di Bruno Tognolini*
Camminavo sul Lungosavena a Bologna, nella mattina fradicia di neve grigia sciolta. Ed ecco un grande ceppo a ciglio del vialetto per vecchi marciatori, ingrovigliato di ramaglie e muschi. Ma guarda, ci sono finestre! Porticine disegnate da rametti inchiodati, uno straccetto che fa piccola tenda. Un filo da stendere con pannicini appesi. Un carrettino di legno giallo. Tre assi a mo’ di insegna su cui è scritto: “Non disturbare – Qui abita – Uno gnomo”. E poco più su, sospeso nella vertigine fra due rami, un ponte di bastoncini di gelato.
Mi son fermato, ho guardato. Commosso, ho meditato.
I bambini sono a lavoro, mi son detto. Fanno la loro parte doverosa, per completare la manchevole realtà. Compagni d’armi, colleghi narratori.
E io cosa sto qui a ruminare, ad ascoltare esperti, a sgomentarmi sul vuoto di un partito, già morto che cammina e ora disfatto come le streghe dei film. Non c’è più la mia parte politica? Non ho più parte? Né arte? No, un momento. La parte può partire, l’arte resta. La parte mi ricresce, l’arte no.
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E intanto che ricresce, i bambini sono al lavoro, come si è visto. Bisogna riparare il mondo, completare la manchevole realtà. E noi? Lasciamo fare a loro? Che vergogna!
Avanti, dunque. All’armi, all’arte. E alla parte, quando si avrà di nuovo da far parte.
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