Da giovedì sera non riesco a togliermi dalla testa la vicenda della professoressa di Palermo, sospesa e privata di mezzo stipendio. Prima di scriverne sono andata a cercare il video originale preparato dai ragazzi in occasione della Giornata della Memoria. L’ho trovato un elaborato pungente e intelligente, fatto di quella materia appassionata che mostrano i giovani a cui non sono stati tarpati i pensieri.
I ragazzi hanno letto per intero il Decreto Sicurezza? Forse no, come dicono alcuni, ma hanno fatto ricerca. I ragazzi hanno semplificato alcuni temi arrivando a considerazioni ingenue? Forse sì, come dicono alcuni, ma il loro percorso di studio, di approfondimento, di riflessione non è mica terminato.
È sempre facile puntare il dito contro i ragazzi. Qualsiasi cosa facciano, per l’opinione pubblica sbagliano. Se hanno delle idee sono offensivi, se non le hanno sono anestetizzati; se combattono per qualcosa vogliono solo bighellonare, se non lo fanno sprecano il loro tempo; se si interessano di politica si rivelano, a discrezione, o ignoranti o manipolati, se ne stanno alla larga sono disillusi e indifferenti. Eppure i ragazzi sono nel mondo, quotidianamente lo incontrano e provano a interpretarlo usando tutti gli strumenti – valoriali, culturali, tecnici – a loro disposizione. Se sono fortunati, trovano sulla propria strada qualcuno che si prende la briga di accompagnarli in questo faticoso lavoro di costruzione di significati. A volte, quel qualcuno è un’insegnante.
Che bella professionalità questa professoressa, ho dunque pensato, capace di riportare a scuola una Storia viva e una Politica intesa nel senso più pieno del termine (per inciso, la politica ha bisogno di tornare dentro alla scuola, non di starne fuori, come ha detto Salvini). Che bella audacia questa professoressa, ho pensato, capace di spazzare via la retorica sterile che spesso ammanta le commemorazioni con un compito di elaborazione in grado di accendere, animare, infiammare i ragazzi. Eppure questa professoressa è stata sospesa. Punita. Denigrata. Mi è sfuggito qualcosa, dunque? Cosa doveva controllare la professoressa? (Che poi, che idea di scuola c’è dietro al termine “controllo”?) Rivedo il video. E continuo a trovarlo sufficientemente ardito, ma non offensivo. Non vi trovo calunnia, nè vilipendio. Non vi trovo scritto quanto riporta il ministro degli Interni ovvero “che Salvini è fascista, che Salvini è assassino, che il decreto sicurezza è fascista”. Certo, ognuno poi fa le inferenze che vuole. L’unica inferenza che viene da fare a me è che forse Matteo Salvini a scuola era un po’ distratto quando si parlava di comprensione del testo.
Certo, sulla posizione che i ragazzi hanno scelto e difeso si può essere o non essere d’accordo (perlomeno fino a un certo punto perché l’antifascismo e la tutela dei diritti umani dovrebbero essere valori universali e senza partito). Gli stessi studenti, probabilmente, si saranno schierati durante la visione del filmato, anche perché questo video solletica il contraddittorio quanto la coscienza. E gli anni delle superiori, se li ricordo bene (non è passato poi troppo tempo) si caratterizzano per posizioni nette che sfociano in dibattiti di cui poi si ha quasi nostalgia. I ragazzi sono assoluti. A volte, come oggi, credo che dovremmo avere tutti il coraggio di recuperare un po’ di quell’assolutismo. Di quell’energia. A volte, come oggi, credo che sia urgente, credo che sia necessario. È ora di prendere posizione. Come nel 1931 quando i professori furono chiamati a giurare fedeltà al regime fascista. 1213 giurarono. 12, no.
La professoressa Dell’Aria è stata sospesa per aver tutelato la libertà di pensiero e di espressione sancita dalla Costituzione. È stata sospesa per aver insegnato in modo libero. È stata sospesa per aver svolto il proprio lavoro con coscienza e rispetto. Questa non è democrazia.
Ha scritto Elisa Springer: “Oggi più che mai è necessario che i giovani sappiano, capiscano e comprendano: è l’unico modo per sperare che quell’indicibile orrore non si ripeta, è l’unico modo per farci uscire dall’oscurità”.
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Chiara Franzil, l’autrice di questo articolo, è maestra e ricercatrice didattica
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