In Francia li chiamano sans papier, persone che non hanno il permesso di soggiorno. Non perché non lo vogliano o non l’abbiamo chiesto, ma perché gli è stato negato o revocato. Quello che rende difficile la vita di migra non è il proprio comportamento o le proprie condizioni fisiche ma prima di tutto “la nostra spietata burocrazia e le nostre leggi disumane”, ricorda Alessandra Ballerini, avvocata specializzata in diritti umani e immigrazione. Per quanto in perenne ricerca di una speranza che nasce da documenti, i migranti restano ovunque una moltitudine inarrestabile
In fondo è l’unica cosa che chiedono. Come quando si va da un medico e si aspetta che esamini analisi e referti e che sollevi finalmente lo sguardo dalle carte e ci dica che va tutto bene o che comunque esiste una medicina per guarire. Speranza, non si chiede di più quando si entra nello studio di un medico. O di un avvocato. I nostri assistiti stranieri tuttavia il loro male lo portano proprio ed esclusivamente nelle carte che ci mostrano nella speranza, appunto, di sentirsi dire che c’è una soluzione per neutralizzarle, perché in fondo sono solo carte.
Alcuni di loro, i più creativi o i più pavidi, quei documenti li fanno immediatamente e letteralmente in coriandoli nella segreta convinzione che la loro distruzione comporti la cancellazione del problema, senza accorgersi che invece così rendono solo più difficoltosa e improbabile la ricerca di una soluzione. Con o senza carte in mano questi nostri clienti sono portatori, seppure sanissimi, di un male in realtà tutto nostro. Che riguarda non i loro comportamenti né tanto meno una loro infermità fisica o morale, ma esclusivamente la nostra spietata burocrazia e le nostre leggi disumane. Per assurdo “quel male” gli deriva infatti solo dal non avere carte o meglio dal non avere le carte giuste.
In Francia li chiamano precisamente “sans papier”. Persone che non hanno il permesso di soggiorno, non perché non lo vogliano o non l’abbiamo chiesto ma perché gli è stato negato o revocato. Nei casi peggiori a quella assenza di carte si è sommata la notifica di altre sbagliate: il decreto di espulsione o di respingimento oppure l’ordine di lasciare il nostro Paese. Il foglio “vai via” come lo chiamano i più ironici degli espulsi.
Abbiamo chiesto qualche giorno fa al ministero degli Interni di fornirci i dati delle espulsioni decretate nel 2019. La risposta impietosa ma precisa è 22.760 provvedimenti espulsivi emessi, ai quali bisogna aggiungere 9.178 respingimenti alla frontiera e 1.000 respingimenti dei questori. Un totale di 32.938 persone “mandate via”. Poi ci sono altre 3.791 creature che il permesso di soggiorno lo custodivano gelosamente ma la pubblica amministrazione (che è pure composta di uomini e donne) glielo ha revocato e altre 7.906 che vivono regolarmente in Italia da anni alle quali è stato negato il rinnovo del permesso di soggiorno. E le migliaia di altri, senza neppure una cifra da statistica che li comprenda, ai quali È stato negato l’approdo, il rifugio e la protezione.
Ci chiedono tutti una speranza. Una magia che faccia sparire o apparire carte, che ripristini diritti che pure dovrebbero essere inviolabili: migrare, lasciare il proprio paese quando la vita diviene invivibile e restare laddove le ferite hanno iniziato a rimarginare e l’esistenza a ricomporsi.
Secondo Erri De Luca la speranza
“è l’ultima dea quando le altre divinità si sono dileguate… ignorarla spinge in avanti. I sommersi e gli sbarcati nel Mediterraneo esprimono una necessità più forte di qualunque attesa. Sono perciò invincibili”.
Questa moltitudine di sans papier è, in questo senso, disperata e inarrestabile.
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*Alessandra Ballerini è avvocata civilista specializzata in diritti umani e immigrazione. Tra i suoi libri La vita ti sia lieve (per Melampo edizioni), storie di migranti e altri esclusi.
Fonte: Repubblica di Genova (titolo originale La speranza negata). L’articolo è stato pubblicato su Benvenuti ovunque con l’autorizzazione dell’autrice.
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