di Bruno Tognolini*
Alla posta l’impiegata sgrana a lungo davanti alla vecchietta, che vuol convincere a cambiare gestore telefonico, il noto rosario triste di offerte e tariffe. Io attendo in fila, con la mia raccomandata in mano, paziente ma pensoso. Nei voli Ryanair il personale di bordo, con volumi audio sempre più persuasivi, ci infligge coi grattaevinci dei malatini del Meyer una pressante bancarella di profumi e orologi e gadget. Nuove e rutilanti “Public Libraries” (chissà perché in inglese) promettono, accanto a libri e riviste e DVD, la zona caffè con cibo e bevande, il pianoforte come nelle stazioni, piazze attrezzate per giochi di squadra per tutte le età, orti da affidare ai bambini, e così via. Nella celebre libreria Coop Ambasciatori a Bologna, fra vini e oli e confetture bio e profluvi di hamburger Eataly, non son mai riuscito a sognare nuovi incanti da leggere. Ed ecco, alla fine, la notizia che riporta il volantino qui linkato: le biblioteche del bergamasco vendono libri!
Io rifletto. A parte l’allungarsi dell’attesa per la mia raccomandata, non ho null’altro in contrario che agli sportelli la Posta venda anche contratti telefonici, assicurazioni, investimenti finanziari. Purché faccia ancora bene il suo lavoro di Posta, e le mie lettere arrivino bene, in tempo e intere. Apprezzo che le biblioteche e i loro bibliotecari (professionisti o volontari?) apprendano queste nuove elettrizzanti attività di entertainment sociale: purché abbiano anche e ancora il tempo (e la preparazione: e di nuovo, professionisti o volontari?) necessari per leggere i libri che allineano negli scaffali, e capire come offrirli ai loro lettori.
Però: una biblioteca deve proprio anche vendere libri? I proventi son destinati al buon fine, all’acquisto di nuovi titoli per il catalogo, d’accordo. Ma allora ovunque! Ovunque ci son buoni fini che hanno estremo bisogno di proventi. E allora possiamo vendere tutto ovunque.
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I bollini della spesa si fanno in classe
Gesù Nazzareno ha cacciato a bastonate i mercati dal Tempio, ma un bel po’ di tempo è passato, da lui e da Dante, e la gente dimentica. Le chiese non potrebbero ormai, per il buon fine di arricchire il loro budget d’elemosina, riprendere a vendere indulgenze, magari in grattaevinci anche loro? Sei Santi Giacomi seicento anni?
E le scuole? Preparatevi, maestre. Perché non vendere libri anche lì? Sono pur sempre luoghi di cultura. Libri, scolastici e non, e quaderni e zainetti, direttamente in classe. E a quel punto, dopo un corso lampo di formazione, perché non presentare a bambini e genitori, dopo le vacanze, la nuova collezione autunno inverno? Per il buon fine, s’intende, di integrare il sempre magro bilancio dell’Istituto comprensivo!
Siamo sicuri che la soluzione ai nostri guai è che tutti debbano vendere tutto ovunque? E chi compra? Tutti tutto dappertutto? Se tutti i posti si assomigliano a tutti i posti, davvero ci orienteremo meglio nella nostra felice Hamelin Città-Mercato?
Tanti “luoghi deputati”, tanti terreni sacri sono caduti nel frullatore sconsacratore d’identità multipurpose. Speriamo che la chiesa resista. E che resista la scuola, piccolo fragile Fort Alamo, ridicolo eroico pettirosso da combattimento. Maestre! Dirigenti! Per favore, resistete!
Ah, ma dannazione. Forse invecchio. E forse ho mangiato pesante. Ma forse no.
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sabina calogero dice
Nella mia scuola elementare, i libri si vendono. Al momento per una settimana l’anno: si chiama “invito alla lettura” e le mamme “volontarie”, organizzate dal Comitato Genitori, si prestano a gestire un mercato di libri nuovi il cui provento in parte finanzia l’acquisto di libri per la biblioteca scolastica.
A ben guardare i libri si vendono in tutte le scuole, sia quelli di testo (pagati dallo Stato) sia quelli integrativi (letture, dizionari, diari, compiti etc).
A guardare ancora meglio, nelle scuole si vende anche il cibo (le famiglie pagano, anche lì, un appaltatore scelto dal Comune).
E ad essere proprio rompiscatole fino in fondo, si potrebbe segnalare che si vendono anche i servizi: i “pomeriggi integrativi” e perfino i “corsi integrativi” mattutini, a carico dei genitori con il contributo “volontario”.
Mica solo “libri”……
sabina calogero