A forza di mettere le mani nella terra e di essere avvolti dai profumi e dai colori che soltanto gli agrumeti sanno regalare, quelli del consorzio Le Galline Felici di Catania si sono dimenticati i miti degli eroi solitari, le ricette del self-made man, le ossessioni della competizione. Hanno preferito creare relazioni sociali diverse con Gruppi di acquisto solidali, altre aziende un po’ bizzarre, nuclei familiari, ma anche con migranti e scuole aperte
Questo articolo fa parte dell’inchiesta su Catania, Lapilli di comunità
Se Rambo o l’Incredibile Hulk fossero vissuti all’epoca dei cavernicoli, difficilmente sarebbero riusciti, da soli, a prendere un mammouth o a tenere il fuoco costantemente acceso. L’essere solidali è stata la condizione che ha permesso la sopravvivenza della specie umana, fino a poco tempo fa. E tuttora in molte parti del mondo, cosiddette “arretrate”. Ma la società capitalista ha bisogno di renderci individui isolati, di atomizzarci e propaga miti di eroi solitari variamente declinati, fino al self-made man. E l’essere “solidali” è diventa quasi un’etichetta “strana”, di una élite non conformista.
Il Consorzio Siciliano LeGallineFelici (LGF) di Catania ha dimostrato in questi anni che l’unico modo per riuscire a galleggiare in questa società iper-competitiva è farlo assieme, senza alcun programma preciso in merito alle spalle, senza alcuna filosofia esplicitata, senza organizzare alcun simposio sui principi né faticosamente stilare una carta dei valori prima di nascere.
E galleggiare è già tanto, è un privilegio mentre tanti affondano, magari inseguendo la propria affermazione personale, contro tutti gli altri. A pensarci bene, questo è un “fatto educativo” già di per sé molto importante.
In questo tentativo, piuttosto ben riuscito finora, di uscire dalla chimera di una liberazione individuale, dei facili arricchimenti, attraverso il faticoso costruire di una comunità di destino, LGF, in questi quattordici anni, ha coinvolto, in cerchi concentrici via via sempre più ampi, un centinaio di aziende agricole (dalle dieci iniziali), una cinquantina di dipendenti molto fidelizzati alle sorti del consorzio, ma anche alcune decine di migliaia di famiglie organizzate in qualche centinaio di gruppi di acquisto solidali da Roma ad Amsterdam, passando per tutta la Francia, l’Austria, la Svizzera, la Germania ed il Belgio.
Gruppi e famiglie che sentono il fare politico di questo commercio di prodotti agricoli che partono da Catania per arrivare nei loro paesi come un dovere di cittadinanza globale e si interrogano, all’interno dei rispettivi gruppi e interagendo tra i vari collettivi, per agire di conseguenza, in misura anche molto significativa, ad esempio dal punto di vista economico attraverso co-produzioni, rompendo di fatto la classica dicotomia produttori e consumatori. Anche questo è cultura ed è un fatto educativo.
Ma per ottenere questo risultato sono occorsi anni di serietà, capacità di accollarsi le responsabilità, economiche ma anche dei propri errori, spirito di abnegazione costantemente praticato da tutte e tutti. Questo processo, innescato dal dare fiducia immediata – niente anticipi fin dalla prima consegna, niente contrassegni, ma pagamenti solo a piena soddisfazione raggiunta – ha prodotto fiducia, relazioni profonde e voglia crescente di intrecciare i destini comuni, aggiungendo nuovi tasselli alla costruzione di questa piccola rivoluzione gentile.
Pur provenendo la maggior parte degli aderenti al consorzio da un radicamento territoriale, nei primi anni di vita del consorzio, essendo le produzioni soprattutto agrumicole, è stato privilegiato come interlocutore il nord dell’Italia prima e dell’Europa poi. Ma negli ultimi anni si sente sempre più, all’interno del Consorzio, il dovere di agire aldilà dei puri scopi consortili, su vari aspetti locali. Da un lato, il forte sostegno alla creazione di Ficos, la piccola distribuzione della Filiera Corta Siciliana, l’altrettanto forte impulso alla creazione del portale Sicilia che Cambia, la costruzione di comunità territoriali che ruotano attorno a nuclei di aziende del consorzio, la cura del territorio, con alcune azioni, episodiche o meno, di pulizia delle strade… Dall’altro lato, un dovere nei confronti dei numerosissimi giovani, migranti dal sud, dall’Africa, in cerca di vite migliori e migranti dal nord dell’Europa, stanchi dell’eccesso di virtualità delle vite urbane e fortemente desiderosi di ritrovare un rapporto con i fondamentali della vita. Ad alcuni di questi giovani, con azioni consortili o delle singole aziende LGF cerca di dare risposte concrete per contribuire a trasmettere alle giovanissime generazioni catanesi, i valori e le pratiche positive che hanno consentito al consorzio di raggiungere i buoni risultati, soprattutto la necessità del pensarsi assieme e di agire di conseguenza.
Naturalmente si tratta di un percorso complesso e lento. Queste riflessioni al momento hanno comunque prodotto finora una collaborazione col Polo Catanese di Educazione Interculturale, alcune feste rivolte alle scuole, una Scuola nel Bosco ospitata presso una delle aziende, alcune gite di studenti sui campi e/o nel magazzino di lavorazione di LGF, la partecipazione di alcuni di a diversi Pon (Programma Operativo Nazionale) nelle scuole primarie catanesi e di altre province. Di certo, nei prossimi anni per il consorzio sarà una strada prioritaria.