Il denaro creato dagli Stati nazionali serve a favorire l’accumulazione, in un’ottica di crescita. Le monete sociali dimostrano invece che una moneta può essere creata dal basso e contenere altri valori. Finchè una moneta sociale è collegata a un piccolo territorio, però, non rappresenta quasi mai una minaccia per lo Stato, potenzialmente può tuttavia avere un potere dirompente nella rottura di logiche capitalistiche. Intervista a Ricardo Orzi, docente all’università di Buenos Aires
di Irene Bertana
Una delle storie dell’altro mondo successe in Argentina sono le enormi esperienze di baratto e la creazione di monete sociali sorte alla metà degli anni ’90. Un’altra espressione della composita galassia dell’economia solidale, di cui abbiamo parlato qualche settimana fa con Ricardo Orzi, docente dell’università di Buenos Aires e curatore del libro ‘La moneda social como lazo social‘, che analizza il fenomeno delle monete sociali con attenzione alle esperienze sorte negli ultimi anni o che sono durate nel tempo, e sviluppa alcune riflessioni sull’origine e sulla diffusione della moneta.
Come si può definire una moneta sociale?
La definirei come un accordo tra i componenti di una comunità su di un mezzo di pagamento, è sociale perchè radicata nel territorio e ha come obiettivo la circolazione, lo scambio e lo sviluppo sociale della comunità. Le monete sociali, inoltre, abbattono la distinzione tra produzione e consumo: tutti producono, scambiano e consumano, diventando prosumidor, (in italiano consumattori).
Come nascono le monete sociali in Argentina?
Il baratto, trueque, inizia a diffondersi in Argentina con la crisi, intorno al 1995, in un periodo di drammatica disoccupazione. Le monete sociali sono un fenomeno anticiclico, sorgono spesso in momenti di crisi. Iniziano a diffondersi mercati in cui le persone scambiano ogni tipo di bene e presto emerge la necessità di creare monete per facilitare questi scambi. Si creano tre grandi reti di trueque, che permettono il sostentamento di 1.500.000 famiglie, fino al 2003, periodo di crisi in cui le monete sociali vengono abbandonate.
L’origine quindi è collegata alla necessità più che all’ideologia…
Sì, questo è tipico delle esperienze dell’America Latina, in cui si parte da uno stato di necessità e la riflessione critica e l’azione politica nascono successivamente.
Quali sono i motivi della crisi del trueque?
Con il 2001 e con l’acuirsi della crisi c’è un forte e repentino aumento della dimensione dei mercati. Diventa difficile controllare alcuni fenomeni. Per esempio l’aumento delle attività rende necessario un’ulteriore emissione di moneta, ma in alcuni casi la sovraemissione porta ad un aumento dei prezzi. Si verificano inoltre episodi di falsificazione. Tutto questo incrina la fiducia nelle monete sociali e la mancanza di gestione di questi problemi abbatte la fiducia e determina il loro abbandono.
E io che pensavo che fossero state abbandonate con la fine della crisi economica! È esattamente il contrario…
Sì, non c’è stata la capacità di gestire l’espansione del mercato e mantenere il carattere sociale di queste monete. La fiducia è essenziale per l’esistenza di una moneta, che senza fiducia torna ad essere un pezzo di carta. Infatti le monete sociali che hanno saputo controllare meglio questi fenomeni sono soppravvissute. E noi le stiamo studiando, per dimostrare che non sono un fenomeno contestuale ad una crisi, destinato ad estinguersi. Basti pensare che nel mondo, ad oggi esistono tra le 4000 e 5000 esperienze di scambio locale non basato sulla moneta corrente.
Wow! E qual’è il loro rapporto con l’economia capitalista?
La loro esistenza non fa che provare che l’economia è mista. In un sistema convivono diverse logiche: come dice Polanyi i rapporti tra economia e società possono essere regolati dallo scambio di mercato, dalla redistribuzione e dalla reciprocità. Le tre logiche coesistono, ma solitamente una prevale sulle altre. Penso che siamo in un periodo di transizione dal capitalismo ad una forma in cui la reciprocità e lo scambio solidale avranno un ruolo più importante, ma le transizioni sono lunghe, bisogna esserne consapevoli e non scoraggiarsi. Basti pensare che la transizione dal sistema feudale al sistema capitalista è durata qualche secolo!
E il rapporto con le monete ufficiali?
Sono la dimostrazione della neutralità della moneta. La teoria economica neoclassica ci racconta la favola della moneta creata come mezzo di scambio, che supera i problemi legati al baratto. Ma gli studi di antropologi come Strauss, Malinowski e Mauss dimostrano che la moneta esisteva a fianco del baratto, con una funzione sociale, legata al prestigio più che allo scambio. La teoria neoclassica inscrive nella moneta una serie di caratteristiche. È creata dallo stato nazionale, volta all’accumulazione, in un’ottica di crescita. Le monete sociali dimostrano che una moneta può essere creata dal basso e contenere altri valori. Finchè una moneta sociale è collegata a un piccolo territorio non rappresenta una minaccia per lo stato, ma potenzialmente può avere un potere dirompente nella rottura di logiche capitalistiche. Io sono dell’idea che la moneta sociale sia un’istituzione necessaria nella transizione verso un’altra economia.
Questo è un estratto delle tre ore di chiaccherata con Orzi grazie alle quali ora sappiamo un po’ di più sulle monete sociali, abbiamo aggiunto due libri al nostro bagaglio (sia culturale che materiale), siamo andati a dormire con un po’ più di speranza e ci siamo ripromessi di ritornare presto sull’argomento.
EkaBank dice
Per ridistribuire la ricchezza
La specie umana sta provocando il proprio collasso e forse l’estinzione a causa del superamento della capacità della natura di rigenerare le risorse che utilizziamo e dell’inquinamento. Questa insostenibilità ambientale è provocata dall’eccessiva disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza e dei consumi:
Con il progressivo aumento di distribuzione del reddito dal lavoro al profitto e l’aumento della speculazione finanziaria, una minoranza è sempre più ricca e consuma il superfluo mentre la maggioranza è sempre più povera. Il 50% delle emissioni è provocato dai consumi dell’1% più ricco della popolazione. Una delle ultime ricerche sul prevedibile collasso è questa:: http://www.atmos.umd.edu/~ekalnay/pubs/2014-03-18-handy1-paper-draft-safa-motesharrei-rivas-kalnay.pdf.
L’unica possibilità per invertire questa prospettiva è cambiare i rapporti fra di noi e fra noi e la natura.
È quindi necessario ridistribuire equamente la ricchezza per permettere la sopravvivenza e la piena realizzazione di ogni essere umano eliminando gli eccessi e producendo per soddisfare i bisogni di tutti e non per il profitto di pochi. Non ci sono valide alternative a questa scelta.
Ma come si può riuscire a ridistribuire la ricchezza? Bisogna partire dal denaro e dal credito. Il denaro di oggi è rappresentato da moneta a corso legale creata dal nulla dal sistema bancario, come ammette ultimamente la stessa Bank of England con «Money in the modern economy: an introduction»
(http://www.bankofengland.co.uk/publications/Documents/quarterlybulletin/2014/qb14q101.pdf) e «Money creation in the modern economy» (http://www.bankofengland.co.uk/publications/Documents/quarterlybulletin/2014/qb14q102.pdf).
In sostanza, la moneta a corso legale non è altro che una cambiale senza scadenza emessa – sotto forma di un biglietto di carta (banconota) o di registrazione elettronica – dal sistema bancario ogniqualvolta concede un prestito. Quando la banca concede un prestito crea dal nulla moneta per l’importo del prestito e lo accredita su un conto di deposito a favore del beneficiario del prestito. Per la banca emittente, il prestito diventa un’attività ed il conto di deposito diventa una passività. Per il beneficiario, il prestito è una passività ed il deposito un’attività. Sul prestito maturano interessi. In questo modo, il sistema bancario guadagna gli interessi su tutti i prestiti concessi emettendo moneta creata dal nulla, cioè inesistente prima della concessione del prestito.
Chi controlla il denaro, cioè la moneta a corso legale, ed il credito? La risposta è nota: le banche. E chi controlla le banche? Pochissime persone tanto potenti da riuscire a non farsi nemmeno vedere che decidono i destini dell’intera umanità. Chi controlla il denaro ed il credito controlla il mondo e quindi anche l’informazione, la cultura, la scienza, le imprese, gli stati, gli eserciti, le chiese, etc. e vuole conservare ed aumentare il suo potere ad ogni costo. Prima sottraendo valore all’economia reale e, quando non basta più (perché il totale dei guadagni che pretende la finanza supera il totale dei profitti dell’economia reale) sottraendo valore alla ricchezza sociale prodotta in passato (i risparmi, i beni reali come i fabbricati, etc.), cioè ai popoli, a tutti i popoli del pianeta.
È quindi inutile chiedere di cambiare a chi ha un interesse contrario a chi lo chiede. Anche le elezioni sono solo farse. Vince chi dispone di più denaro. Qualche eccezione non cambia la realtà nel suo insieme. Come sono inutili le contestazioni, le manifestazioni. E sono negative le sommosse, le rivolte, le insurrezioni. La storia dimostra che le stesse rivoluzioni hanno soltanto cambiato le persone al potere e mai i rapporti fra chi ha di più e chi ha di meno o nulla. Chi ha ottenuto risultati? Nessuno, a parte gli opportunisti.
L’unica soluzione per ridistribuire la ricchezza è utilizzare alcuni dei mezzi dei dominanti in modo diverso e libero dal loro controllo, ad iniziare dal credito. Un sistema di credito comunitario formato da miliardi di persone e completamente estraneo al sistema bancario per dare denaro sulla fiducia e senza interessi a chi ne ha bisogno per vivere e per lavorare può essere l’inizio. È l’unico modo pacifico per passare da un’economia finalizzata al profitto di pochi che sfruttano il lavoro e provocano la povertà di tutti gli altri ad un’economia finalizzata alla soddisfazione dei bisogni vitali di tutti e fondata su libere associazioni formate e gestite direttamente da lavoratori-produttori che partecipano ai rischi ed ai risultati delle attività economiche. Così, cambia la strategia: non chiedere a chi non vuole ma fare con chi vuole. Si può iniziare con http://www.ekabank.org (in italiano http://www.ekabank.org/it/index.html). Quando miliardi di persone in tutto il mondo useranno il denaro ed il credito senza le banche, saranno i popoli a controllare il denaro, la produzione ed i consumi e non chi li sfrutta e li impoverisce. Poi, verrà la moneta del lavoro (www.dhana.org). E niente sarà mai più come prima.
Grazie per l’attenzione.
Cordialmente.
EkaBank Team