Sfogliando questo libro sono molti gli occhi che vi guarderanno: fatevi guardare, fatevi accompagnare dalla loro intensità. L’Altra America di Massimo Tennenini incontra lo sguardo degli altri per cercare ed entrare nelle storie e per costruire relazioni che solo dopo aver fatto parte (seppur in modo temporaneo) di una comunità diventano immagini meravigliose. La nota di Loredana De Pace, che ne ha curato l’edizione illustrata
di Loredana De Pace
L’antropologo e fotografo romano Massimo Tennenini ha sempre coltivato un’attitudine complessa e poco comune, quella di incontrare lo sguardo altrui (leggi anche cultura, usanze, tradizioni). Il suo guardare non comincia con la fotografia, ma della fotografia si serve per entrare meglio nelle storie, costruire relazioni che solo successivamente trasforma in immagini. Per una serie di ragioni – professionali e di interesse personale – ha orientato questa sua propensione verso i popoli del Centro e del Sud America che ha frequentato e fotografato per oltre venticinque anni, non come semplice visitatore, ma come hombre del pueblo, uno di loro. La parola chiave di tale approccio – che è anche un principio fondante del vivere sud americano – è condivisione. Tennenini infatti non avrebbe scattato le immagini così come sono raccolte in questo compendio se non avesse condiviso noche y dìa con el pueblo così intimamente, accuratamente, prolungatamente. La sua scrupolosa ricerca sui popoli nativi è quindi il risultato di un approccio immersivo nella cultura indigena e nelle specifiche tradizioni locali.
Sin dal principio delle sue peregrinazioni è stata “la vita fatta di semplicità e intense forme di spiritualità”, come egli stesso specifica, a permettergli di conoscere tanto a fondo quelle terre che appaiono così lontane dal nostro Occidente.
Tennenini ha visitato per prima la Colombia, in seguito è stato in Messico e in Guatemala per poi proseguire la sua indagine in molti altri luoghi della cultura andina. Nel libro sono raccolte anche numerose “immagini impossibili”, ossia scatti eseguiti in situazioni estremamente complesse da raggiungere o alle quali partecipare senza un permesso specifico o senza il riconoscimento dell’autore come parte integrante della comunità. Questi scatti quindi sono la testimonianza visiva della totale integrazione dell’autore con le popolazioni autoctone. Ma cosa (o chi) ha condotto Massimo Tennenini in questo grande e poliedrico Paese? Inizialmente sono proprio le organizzazioni indigene che lo cercano, come racconta lo stesso autore:
“Nella Foresta del Chocò, regione della Colombia che affaccia sul Pacifico, sono stato a più riprese dal 1990 al 1993. La prima volta proprio su invito di alcune organizzazioni delle popolazioni native, la OREWA degli Embera e Waunana, e le OBAPO e ACIA per le popolazioni nere, discendenti degli schiavi africani fuggiti dalla schiavitù e rifugiati nella foresta. Mi chiesero di realizzare per loro un audiovisivo che aiutasse queste popolazioni nella lotta contro le multinazionali straniere, soprattutto nordamericane, che erano molto interessate a quei territori perché ricchi di petrolio, oro e altri minerali preziosi. Il governo colombiano aveva dato concessioni senza consultare minimamente le popolazioni locali. In seguito sono tornato per una ricerca antropologica sul mutamento sociale all’interno di alcune comunità a seguito dell’attuazione di programmi di sviluppo in ambito agricolo e per numerosi altri progetti”.
Struttura e temi
Lasciati ai margini, segnati da una fatica ancestrale e dalla sferza del sole, gli indigeni e la gente del Sud America in questo libro si mostrano – finalmente – come attori principali della storia. A tale scopo ciascun Paese visitato e fotografato assume l’identità di capitolo, assecondando lo stile reportagistico di Tennenini: Centro America, Ribelli del Chiapas (Messico), America Andina, Guatemala e Colombia.
https://comune-info.net/2019/04/sentire-con-gli-occhi/
Fra le pagine del libro gli sguardi diretti dei soggetti ripresi diventano via, via il filo conduttore del viaggio, tanto che in un altro capitolo questi volti assurgono al titolo di protagonisti assoluti. Infatti, per avvalorare il concetto, l’autore ha voluto estrapolare i ritratti più significativi, astraendoli dal contesto con un semplice stratagemma in post-produzione, grazie cioè a uno sfondo nero che amplifica l’impatto di questi volti incisi come fossero i gemelli della loro burbera terra d’origine.
Uno spazio e un tempo nel libro sono dedicati anche alla cosiddetta Isla de las Muñecas, l’isola delle bambole, unica al mondo per quanto misteriosa e cupa.
Sorge nel dedalo di isolotti artificiali intorno a Xochimilco, il lago di Città del Messico e si narra che un contadino, tale Don Juan Santana Barrera, per tutta la vita abbia provato a dare pace all’anima di una bambina che riteneva lo perseguitasse perché annegata nelle acque circostanti l’isola, proprio di fronte a lui, senza che riuscisse a salvarla. Don Juan negli anni ha raccolto centinaia di bambole per la bambina morta nella speranza di alleviare il tormento della sua anima, e per lei le ha appese ovunque sull’isola. Las Muñecas piano, piano hanno riempito tronchi, rami e canne di bambù, diventando col passar del tempo presenze inquietanti, perché ricoperte di vegetazione e rovinate dalle intemperie.
Un altro capitolo in cui si assottiglia fin quasi a scomparire il confine fra la vita e la morte è quello dedicato al Día de los Muertos, il giorno dei morti, festività messicana di origine precolombiana che si celebra il 2 novembre. In questa giornata, secondo la tradizione,le anime dei propri cari tornano fra i vivi e sono accolte con musica, cibi tradizionali offerti loro in dono, momenti di raccoglimento attorno a candele accese.
Un diario di viaggio
Nei suoi bianconeri Tennenini fissa le espressioni di uomini, donne e bambini spesso invisibili agli occhi del mondo. Quando, ad esempio, ritrae i ribelli dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale negli anni Novanta, fotografa i combattenti del “Messico dei senza volto”, come solevano definirsi i ribelli. E lo fa, vivendoci insieme, partecipando, macchina fotografica al collo, ad adunate, scontri, esercitazioni, vita di campo. La differenza tra l’approccio di un viaggiatore, sia pure attendo, e la ricerca di uno studioso sta proprio nel substrato culturale che diventa viatico per entrare in contatto con le popolazioni indigene, per condividere usi e costumi, e infine trasferire l’esperienza vissuta nelle immagini con maggiore cognizione di causa. Per raccontare tutto questo nelle pagine del libro sarà lo stesso Tennenini a descrivere brevemente sotto forma diaristica alcune fra le più significative vicende che lo hanno condotto in questa meravigliosa terra, diventata nel tempo anche un po’ sua.
Come guardare
Il risultato in immagini della ricerca di Massimo Tennenini che finalmente con questo libro si trasforma in pubblicazione, è intensissimo: le inquadrature sono piene, gli sguardi diretti, molto forti, ma non solo. Il ritmo nel volume è scandito anche da situazioni più ampie, collettive, nelle quali gli sguardi vanno cercati nella moltitudine e, una volta trovati, trafiggono perché fieri e taglienti. Le scene d’insieme descrivono ritualità, abitudini ed eventi culturali propri dei territori fotografati in cui sussistono – paradossalmente – dinamismo e quiete, in cui spesso le cose avvengono contemporaneamente, perché così succede in Sud America:tutto insieme, tutti insieme.
Proprio in questi tableau vivant, guardando più attentamente – ed è qui l’impegno che si richiede al fruitore – si rilevano micro storie, si intuiscono vicende che cominciano soltanto nelle fotografie e proseguono nell’immaginazione di chi guarda. In pratica le immagini funzionano come porte socchiuse che lasciano la libertà a chi osserva di continuare o fermarsi.
Anche le singole fotografie contengono mondi da esplorare: quando in Guatemala due donne confabulano, una addirittura con la mano che copre la bocca, mentre una bimbetta sulla destra le osserva incuriosita, pare di sentire il brusio delle loro voci e di quelle degli altri, in fondo all’inquadratura. Questo per dire che sia nelle immagini prese singolarmente, sia guardandole in sequenza avviene una sorta di naturale sovrapposizione di contenuti, di voci, di gesti, di linee compositive, di livelli di lettura. Il Sud America in fin dei conti è così e occorre imparare a comprenderlo per ascoltare tutte queste voci insieme eppure riuscire a distinguerle una ad una. Operazione non semplice che, nelle sue fotografie Massimo Tennenini riesce a compiere, anno dopo anno, capitolo dopo capitolo.
Nelle immagini di questo libro è tangibile una forma di lirismo melanconico, anch’esso elemento proprio delle terre sudamericane in cui tutto sembra possibile: c’è la tradizione che si conserva nei secoli, ci sono i solchi rugosi sulla pelle dura e bronzea lasciati dal sole, ci sono i bambini che sorridono spensierati nonostante le condizioni non siano proprio di benessere, come pure ci sono i mariachi a riposo ma ancora in ghingheri, pronti a suonare e cantare, c’è una donna che allatta, un lama portato a passeggio, la vita tutta che scorre materica e multiforme.
Nel lavoro del fotografo romano sono quindi molte le immagini-simbolo di un Sud America vivo, matriarcale, orgoglioso, combattente, genuino, tradizionale, resistente. La fotografia scelta per la copertina, ad esempio, rappresenta una scena che dice molto della fierezza femminile, una forza ferma, diretta, sottolineata dal raggio di luce obliquo, rispetto alla posizione dell’uomo, sulla sinistra e alle spalle della donna, fuori fuoco dietro a un muro,confine che delimita e “colloca”.
Eppure il Sud America è pieno di contrasti. Per tale ragione il libro è volutamente composto da asincronie visive. In quel che viene definito editing, ossia nella sequenza delle fotografie pagina dopo pagina, è stata fatta una precisa scelta di passaggi ora dissonanti, ora armonici. Succederà quindi di cominciare un capitolo con un dettaglio che non spiega molto del luogo in cui siamo, per passare immediatamente dopo a un “campo lungo”, una scena più ampia in cui invece siamo catapultati nel contesto. Questo salto di scenari apparentemente “dodecafonico”, se in principio pare destabilizzare la visione, in verità serve allo scopo opposto, ossia a introdurre rapidamente chi guarda le immagini nei luoghi, nelle situazioni del Paese in questione.
Sfogliando questo libro sono molti gli occhi che vi guarderanno: fatevi guardare, fatevi accompagnare dalla loro intensità in quella che l’autore stesso definisce un’altra America perché conoscere questo popolo e le sue tradizioni attraverso le fotografie di Massimo Tennenini rappresenta un’occasione per ampliare le vedute sulla cultura sudamericana e per arricchire la nostra di una otra manera de ver.
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