Leggo su Repubblica del 5 agosto di un’iniziativa sorprendente di una sindaca. Abbiamo avuto sindaci sceriffi, sindaci pastori, sindaci scalzi, sindaci indagati e sindaci filosofi. Ora abbiamo la sindaca delle delazioni. Si tratta della sindaca di Monfalcone (Gorizia), quella che caccia i figli degli operai bengalesi dei cantieri dalle scuole dell’infanzia perché “prima i friulani” (e vieta, per motivi di decoro urbano, ai loro padri di circolare in tuta da lavoro durante la pausa). Ora si scaglia contro “il sistema di sinistra” (?) imperante a suo dire nella malfida categoria docente, che lei invita a snidare denunciandolo nientedimeno che al garante dei minori per supposto condizionamento (forse anche tramite elettrochock, direbbe un giovane politico) degli studenti da parte di docenti “che con le loro ideologie avvelenano i giovani osteggiando apertamente le scelte democratiche che gli italiani stanno manifestando verso gli amministratori della Lega”.
Verrà, annuncia la sindaca, istituito un “punto di ascolto riservato”. Uno sportello come quello che molte scuole hanno istituito per contrastare il bullismo e accogliere confidenze e inquietudini degli studenti e delle studentesse. Con la presenza di psicologi o di vigili urbani? Non è dato sapere. La gloriosa Repubblica di Venezia, più sbrigativa, aveva la sua bocca del leone per le “denontie secrete”, però seminava anche nel mondo una fitta rete di spie. A Monfalcone a chi verrà attribuita tale salvifica funzione? Agli studenti, ai genitori, alla parte “sana” del corpo docente, quella che non parla “in termini ideologici e politici”, ai dirigenti scolastici, ai collaboratori? La scelta è vasta, le possibili collaborazioni molte. Occhi e orecchie aperte, dunque, nel monfalconese.
In quanto cittadino responsabile e collaborativo, mi sento però in dovere di fornire alla sindaca e ai suoi ispiratori una informazione importante (anche se, sono certo, non ne scalfirà la ferrea determinazione, quella stessa determinazione che, per tutelare cittadini benpensanti e democraticamente leghisti e non offrirli preda alle manipolazioni dei “giornaloni” le ha fatto togliere dagli espositori nella biblioteca comunale il manifesto e Avvenire). La notizia che voglio darle è questa: non si può non fare politica, ogni nostra azione, ogni nostro gesto che vada al di là delle relazioni e scelte strettamente private è politico. Ogni scelta e ogni omissione. Lo ribadiamo alla sindaca e ai suoi ispiratori: è ideologico e politico non voler sentire, non voler confrontarsi, non lasciar parlare. Ci sentiamo di ribadirla, questa definizione di ciò che è politico, sentendoci in buona compagnia. Lo dicevano e scrivevano Bob Kennedy, Martin Luther King, don Milani, e, risalendo “per li rami”, perfino quell’avvelenatore di menti che fu Aristotele. Secondo il quale politica è occuparsi della polis (sic!) avendo in mente il bene di tutti. Anche di chi la pensa diversamente. Tutti. Anche i disobbedienti e i critici. È la democrazia, bellezza.
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Giancarlo Cavinato è portavoce Tavolo SaltaMuri
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