Sarà per la sua natura incantevole e apparentemente poco conciliabile, tra mare e montagna, rocce di pietra lavica dell’Etna e fondali di sabbia e sassi, sta di fatto che Catania sembra essere una città ricca di contrasti anche a livello sociale, come dimostra questa parziale, fragile ma originale inchiesta. Per imparare ad ascoltare il territorio siamo partiti da una masseria del quartiere Librino, noto per il suo stato di abbandono e per alcuni gruppi criminali: in quella masseria è nato un percorso di “scuola aperta e partecipata”, una delle diverse esperienze che in città tentano di ripensare il modo di stare insieme

Il sindaco di destra Salvo Pogliese sospeso dopo una condanna per peculato e poi riammesso alla carica. La guerra dell’ex ministro Matteo Salvini alle navi delle ong. Gli abusi e le violenze contro i migranti nel Cara di Mineo, arrivato ad “accogliere” quattromila richiedenti asilo. Di Catania e del sul territorio negli ultimi mesi i grandi media si sono occupati spesso e non solo per qualche spettacolare eruzione dell’Etna.
Sarà forse per la sua natura travolgente e apparentemente poco conciliabile, tra mare e montagna, rocce di pietra lavica dell’Etna e meravigliosi fondali di sabbia e di sassi, sta di fatto che Catania sembra essere una città ricca di contrasti anche a livello sociale, come dimostra questa parziale, fragile ma originale inchiesta.
Per imparare ad ascoltare il territorio siamo partiti da una masseria abbandonata del quartiere Librino, nella parte sud-ovest di Catania, progettato nella metà degli anni Sessanta come città satellite (arrivato a poco meno di centomila abitanti) ma noto oggi per il suo stato di abbandono e per le attività di alcuni gruppi criminali. In quella masseria è nato un percorso di “scuola aperta e partecipata” e grazie all’istituto Fontanarossa e diverse realtà, a cominciare dall’Associazione Musica Etnea, la masseria si prepara a diventare uno spazio dedicato a musica, danza, teatro, fotografia, pittura, poesia. Del resto in questo pezzo lacerato di periferia c’è chi già ha cominciato a proporre, malgrado mille difficoltà, spazi destinati al gioco e centri aggregativi per ragazzi.
In realtà sono numerose le iniziative che in tutta la città si prendono cura in diversi modi del tessuto sociale, in particolare di bambini e bambine, ragazzi e ragazze e dei loro genitori. C’è chi, ad esempio, durante l’inizio della pandemia ha avviato doposcuola online e raccolto riso per rispondere a una richiesta della moschea più grande del sud. Molti altri, da tempo, si dedicano alla città-migrante offrendo sostegno ma anche monitorando quello che accade e accompagnando i percorsi di giovani associazioni e gruppi informali di migranti. Altri ancora puntano sull’educazione all’aperto in scuole pubbliche e in associazioni, sull’agricoltura bio e sull’economia solidale, e perfino a diffondere cultura ed educazione portando libri e letture in scuole, biblioteche, parchi pubblici, musei, strade e fermate dei bus. Infine, c’è chi si ribella alla mafia con il movimento per il riuso dei beni confiscati, facendo comunicazione indipendente, rifiutando di pagare il pizzo e costruendo reti.
Il filo rosso che tiene insieme queste e altre esperienze sembra essere il tentativo di creare modi diversi di stare insieme, di fare comunità. Di sicuro, in un contesto così complicato, pochissimi qualche tempo fa immaginavano che un percorso di “scuola aperta e partecipata” potesse non solo suscitare interesse ma trovare energie per partire.