedenti asilo e rifugiati, in un incontro promosso dal MoVi del Friuli Venezia Giulia all’interno dell’Assemblea permanente diffusa lanciata dal Movi nazionale tra le diverse federazioni e i cittadini.
Potete guardare qui il video dell’incontro tenuto nei giorni scorsi e messo in rete in diretta. Hanno partecipato, tra gli altri, Cristina Molfetta e Nadia Urbi, entrambe antropologhe.
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