L’etichetta del complottismo continua a nascondere qualsiasi punto di vista critico. Intanto, nel discorso mediatico torna il patriottismo, la scienza sembra indiscutibile, mentre il concetto di salute globale raramente viene preso in considerazione, prevale un clima di paura e, soprattutto, ovunque si favorisce un irrigidimento dei corpi. Già, i corpi. “Nelle scuole e nelle case dovremmo educare bambine e bambini a conoscere il proprio corpo – scrive Silvia Parmeggiani, danzatrice e attrice femminista -, ad ascoltarsi, a percepire i segnali che ci dà e questo può avvenire solo tramite il contatto fisico. Dobbiamo rifiutare la specializzazione e l’ignoranza, l’assopimento dei sensi e l’intellettualizzazione del sapere, quel rapporto meccanicistico col corpo, che lo vede separato da noi, dalla mente, dell’individuo iper-razionale…”
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o di infermità, come si può dunque pensare che le misure che sono state adottate dall’arrivo dell’epidemia di Coronavirus in Italia tendano a tutelare la nostra salute? Sono poche le voci dissenzienti in questo momento, sicuramente anche grazie alla sottile tattica con cui chiusure e restrizioni sono state messe in atto in maniera sempre graduale, sostenute da una forte campagna mediatica di terrore e insicurezza. Per questo fino ad oggi sono state poco evidenti le conseguenze sulla situazione sociale e poche le proteste. Proteste per altro sempre collegate a fattori economici, certamente non da sottovalutare. C’è stato chi ha messo in evidenza come queste manovre hanno creato una “guerra tra poveri”, spaccature del tessuto sociale e l’emergere di disagi psicologici, violenza domestica e un aumento del tasso dei suicidi. Per farvi fronte sono stati messi a disposizione servizi di consulenza psicologica telefonica, è stata incentivata la fruizione di cultura per via mediatica, è stato promosso lo “smart” working e non solo working, anche socialità smart: facebook ha creato “l’evento online” e tinder ha dato la possibilità gratuita di visualizzare persone fuori dalla propria area geografica…
Allo stesso tempo è stata impiegato un discorso mediatico patriottico, che ha creato eroi e puntato il dito sugli irresponsabili. Ma non si tratta di responsabilità: la responsabilità deriva necessariamente da informazione, consapevolezza e libertà di scelta, non da un’imposizione. Si è trattato, invece, di un ricorso alla colpevolizzazione del cittadino, al suo senso di dovere civico, alla paura e alla creazione di untori – i bambini e le bambine, adolescenti e giovani che sfuggono alla repressione, rivendicando un sano bisogno di socialità. Non va confusa la colpa con la responsabilità – la prima ci viene attribuita o ce la sentiamo addosso in base a norme giuridiche, religiose o morali, che comunque non abbiamo scelto, mentre la responsabilità nasce come conseguenza di una libera decisione. Non è mai stata presa in considerazione una vera responsabilità, quella che prevede consapevolezza e assunzione di rischi, scelte soggettive, individuali e non individualistiche, e questo è avvenuto spesso ricorrendo al mito, allo stereotipo, dell’inevitabile incapacità del cittadino e della cittadina italiana di essere responsabili. A smentirlo ci sarebbe la voce di chi ha scelto anche durante la quarantena di uscire di casa, di fare una passeggiata in campagna ed eventualmente di andarsi a prendere un caffè a casa di un amico o amica, consenziente e volenterosa di affrontare il rischio di un contagio, pur di vivere serenamente, e che in nessun modo mette in pericolo chi desidera a tutti i costi evitare il contagio. Il rischio vero che hanno corso queste persone è quello di multe salate. Chi ha fatto queste scelte e continuerà a farle non è un irresponsabile, non è un untore, è semplicemente una persona che si prende cura della propria salute fisica, mentale e sociale. Ovviamente è difficile scegliere queste forme di disobbedienza civile nel momento in cui si è creato un regime da Grande Fratello, con la premiazione della spia, di chi denuncia l’altro o l’altra, probabilmente più per un senso di invidia, che per vera volontà di proteggersi. “Se a me tocca portare la mascherina lo devi fare anche tu!”. Questa è la sensazione che pervade molti ambiti, questa solidarietà nella sofferenza, nella rinuncia, nella privazione e nell’autoflagellazione.
La riflessione che vorrei però portare non riguarda le conseguenze immediate, ma quello che rimarrà, quell’abitudine che si va creando pian piano, quella tendenza che si insinua nelle nostre vite per cui lentamente ci rinchiudiamo in casa e ci “incontriamo” solo in maniera mediata. Già adesso questo sta accadendo, nonostante non sia proibito tenere riunioni o vedersi con gli amici e le amiche. Qualcuna potrebbe obbiettare che è una modalità che già in molte sceglievano prima della pandemia, i social networks combinati agli smartphones hanno creato un mondo sociale in tasca, ma senza dubbio l’epidemia ha dato una drastica accelerata a tutto il processo. Oltre a un temporaneo, che temporaneo non sarà, ritorno verso una società patriarcale che costringe donne lavoratrici a casa (in smartworking o no) con i propri figli e figlie, per lo più non malate (asintomatiche), ma semplicemente risultate positive a un tampone. Tamponi che si effettuano, a ben vedere, in maniera totalmente casuale, perché è impossibile tracciare tutti i contatti sociali in una società complessa, nonostante tutte le tecnologie che possediamo. Certo, possiamo far fare il tampone a tutti e tutte le compagne di classe di una ragazza risultata positiva al Covid (asintomatica) solo perché il suo insegnante di danza ha sviluppato la malattia e lo ha segnalato, ma qual è la reale maggiore probabilità che loro siano stati contagiati e contagiate a scuola, dove per altro portano la mascherina e stanno a distanza, rispetto a tutti i contatti che ragazzi e ragazze hanno per strada, sui mezzi pubblici, al parco, nei negozi e nei bar? La moda del tampone e la sua accettazione passiva è un altro dei segnali del buon funzionamento di questa assuefazione all’obbedienza, che accetta la censura e la disinformazione, del cittadino automa che segue le regole senza interrogarsi mai sulla loro reale utilità o efficacia.
Alcune domande
Con l’arrivo dell’autunno (dopo lo sfogo estivo) si ricorre alla chiusura (anche se parziale) delle scuole, si limita la vita sociale notturna – danneggiando un’intera categoria (i ristoratori) che a mala pena si stava riprendendo – e si vieta lo sport, lo spettacolo, la creazione di cultura in tutte le sue forme, ma in che modo questo va a tutelare il nostro benessere sociale, fisico e mentale? Il concetto di salute globale è raramente preso in considerazione nell’approccio occidentale alla cura; in questo periodo sembra totalmente svanito, cancellato con un colpo di spugna così veloce da non aver lasciato neanche un segno. Quali saranno i danni nel lungo periodo di questa situazione sulla nostra salute globale, sulla felicità, sul benessere psico-fisico delle generazioni più giovani? Quale cultura ne deriverà: ci trasformeremo tutte in nuclei isolati che chiusi nelle loro case lavorano, studiano e fanno la spesa? Quale rapporto avremo con la natura, con il nostro corpo e con la vita, in senso lato? Le e i giovani si sentiranno fiduciosi nel fare progetti per il loro futuro o dopo avergli consegnato un pianeta malato e delegatogli la responsabilità di risolvere la crisi ecologica e il riscaldamento globale, gli insegniamo ora a vivere giorno per giorno, nell’incertezza e nella paura? Queste sono le domande che si dovrebbero porre coloro i quali, in questa dittatura dell’emergenza, esercitano il potere di decidere sulle nostre vite e sui limiti delle nostre libertà personali.
Senza cadere in facili complottismi, senza negare l’esistenza di una pandemia e di un virus, sicuramente nuovo e diverso da altri che abbiamo conosciuto, con delle peculiarità da tenere in conto, è opportuno chiedersi qual è il reale obiettivo. “La sicurezza prima di tutto!” Ma di che sicurezza parliamo? La conosciamo già quella sicurezza che è stata usata per chiudere i porti e le porte, per costruire muri e riempire le carceri, quella sicurezza che divide in base al colore della pelle, del sesso e delle scelte sessuali, quella sicurezza classista, riservata a chi “responsabilmente” resta a casa, e a chi se lo può permettere. Certo è facile garantire sicurezza a chi non corre alcun rischio, anche la morte è una sicurezza, la morte sociale, emotiva, intellettuale. Basta non pensare, non parlare, non uscire di casa. Questo è ciò che ci vogliono far credere, che dobbiamo stringere i denti, sacrificarci ancora un pochino e poi tutto tornerà come prima, o anzi meglio di prima, perché nel frattempo avremo imparato ad usare Zoom e a fare la Dad e sapremo sopravvivere tra le mura domestiche, ma sapremo ancora uscire per strada, camminare in un bosco, incontrare le persone e guardarle in faccia, parlarci di persona e toccarci?
La cultura che si sta creando con questo approccio alla pandemia favorisce tutt’altro. Si favorisce un irrigidimento di corpi, già da tempo resi meccanici contenitori, oggi questi corpi diventano pericolosi veicoli di contagio. Si rinforza l’abitudine a non toccare sé stessi, stesse e gli, le altre, a stare lontane, a diffidare e ad aver paura. La paura, tra l’altro indebolisce il sistema immunitario. Uno starnuto, un colpo di tosse sono pericolosi, creano uno stigma sociale, e nelle più piccole e piccoli, nelle persone più vulnerabili e suscettibili ai messaggi socio-culturali, creano terrore nei confronti del proprio stesso essere. Il rischio di essere prese, presi, portate in una stanza, allontanati da tutti e tutte e colpevolizzati per una semplice manifestazione spontanea del corpo che reagisce alla malattia, o a chissà cos’altro! Nella cultura che si va generando la malattia diventa sempre più un avvenimento da temere, anziché da affrontare, in prima istanza a casa, con riposo, cura, affetto. Come sarà possibile coccolare un figlio o una figlia malata se le indicazioni governative sono di isolarlo anche nel seno della famiglia? Come si può pensare di guarire in queste condizioni? Come faranno bambini e bambine a costruirsi anticorpi se continuiamo ad igienizzare ogni cosa che toccano, a sanificare ogni spazio in cui entrano? È noto che ambienti eccessivamente sterili danneggiano lo sviluppo del sistema immunitario, mentre il contatto con batteri e virus promuove la sua efficacia.
Le risposte dal basso
Nelle scuole, quelle ancora aperte, si è perso quasi completamente l’aspetto della socializzazione, sono sempre di più ragazzi e ragazze a pensare che a questo punto è meglio rimanere a casa e sono varie le famiglie che hanno già fatto questa scelta, forse a ragione… D’altra parte quante di noi adulte, liberamente sceglieremmo di stare sedute in una classe con una mascherina sul volto, per una mattinata intera? Senza potersi avvicinare ai propri compagni e compagne, senza potersi toccare, senza poter uscire dalle aule, niente intervallo, niente ora di educazione fisica. Fortunatamente molti ragazzi e ragazze si ribellano ancora, appena fuori dalle scuole riprendono quella naturale socialità, comprensiva di contatto fisico, così importante alla loro età, terrorizzando molti e creando sempre più distanza e incomprensione tra le generazioni. D’altro canto bambine e bambini più piccoli non hanno ancora sviluppato certe modalità, a loro viene insegnato a stare lontane, a giocare evitando il contatto fisico, ad aver paura della vicinanza… Che mentalità può creare questa attitudine? La paura dell’altro e dell’altra è la prima cosa che viene alla mente, come se già nelle nostre società non ci fosse una sufficiente spinta in quella direzione, rafforzando diffidenza e individualismo.
Il linguaggio usato dalle istituzioni e ripetuto dai media ci entra nelle orecchie e non sappiamo più ragionare autonomamente, scompare ogni logica. D’altra parte il tutto si regge in piedi con la stessa non-logica con cui si è dato dell’untore a chi ha scelto di non adempiere totalmente all’obbligo vaccinale pediatrico. Assumersi il rischio personale di una malattia non vuol dire voler contagiare chi sceglie di difendersi da essa, che sia con un vaccino o con una mascherina, distanziamento sociale o isolamento personale. Significa invece avere la consapevolezza che la malattia fa parte della vita, che il nostro sistema immunitario esiste proprio per questo ed anche il sistema sanitario nazionale dovrebbe esistere per curarci… forse! Invece di criticare il malfunzionamento di un sistema, anziché rinforzarlo e aprirlo ad altre possibilità, si crea un’idea di una scienza-religione unica e indiscutibile. È davvero difficile non sentirsi in un regime assoluto quando ci viene chiesto di affidarci ciecamente a un sistema sanitario unico, basato su una scienza che è diventate sacra e palesemente diretto da interessi economici e politici. Una scienza che ci chiede di avere pazienza e vivere nel terrore fino all’arrivo del miracoloso vaccino che ci salverà, oltre a fare diventare miliardario qualcuno.
Una possibile risposta dal basso passa, invece, dalla ricostruzione di comunità che si autogestiscono la salute primaria e da una riappropriazione delle scelte che la riguardano. Riappropriazione del rapporto intimo col proprio corpo e fiducia in sé e nell’altro, altra, nelle proprie armi di difesa, e nei naturali meccanismi di risposta dell’organismo. Un atteggiamento attivo, anziché l’attesa passiva del vaccino e delle ordinanze della tirannia sanitaria. È necessario in questo momento più che mai combattere la disgregazione sociale e l’alienazione dal proprio corpo. Nelle scuole e nelle case dovremmo educare bambine e bambini a conoscere il proprio corpo, ad ascoltarsi, a percepire i segnali che ci dà e questo può avvenire solo tramite il contatto fisico. Dobbiamo rifiutare la specializzazione e l’ignoranza, l’assopimento dei sensi e l’intellettualizzazione del sapere, quel rapporto meccanicistico col corpo, che lo vede separato da noi, dalla mente, dell’individuo iper-razionale che possiede un corpo, o meglio un ingombro, un qualcosa di cui non può fare a meno e con cui deve convivere. C’è un ritorno a un pudore che pensavamo dimenticato, le e i giovani sessantottini rimarrebbero basiti dall’asservimento dei corpi che vige oggi, quasi ovunque, tranne qualche scintilla di ribellione nell’abbigliamento delle e degli adolescenti, che sopravvive alla censura, all’imperativo della “civiltà” occidentale di nascondere il corpo e vergognarsi di esso.
Cosa sopravviverà a questa pandemia?
Silvia Parmeggiani è danz-attrice, appassionata di natura, cultura e culture, studiosa di scienze politiche e sociali, femminista. Ha lavorato in Perù, Belize e Guatemala a favore dell’autodeterminazione delle comunità locali. Da quattro anni vive e lavora nella comune libertaria Urupia.
Gina beato dice
Concordo totalmente. Infatti quello che ho sempre obiettato è che così facendo perdiamo la nostra socialità che nella vita è una cosa fondamentale sia per il benessere fisico che per quello mentale
Edo dice
Non sono d’accordo. Ci sono situazioni speciali, la pandemia è una di queste, ove la cautela ed il senso di responsabilita deve prevalere sul diritto alla libertà personale. D’altra parte la mia libertà finisce la dove mette in discussione quella degli altri. E provato che l’unico sistema x limitare i contagi e tenere sotto controllo la malattia è ridurre i contatti fra le persone. Questo non è salutare? Coloro che ritengono in questo contesto di pandemia essere più importante il contatto fra le persone piuttosto che la prudenza, si offrano volontari x imboccare e pulire i malati nei reparti covid degli ospedali.
gaetano stella dice
COSA RESTERA’ DOPO (?) QUESTA PANDEMIA? Non lo sappiamo, perchè non sappiamo nemmeno “se” e quando” finirà. In questo intervento manca , a mio parere , l’analisi concreta della situazione concreta. E l’argomentazione sembra molto simile a quella dei “negazionisti”. E con questo non voglio nè offendere nè liquidare le argomentazioni qui portate. IL CRIMINALE TRUMP e tutti quelli che gli sono andati dietro (l’hanno votato 70 milioni nel suo paese dove i record di contagiati e di morti crescono giorno dopo giorno…) lhanno chiamata “influenzella” hanno detto che era il virus cinese che a Pasqua saremmo stati tutti fuori…e hanno manifestato ripetutamente senza distanze e mascherine. Hanno parlato di DITTATURA SANITARIA…e anche nel resto del mondo abbiamo visto fascisti e nazisti gridare LIBERTA’ nelle manifestazioni. Anche in questi giorni a Napoli (e non solo) sul lungomare si passeggiava e a un chilometro di distanza c’era chi non avendo posto in ospedale stava in macchina e respirava con una bombola di ossigeno posta fuori dall’auto. I negazionisti si sono riuniti in Parlamento hanno scorazzato in tutte le TV e il fascista padano è andato in giro con la scritta TRUMP sulla bocca. Lui e i suoi compari hanno ballato in Sardegna nelle discoteche e dopo la fiumana ha invaso l’Italia intera. I corpi si sono ritrovati dimenati erotizzati ..poi hanno propagato nelle case …Gli ospedali stanno ricollassando perchè l’estate delle discoteche delle balere del calcio ritrovato (virus immarcescibile!) ha ridiffuso il contagio. Ma l’origine di tutto non è diventato dibattito pubblico. IL PERCHE’ della pandemia non è diventato presa di coscienza dello stato del mondo. Cosa si poteva fare per fermare il contagio in un modo diverso? Fare come il cretino inglese o come il cretino svedese? E noi, che non siamo negazionisti cosa avremmo dovuto o potuto fare? La socialità deturpata? Perchè prima della pandemia c’era? Quale? Il diritto di rischiare in prima persona per la propria vita…certo…ma senza ledere quella degli altri però’? Perchè questo è il punto . IL LIBERISMO HA VINTO e ha devastato il mondo i luoghi la terra l’ambiente i corpi le menti le relazioni i mari gli oceani..e il futuro è incerto. LA PLASTICA E’ UNA BOMBA PEGGIORE DELL’ATOMICA che scoppia di minuto in minuto ed è già “irreparabile”.Tutto è inquinato. Il cambiamento climatico è in atto. Parigi e l’1,5% è già un ricordo. La biodiversità è attaccata..scompaiono due specie al giorno…come mai nella storia…le api stanno scomparendo…fra poco gli impollinatori saranno defunti…la crisi alimentare sarà tremenda…le migrazioni saranno ancora più drammatiche…e l’acqua è già un bene raro…ora quotato pure in borsa come dice ZANOTELLI…la catastrofe è già in atto e ha diverse facce…e la presa di coscienza non c’è. Oggi il manifesto dedica ben TRE pagine all’ENI. IL FATTO 1. Azienda di stato trentesima tra i grandi inquinatori Come saremo dopo? Come eravamo già prima..e come siamo ora..Qui da dove scrivo io il 60% delle terapie intensive dell’ospedale sono sature..e se mi dovessi ammalare forse qualche giovane medico sceglierebbe di “salvare” uno più giovane…ognuno parte da sè dalla propria vita dalla propria storia. Ognuno ha la sua coscienza e consapevolezza il suo corpo…saluti a tutti – Ho scritto quello che è venuto liberamente…-http://blog.gaetanostella.it
Eugenio dice
Grazie Gaetano per averci riportato coi piedi per terra. Tra pochi anni finiremo tutti bolliti. È possibile che non ci si renda conto di questo? Questo è l’unico pianeta che abbiamo. Il capitale lo sta distruggendo. Questo è il vero problema. Battiamoci p
er fermare questo scempio prima che dia troppo tardi.
Alessandro Leucci dice
Gaetano, ognuno sceglie liberamente se intende sigillarsi a casa e vivere con la mascherina tutto il giorno.. qui il punto è che non si può impedire ad altri di accettare un rischio magari alto rispetto alla capienza attuale del SSN devastato e sbrindellato nei decenni ma che in termini assoluti resta comunque molto basso, se vogliamo crederlo grazie anche ad alcune misure restrittive, “alcune”; dopo aver indicato precauzioni di buon senso e restrizioni minime però ognuno fa capo a sè e la comunità, lo Stato dovrebbe attrezzarsi per curarci nel caso peggiore, sebbene l’impegno dovrebbe essere in prima persona quello di mantenersi sani, ma ciò è possibile molto spesso proprio nei modi vietati dai DPCM: il conflitto che rileva l’articolo è questo, che la responsabilità e la consapevolezza non hanno più valore ma solo i provvedimenti di chi governa senza “curarsi” nè fidarsi dei governati, quindi una politica sostanzialmente di malfidenti o di incapaci, il contratto sociale è ormai spezzato e si può solo creare delle nuove società dal basso, nessuna soluzione reale ormai dall’alto ma solo finte soluzioni che servono a incanalare potere e informazione nelle mani di enti e aziende che speculano sulle nostre esistenze.
Ma pensi davvero che le restrizioni vadano a risolvere uno qualsiasi dei problemi che hai elencato? Pensi che il problema sia il petrolio per i trasporti e l’energia ma come si risolve l’utilizzo costante e pandemico di dispositivi elettronici che consumano energia secondo te? Non credi che una svolta, come quella che si vuole imprimere, sarà una svolta ancora più ultraliberista e portatrice di divisioni, ingiustizie, guerre, distruzione dell’ecosistema?
Eugenio dice
Vero, è necessario essere vigili sulle svolte neo liberiste. Era il tema centrale del no g8 genovese di 20 anni fa. Ma, caro Alessandro, se non si attuano le precauzioni anti virus si rischia finire a rotoli. Invece di indignarsi per queste misure restrittive, chiediamo che la sanità sia pubblica e solo pubblica per esempio.
Alessandro Leucci dice
Eugenio quelle contestazioni fallirono perchè non c’era una vera idea di alternativa ma tante idee unite dall’unico filo della protesta, gran parte di chi protestava allora oggi accetta i supermercati, i social, la moneta elettronica, amazon, i dpcm, la dad, i vaccini e via dicendo, segno che non si era capito granchè della globalizzazione, se non per una piccolissima cerchia, ma che si voleva imitare i genitori e sfogare un po’ di rancore e delusione borghese.
Oggi la guerra tra gruppi di potere e non altro ha portato alla diffusione di un virus come ne sono stati altri ma le ricadute sulle vite sono sproporzionate rispetto ai numeri e all’effettiva pericolosità, credo che il collasso di un sistema sia in atto ma non sarà sostituito da uno migliore in virtù di una nemesi della natura che non esiste, nessuno dice che non si debbano avere precauzioni ma attuare quelle che si impongono e si imporrano sempre di più non solo non aiuterà la salute pubblica ma sta contribuendo a minarla in modo ancora più grave.. libertà personale e Stato (istruzione e sanità pubblica in primis, certo, ma anche controlli, leggi e giustizia efficienti, trasparenza, partecipazione massima dei cittadini..) Eugenio, solo questo, li abbiamo cestinati entrambi e ci raccontiamo di essere ancora paesi civilizzati quando siamo in via di sottosviluppo e di colonizzazione pervasiva da almeno 20-25 anni, in Italia da tangentopoli e dai governi fantoccio degli anni 90 perlomeno; rendersi conto di questo per avere senso critico, resistere e capire che non sarà un mondo migliore quando decideranno di sospendere la pandemia ma quel mondo occorre costruirselo da soli sul poco di buono che ancora c’è
Nicoletta Crocella dice
Sono completamente daccordo, anche se è difficile fare queste affrmazioni in questo momento! Il problema è evidente anche nelle risposte, che ripropongono la stessa dicotomia te negazionisti- complottisti e persone di buon senso. Non siamo più abituati a considerare che spesso le diverse facce convivono, che ci sono troppi aspetti da tener presente, e troppi intrecci per avere una verità vera da difendere, e la santificazione della scienza, passata a divewnire verità di fede contraddice e nega la scienza stessa, che è ricerca, approfondimento, messa in discussione per arrivare a nuove mete che saranno a loro volta messe in discussione. Ho scritto qualcosa sul mio blog : https://ragionandoci.wordpress.com/2020/11/17/la-guerra-e-la-cura/
Maurizio De Mitri dice
Sai Silvia prendere le decisioni sulla scorta del benessere personale, quall’aura di …. ma io sto bene così, ha fatto sviluppare nel nord del Kenia la catastrofe umanitaria per cui per guarire dall’Aids bisogna sverginare una ragazza. La scienza non è santa ma è il criterio più efficace per prendere decisioni. I tuoi argomenti sono concreti se solo si cambia ambito. Non ti ho letto con queste stesse parole parlando della GDO. Mi dispiace ma hai dimenticato la Biologia. La Biologia è quella cosa che se vai a prendere il caffè dalla tua amica consenziente, magari non metti te stessa nei casini, ma aiuti a mettere un’altra persona a tua insaputa di fronte a gravi problemi di salute. Cordialità
Silvia dice
Ciao Maurizio, non amo i dibattiti virtuali e in genere lascio che ognuna si esprima senza controbattere, non lo trovo costruttivo. Solo su una cosa mi sento in dovere assoluto di contraddirti pubblicamente: il tuo confronto con l’usanza di guarigione dell’AIDS lo trovo decisamente grave e poco accurato. Quell’usanza ignobile e violenta non ha radici in una sana ricerca del benessere individuale (che, beninteso, si costruisce nel rispetto altrui), ma in una società patriarcale, violenta e machista.
angelo maddalena dice
vorrei pubblicare in forma cartacea questo testo meraviglioso e prezioso, grazie Silvia, a maggio abbiamo pubblicato il libro Se canti non muori, oltre il virus dentro la realtà, nel caso lo ripubblicassimo ci metterei questo testo come appendice, come parte finale, come un piccolo libro dentro il “grande” libro
Livia Cerasari dice
Felice e quasi incredula di aver letto questo testo, che condivido assolutamente.