a cura di Alberto Castagnola
Introduzione
Le notizie di questo mese, se riuscite a vederle inserite in un solo, complesso quadro, costituiscono un messaggio inequivocabile, inviato dal pianeta Terra ai suoi ospiti più sensibili. Il caldo, torrido e prolungato nel tempo; la siccità che copre buona parte dell’Europa e quasi due terzi dell’Italia; il repentino passaggio alle piogge torrenziali, accompagnate da frane massicce; e infine il moltiplicarsi dei cicloni sempre più intensi e veloci. Se qualcuno si ostina ad “attendere il temporale che chiude l’estate” o le “ottobrate romane” sarà duramente costretto a cambiare schema da carenze idriche sempre più pesanti, da acque che dilagano fuori controllo e da venti sempre più veloci e rovinosi. Ci sono poi dei messaggi che sembrano riservati solo agli esperti del settore, come il rapido progredire dell’indice del sovrasfruttamento delle risorse naturali, la moltiplicazione degli incendi o l’inquinamento sovranazionale delle uova, che incidono sul cibo di ogni giorno e sulla disponibilità anche personale di un gruppo di alberi da ammirare. In Italia, alcuni di questi messaggi continuano a cadere nel vuoto: molti incendi sono di natura dolosa, il Vesuvio è a rischio di gravi inondazioni, sappiamo che i comuni a rischio sismico sono 648, ma ancora non si parla di reali interventi di prevenzione, mentre in Sardegna potrebbero ancora autorizzare impianti industriali fortemente inquinanti e alimentati da carbone importato. E invece abbiamo ben poco tempo per impostare un serio mutamento delle strategie governative di interventi precauzionali e per una mobilitazione popolare per un serio rimboschimento. Riflettere e informarsi è necessario e urgente, ma la spinta all’azione dovrebbe prevalere su qualunque indugio burocratico o politico.
Clima ed eventi estremi
- Arriva Lucifero, caldo record su tutto il Lazio 40 gradi. Ondate di calore da bollino rosso. Ancora molti roghi a Roma. Arriva l’anticiclone Lucifero e sarà una settimana infernale per la capitale. Le giornate bollenti partono oggi con le temperature che viaggeranno sui 40 gradi a Roma, con l’ufficiale “ bollino rosso” del ministero della Salute, anche per Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo. Ondate di calore record quindi da “livello 3” classificato per domani, il più alto, con possibili effetti negativi sulla salute di tutte le persone non solo di anziani, bimbi piccoli e malati cronici. (…) Roma ha sete e brucia nello stesso tempo da mesi ormai. Anche ieri oltre 90 interventi dei vigili del fuoco. L’incendio più grande si è sviluppano nel Comune di Bracciano, problemi di nuovo anche sulla via Pontina, roghi a Guidonia Montecelio, sulla via Tiburtina, in via Colaianni e in via Maremmana. (Corriere della Sera, 1 agosto 2017, pag.5 cronaca; poi “Nella morsa dei 50° percepiti”, il 2 agosto, pag. 21; il 3 agosto, pag. 3 cronaca e pag.24 cronache; 4 agosto pag.2 cronaca).
- La Terra a rischio, divorate le risorse. Gli umani hanno contratto un debito ecologico enorme con il pianeta Terra, non onorarlo è impossibile, pena l’estinzione. Ieri, 2 agosto, l’umanità ha consumato tutte le quantità di risorse naturali che la Terra è in grado di generare ogni anno: in otto mesi ci siamo “mangiati” quello che avremmo dovuto utilizzare nell’arco di dodici mesi. L’infelice ricorrenza si chiama Overshoot Day, il giorno del sovrasfruttamento, ed è qualcosa di più di un campanello di allarme: secondo il Global Footprint Network per soddisfare l’insano appetito del nostro modello di sviluppo ci vorrebbero quasi due pianeti (1,7) E’ a partire dagli anni ’70 che la ricorrenza ha cominciato a cadere prima della scadenza naturale del 31 dicembre. Quasi inutile aggiungere che il 2 agosto rappresenta un record negativo e che l’obiettivo è invertire la tendenza (l’anno scorso era l’8 agosto). In Italia il giorno del sovrasfruttamento è arrivato lo scorso 19 maggio. Significa che siamo uno dei paesi più impattanti, con una impronta ecologica più alta della media mondiale. Prima del 1965 la necessità di sfruttare le risorse dalle aree agricole, dalle foreste, dai pascoli e lo spazio “rubato” per le infrastrutture era inferiore alla capacità naturale di produrre risorse (oggi in cinque mesi l’Italia esaurisce il suo budget di risorse). Si chiama sviluppo insostenibile. Limitandosi al mare, colpisce da data del 31 marzo. È in quel giorno che in Italia si esaurisce il pescato nei nostri mari, significa che per i restanti nove mesi dipendiamo dal pesce importato dall’estero. (…) Anche perché non è un mistero il modo in cui gli esseri umani consumano le risorse. Il 60% corrisponde alla “richiesta di natura” necessaria per l’assorbimento delle emissioni di anidride carbonica (dimezzare le emissioni di Co2 significherebbe posticipare la data di circa tre mesi). Poi c’è la produzione di cibo, che si mangia il 26% dell’impronta ecologica del pianeta: “Se dimezzassimo lo spreco, mangiassimo a basso contenuto proteico e seguissimo una dieta adeguata in termini di calorie , potremmo ridurre l’impronta ecologica del 22%”. (…) ((Il Manifesto, 3 agosto 2017, pag. 7, con altro articolo su “Cemento selvaggio, spiagge asfaltate” sul dossier dei Verdi “2017 odissea nella spiaggia”)
- Cortina, la maledizione delle frane, una donna travolta e case evacuate. Il geologo: nella valle ci sono 300 punti a rischio crollo. A impressionare sono i macigni, grandi come camion rotolati per chilometri giù dal Cristallo fino a tranciare la strada per il passo Tre Croci. E poi più giù ancora, lacerando l’alveo del torrente Bigontina, travolgendone i ponti, fino alle prime case di Cortina. Tutto è successo in pochi minuti, tanto è durata la tempesta d’acqua che s’è abbattuta due notti fa nella cittadina veneta. Milioni di metri cubi di detriti e fango trascinati a valle. (…) (Corriere della Sera, 6 agosto 2017, pag. 19 cronache)
- Nubifragi e fulmini, quattro vittime, tragedia al raduno dei pacifisti. Un albero colpisce il tendone di una sagra nel Veneto, frane e trombe d’aria in Lombardia. Il bilancio della prima domenica estiva di maltempo sul Nord Italia sembra un bollettino di guerra: quattro vittime e due dispersi. (…) I temporali hanno flagellato a partire dalla tarda serata di sabato nelle zone alpine centrali e orientali. (…) Alto Adige, Stelvio, il ghiaccio cede: stop allo sci estivo dopo 90 anni. Il riscaldamento globale scioglie da tempo i ghiacciai di Tonale e Presanella, ma lui restava una certezza. Inscalfibile, lo Stelvio era lì, d’estate con le sue piste da sci, palestra per generazioni di olimpionici e leggende del circo bianco. Eppure alla fine è stato costretto a cedere anche lui. Da ieri, skilift fermi per la prima volta dagli anni Trenta, quando furono realizzati gli impianti di risalita che collegano il passo a 2757 metri di quota con la Punta Gaiser, 700 metri più in alto. Per una diecina di giorni, intanto. Poi si vedrà. (…) (Corriere della Sera, 7 agosto, 2017, pag. 18)
- Roghi senza fine, muoiono tre persone. Incendi da Nord a Sud, due donne tra le fiamme a Tivoli, un contadino ad Acerra. (…) Una situazione molto critica a conferma del desolante record, che incorona l’Italia come primo paese d’Europa colpito da incendi boschivi (ad oggi più di 400 roghi contro i 43 della Spagna e i 22 della Francia. Uno sguardo più di lunga durata restituisce l’entità della catastrofe: tra il 1980 e il 2015, secondo uno studio Ue, in Italia sono andati persi 3,852 milioni di ettari di bosco. In tutta Europa oltre 16 milioni, e le aree più colpite sono lungo la fascia Mediterranea. (…) (Il Manifesto, 6 agosto 2015, pag.5)
- Inchiesta in Sicilia: candeline per le torte, così i vigili volontari appiccavano incendi per 10 euro all’ora. Ragusa, un arresto e quattordici denunce. (Corriere della Sera, 8 agosto 2017, pag.7, con mappa europea degli incendi; cfr. anche Il Manifesto, stessa data, pag.5)
- Clima, sfida alla Casa Bianca. Il presidente Usa potrebbe bloccare il rapporto che conferma il legame tra le attività dell’uomo e il surriscaldamento. (…) Il messaggio, chiaro e diretto, arriva dagli scienziati di 13 agenzie federali americane, che in netto contrasto con le politiche del presidente, rilanciano l’allarme sul clima con un rapporto ora fermo per la firma alla Casa Bianca. Ci ha pensato ieri il New York Times a pubblicarlo integralmente. Alcuni scienziati, infatti, temono che il presidente possa bloccarne la pubblicazione o addirittura cambiarne delle parti perché non interferisca con la sua decisione di uscire dall’accordo di Parigi. Il rapporto, firmato dalla National Accademy of Science, rientra nel National Climate Assessment, la valutazione sul clima richiesta dal Congresso ogni quattro anni. Di fatto, è una elaborata sintesi di migliaia di studi pubblicati dai più prestigiosi centri di ricerca, con focus sugli Stati Uniti. (…) Allarmanti anche le rilevazioni negli Stati Uniti, – secondi solo alla Cina oggi per emissioni di gas serra – , e nell’Artico. “ Le temperature medie annuali in Alaska e nella regione artica sono aumentate negli ultimi cinquant’anni ad un tasso doppio rispetto alla media globale, ed è “virtualmente certo che attività umane hanno contribuito a partire dal 1979”. (,,,) (Corriere della Sera , 9 agosto 2017, pag. 13, con una mappa con evidenziate le coste e le città a rischio per l’innalzamento del livello del mare; cfr. anche Il Manifesto dello stesso giorno, pag. 9)
- Vesuvio, l’allarme del CNR, dopo l’emergenza incendi arriva il rischio inondazioni. (…) L’area del vulcano percorsa dal fuoco supera i 1980 ettari: circa 960 ettari di vegetazione sono completamente distrutti; 770 molto danneggiati. Quando si fermeranno le fiamme cominceranno le piogge e la popolazione passerà da una emergenza all’altra. (…) Quello che preoccupa è la mancanza di una rete idrografica, per cui un eventuale deflusso rapido di pioggia potrebbe trascinare i resti degli incendi: “Sul Vesuvio per molti anni si è costruito senza regole – spiega Ortolani -, i valloni lungo i quali scendeva l’acqua piovana spesso sono stati ricoperti per creare strade. I flussi detritici e i percorsi utilizzati dagli abitanti si incrociano. Le vie di scorrimento scendono alle pendici dove ci sono paesi densamente popolati. Il flusso fangoso-detritico rapido potrebbe causare devastazioni , soprattutto in seguito a nubifragi intensi”. Gli incendi hanno peggiorato molto il quadro. La cenere che ha ricoperto la superficie del vulcano ne provoca l’impermeabilizzazione, la pioggia non penetra nel suolo ma scorre . Soprattutto nelle parti più inclinate – prosegue Ortolani – possono evolvere in un breve lasso di tempo in scrosci catastrofici, in grado di causare danni considerevoli. Come già successo a Montuoro Superiore, sono stati sufficienti 14 ettari di versante boscato incendiato per originare un getto detritico devastante”. (…) (Il Manifesto, 10 agosto 2017, pag. 7)
- Ma quanto è caldo il caldo percepito? Cinquantaquattro gradi percepiti in Campania, 50 a Ferrara e 48 nel Lazio (…) La differenza è che i dati snocciolati da Gore – come il fatto che per la prima volta nella storia umana i gas inquinanti hanno superato per tutto l’anno la quota di 400 parti per milione – sono misure oggettive, mentre quella delle temperature percepite è una guerra di numeri che cela margini di soggettività, confronti tra quantità ottenute in modo diverso e disordine su una figura che sta diventando sempre più importante nella società, quella del biometeorologo. Una figura affascinante, perché, forte di una interdisciplinarietà che richiama l’uomo rinascimentale, si colloca al crocevia tra fisica, medicina, urbanistica e scienze sociali. Ma il turbinio di linguaggi e formule in cui il biometeorologo può esprimersi richiedono attento e in grado di distinguere , pena la confusione dei giorni scorsi e una temperatura percepita che sembra essere una, nessuna e centomila. “In realtà è un concetto che non esiste in natura: più che parlare di temperatura percepita dovremmo parlare di parametri che danno una informazione sul disagio termico. Nella semplificazione dei media le temperature percepite vengono date in gradi, ma è improprio. Si tratta invece di numeri adimensionali, utili solo a suggerire un indice di pericolosità del caldo e del freddo” (…) Gli indici della temperatura percepita sono innumerevoli, hanno origini diverse – che vanno dalla climatologia alla medicina del lavoro, alla ricerca militare – e sono per lo più inconfrontabili tra loro. Negli indici più usati per mettere in guardia contro il solleone i fattori chiave sono due: la temperatura ambientale e l’umidità. (…) Gli indici di valutazione dello stress termico, e quindi i diversi modi di intendere la temperatura percepita sono oltre 150. (…) L’indice oggi più completo, l’UTCI, l’indice universale del clima termico, tiene conto di fattori come vento, radiazione solare, andatura della persona, e usa un modello termofisiologico che divide il corpo umano in tanti segmenti e tiene conto anche dei diversi capi di vestiario. Esprime una “temperatura equivalente”. (…) Se in Italia utilizzassimo tutti lo stesso indice, allora potremmo fare confronti tra regioni e città. Ma non è così: in Toscana utilizziamo la “temperatura apparente”, indice tra i più completi definito negli anni ’70 e oggi stiamo valutando di passare all’UTCI. Nel Lazio invece si usa il più vecchio indice “Humidex” ( temperatura più percentuale di umidità). In Emilia e Romagna l’indice di Thom (temperatura di un termometro a secco, umidità ricavata attraverso la temperatura di un termometro avvolto da garza imbevuta d’acqua) che risale agli anni ’50….”. (La Repubblica, 13 agosto 2017, pag. 8 e 9).
- Sierra Leone, oltre trecento vittime. Il “Monte di zucchero” si scioglie e frana, la capitale sotto il fango. In Sierra Leone sono abituati alle alluvioni. Meno agli smottamenti: nessuno poteva prevedere che una fetta di quella collina dall’aspetto così massiccio e dal nome così dolce (Sugar Loaf, Pan di zucchero) si sarebbe disfatta sotto l’acqua. O forse sì, qualcuno poteva e doveva: anche nel paese degli schiavi liberati, come in molte altre parti del mondo, i poveri tirano su abitazioni con il fango e la lamiera, in zone che non sono sicure, spesso a ridosso di città sovrappopolate. (…) L’Oms stima che i morti per il cambiamento climatico saranno 250.000 in più ogni anno tra il 2030 e il 2050. (…) (Corriere della Sera, 15 agosto 2017, pag. 13, con foto; cfr. anche La Nuova Sardegna dello stesso giorno, pag. 13)
- Buen vivir a rischio. In Bolivia una strada di 306 chilometri taglierà in due un parco. Si riaccende in Bolivia il conflitto intorno al Tipnis, il Territorio Indigeno e Parco Nazionale Isiboro Sècure, minacciato dalla costruzione di una strada di 306 chilometri tra i dipartimenti di Cochabamba e Beni: la strada Villa Tunari- San Ignacio de Moxos, il cui secondo tratto taglierebbe in due il parco, sulla cui superficie di 1,2 milioni di ettari vivono 68 comunità indigene. (…) (Il Manifesto, 17 agosto 2017, pag. 8).
- Sepolture di massa dopo la frana in Sierra Leone. A Waterloo, nei pressi di Freetown, è il momento delle fosse scavate in serie per accogliere le vittime della rovinosa inondazione e della frana che lo scorso 14 agosto ha colpito la zona. Al momento sono 400 le vittime accertate, almeno 600 i dispersi, oltre tremila le persone che hanno perso la pur misera abitazione. (…) Il cimitero era stato ribattezzato “Il cimitero di Ebola” durante l’epidemia che colpi il paese africano nel 2014. (Il Manifesto, 18 agosto 2017, pag. 14, con foto)
- Piogge torrenziali. Agartala, India. Le piogge monsoniche cadute in Asia meridionale hanno provocato la morte di almeno 250 persone in una settimana nel nord dell’India, nel Sud del Nepal e in Bangladesh , dove si stima che ci siano 2,6 milioni di sfollati. La maggior parte dei morti è stata registrata nel Nepal, dove le piogge torrenziali hanno causato valanghe. La situazione potrebbe peggiorare per l’esondazione dei numerosi fiumi della regione, dato che le piogge continueranno fino a settembre. ( Internazionale n. 12 18, 18 agosto 2017, pag. 26, con foto)
- Troppo caldo, addio al lago del Valle d’Aosta. Il lago del ghiacciaio del Grand Croux, nella valle di Cogne, dopo lo svuotamento improvviso della scorsa estate non si è riformato. La conca che ospitava il lago glaciale è totalmente priva di acqua e di porzioni di ghiaccio residuo. (…) Segnalato per la prima volta nel 2003, il lago normalmente si formava a seguito della fusione del ghiaccio, per poi svuotarsi in maniera naturale. Un ciclo che fino all’anno scorso si è ripetuto periodicamente. (La Stampa, 19 agosto 2017, pag.24).
- Natura al rogo. L’inferno sul monte Morrone. Sulmona con il fiato sospeso. Majella, il fuoco da sabato ha divorato più di un centinaio di ettari di vegetazione. (…) Sono state interessate ampie fasce della riserva integrale. Danni gravissimi alla biodiversità del Parco, in una zona tra le più belle e di pregio. Danni che saranno visibili per anni. Tutto questo mentre il sistema di videosorveglianza del Parco non è funzionante. L’impianto, del 2003, dovrebbe servire proprio per la supervisione ambientale (…) La procura di Sulmona sull’accaduto ha aperto una inchiesta, le forze dell’ordine sono al lavoro, a caccia dei piromani che si sono dati molto da fare anche di notte. (…) Rinvenuti sei inneschi. (…). ( Il Manifesto, 23 agosto 2017, pag. 5; l’area continua a bruciare , cfr. Il Manifesto, 27 agosto 2015, pag. 6)
- Meno terreni coltivati. Per la prima volta da quando abbiamo dei dati statistici al riguardo, la superficie coltivata nel mondo sta diminuendo. “Ogni due anni viene abbandonata un’area grande come il Regno Unito”, scrive New Scientist. La rivista britannica si chiede se la tendenza sia consolidata e quali opportunità possa offrire. In realtà nelle regioni tropicali è ancora in atto la deforestazione, ma nelle arre temperate e in quelle aride molti terreni stanno tornando alla natura. Le cause sono soprattutto l’impossibilità di competere con l’agricoltura intensiva, la crescita del commercio mondiale e l’urbanizzazione. Anche il cambio di abitudini dei consumatori ha un ruolo. Per esempio, la sostituzione della lana con il cotone e le fibre sintetiche ha ridotto l’allevamento delle pecore e ha portato alla rinaturalizzazione dei pascoli. Su come affrontare la questione i pareri sono discordi. L’UE spende grandi somme di denaro per mantenere i terreni agricoli, anche se improduttivi, con l’obiettivo di tutelare la sicurezza alimentare. Secondo New Scientist, restituire queste aree alla natura servirebbe invece a combattere il cambiamento climatico e a rilanciare il turismo. (Internazionale n.1219, 25 agosto 2017, pag. 91)
- Otto dispersi nella frana al confine svizzero. Bregaglia, Svizzera. E’ di otto dispersi l’ultimo bilancio delle autorità svizzere a quasi due giorni dalla gigantesca frana che si è staccata mercoledì nel Canton Grigioni. Le ricerche, via terra e con l’aiuto degli elicotteri, hanno coinvolto oltre 120 persone, ma al momento non è stato possibile localizzare gli escursionisti svizzeri, tedeschi e austriaci, che erano nella zona più colpita. Le autorità elvetiche parlano della “più grande frana degli ultimi decenni nel Grigionese”. (…) Dal Pizzo Cengalo si è staccata una massa di circa quattro milioni di metri cubi. A detta del dirigente dell’ufficio forestale della zona, “un altro milione di metri cubi è in movimento”. La Val Bondasca, da 3mila metri di altitudine fino a circa quota 800, è stata spazzata via. (…) (Corriere della Sera, 25 agosto 2017, pag. 17, con foto).
- Arriva l’uragano del decennio, Harvey mette alla prova l’America. La più grande tempesta da più di un decennio, “pericolosissima, potenzialmente mortale”. Ieri le tv continuavano a trasmettere le immagini di Harvey visto dallo spazio mentre l’uragano, che aveva già raggiunto la categoria 3 della scala Saffir Simpson si avvicinava enorme e minaccioso alla costa centrale del Texas, dove dovrebbe “atterrare” in mattinata. L’ultima tempesta di tale portata risale all’ottobre 2005, quando Wilma colpì la Florida causando la morte di 87 persone. E prima, ad agosto dello stesso anno, l’immane tragedia di Katrina, che devastò New Orleans uccidendo quasi duemila persone. Il centro dell’emergenza è l’area intorno a Corpus Christi, oltre 300mila abitanti sulla costa, poi l’uragano dovrebbe tornare sul Golfo del Messico prima di coinvolgere nuovamente Houston, la quarta città più grande degli Stati Uniti e tra le aree più densamente popolate del paese con 5,6 milioni di residenti. (…) Ci si aspetta che la tempesta porti fino a un metro di pioggia e venti a 210 chilometri all’ora che soffieranno l’acqua dell’oceano sulle coste. (…). (Corriere della Sera, 26 agosto 2017, pag. 12, con foto e mappe)
- Anno devastante, per gli esperti il peggiore dal 2010. Sarà una stagione da paura sul fronte uragani, la più devastante del decennio. L’agenzia meteorologica statunitense, la Noaa, lo scrive sul suo sito: “La stagione ha il potenziale di essere estremamente attiva e potrebbe essere la più attiva dal 2010”. Secondo i meteorologi , la colpa è del mancato arrivo quest’anno del Nino, il riscaldamento anomalo del sud del Pacifico. Fra i suoi effetti, ha anche quello di contenere gli uragani dell’Atlantico, per un gioco di correnti d’aria. Ma la causa dei cicloni di questa estate sono anche le acque più calde dell’Atlantico tropicale. (…) La stagione dei cicloni atlantici sui Caraibi e l’America centrosettentrionale comincia per convenzione il primo giugno e finisce il 30 novembre. Quest’anno, scrive la Noaa, “solo nelle prime nove settimane della stagione ci sono state sei tempeste tropicali, metà di quelle che si verificano in una normale stagione di sei mesi, e il doppio di quelle che si verificano entro metà agosto”. La media stagionale è 12 tempeste tropicali, sei delle quali diventano uragani, compresi tre grandi uragani. Harvey è il terzo uragano della stagione. Prima ci sono stati Franklin, dal 9 al 10 agosto, e Gert, dal 14 al 17 agosto”. (La Nuova Sardegna, 26 agosto 2017, pag. 13)
- Ho dato al governo l’elenco dei 550mila edifici vulnerabili nei Comuni più a rischio. I Comuni a rischio sismico e idrogeologico sono 648. Il rapporto di “Casa Italia”, il team di 17 super esperti (geologi, urbanisti, ingegneri strutturisti, economisti…), di 200 pagine, è stato consegnato al governo, che adesso dovrà metter in piedi un dipartimento per individuare le modalità e i tempi di intervento. (Corriere della Sera, 26 agosto 2017, pag. 17)
- Dopo l’uragano il Texas teme le inondazioni. La tempesta Harvey ha provocato ieri danni gravissimi in Texas. Nella notte di venerdì la perturbazione – che da uragano categoria 4(su 5) è stata declassata fino al livello 1 (tempesta tropicale) – si è abbattuta sulla cittadina di Corpus Christi, vicino Houston, e sulla costa dello stato, causando la morte di almeno una persona. Decine di edifici sono stati scoperchiati, le piogge torrenziali (fino a 127 centimetri) hanno allagato le strade lasciando 250mila texani senza elettricità e benzina. Migliaia di persone sono state evacuate dalle loro case. gli esperti temono “inondazioni catastrofiche” nei prossimi tre giorni di pioggia. (Corriere della Sera, 27 agosto 2017. Pag.16)
- Inondazioni catastrofiche e senza precedenti. La tempesta Harvey travolge la costa del Texas. Almeno 5 morti. A Houston aeroporti isolati, evacuati anche gli ospedali. Danni compresi tra i 20 e i 40 miliardi di dollari. (Corriere della Sera, 28 agosto 2017, pag. 12 e 13, con episodi, foto e commenti. Cfr. anche La Repubblica del 29 agosto, pag.16 e 17, con foto, che indica la cifra di 18 morti; e Il Manifesto, pag. 8).
- L’effetto deserto dopo 100 giorni. Italia, primavera asciutta, piogge in calodell’80%, ondate di calore. Il suolo non assorbe più. (…) Nei primi sei mesi dell’anno è caduta meno della metà della pioggia attesa. “Il fatto nuovo è che si sono allargate le zone dove si registra la siccità. Il mese passato due terzi dell’Italia registravano livelli di siccità preoccupanti”. “E’ chiaro che è in corso da noi una modificazione del regime meteoclimatico” dice diplomaticamente Anna Luise, esperta di desertificazione dell’Ispra. Per questo, suggerisce, ”è urgente un piano di azione di adattamento alla siccità. Questi episodi non solo si ripeteranno ma lo faranno con maggiore frequenza e intensità”. (Corriere della Sera, 30 agosto 2017, pag. 9, con cartine degli indici di siccità).
- In Texas paura per i laghi esondati . (…) Intanto a Houston , quarta città degli Usa dove molte strade si sono trasformate in fiumi, nuovi rischi arrivano dai serbatoi – pensati per contenere le piogge e non far debordare i fiumi – che per la prima volta si sono riempiti al punto da tracimare nonostante il tentativo di aprirli in modo controllato. Nella contea di Brazoria, a sud, uno degli argini dei laghi Columbia è stato sfondato dall’acqua provocando la richiesta di evacuare l’area circostante. (…) gli sfollati potrebbero arrivare a 30mila. Oltre 9mila sono già nel Convention Center della città, che di regola potrebbe contenerne poco più della metà. “Ma non è il Superdome”, ha detto il capo della Fema , riferendosi allo stadio dove i superstiti di Katrina (12 anni fa) rimasero isolati in condizioni disumane. E proprio New Orleans si prepara ad essere toccata da Harvey, con la tempesta che si sposta verso la zona a est di Houston e la Louisiana. Non sarà finita prima di una settimana. E sabato Trump dovrebbe tornare nelle zone colpite. (Corriere della Sera, 30 agosto 2017, pag. 15, con foto)
- Trentamila evacuati e 30 morti. La furia di Harvey sulla Louisiana. (…) Un altro rischio tenuto sotto vigilanza . gli impianti petroliferi, petrolchimici e chimici abbondano in questa regione, alcuni possono riversare sostanze tossiche nell’acqua o nell’atmosfera. (…) Prima che Harvey si sia ritirato, secondo le stime degli esperti, avrà rovesciato nel solo Texas 25 “trilioni” di galloni di acqua, una quantità che tradotta in sistema metrico darebbe quasi 800 milioni di tonnellate d’acqua o 95 milioni di metri cubi. Nulla di simile è mai accaduto nella storia degli Stati Uniti secondo gli esperti meteo. Il bilancio dei danni economici, del tutto aleatorio, cresce di ora in ora. La popolazione che risiede nelle aree colpite : 13 milioni. (La Repubblica, 31 agosto 2017, pag. 14)
- Pozzi e raffinerie fermi. “Danni per 75 miliardi” Colpita l’America del petrolio. Stime di Goldman Sachs: l’area colpita vale il 10% dell’economia Usa, si perderà almeno lo 0,2% del Pil. (…). Lungo la costa del Texas e della Louisiana si concentrano il 47% delle raffinerie del paese. Molte hanno dovuto chiudere i rubinetti. Di fatto, oltre 4 milioni di barili al giorno di benzina non arrivano più ai distributori d’America. Praticamente è di colpo sparito un quarto della benzina nazionale. Per rimetterle in funzione ci vuole almeno una settimana, ma, oggi, nessuno è in grado di prevedere quando le forniture elettriche torneranno regolari e il lavoro potrà riprendere. L’effetto sui prezzi e sui futuri consumi sarà pesante. Non lo si vede ancora alla pompa, ma già sui mercati finanziari : a Wall Street, il “future” sulla benzina, consegna a ottobre, è salito di oltre il 10%, rispetto ai giorni precedenti all’uragano. Anche i pozzi e le piattaforme che estraggono il greggio hanno dovuto fermarsi: la produzione di petrolio è scesa di 1,4 milioni di barili al giorno, l’equivalente del 15% di tutto il greggio americano. Il prezzo, in questo caso però è sceso, ma il paradosso è solo apparente. Di greggio, nei depositi d’America, ce n’è anche fin troppo da anni e la chiusura delle raffinerie della costa texana farà mancare il principale cliente, intasando ancora di più i depositi. C’è , tuttavia, una ulteriore incognita che pesa sulle valutazioni di Harvey. Riguarda ancora il petrolio, ma non le piattaforme offshore del Golfo. Piuttosto, il centro del miracolo energetico americano degli ultimi anni: lo shale. Il Texas, con i due bacini Eagle Ford e Permian, è la regione in cui l’utilizzo massiccio del fracking , la tecnica di frantumazione delle rocce per estrarne petrolio, ha proiettato gli Stati Uniti verso l’indipendenza energetica. Il boom ha meno di dieci anni e nessuno ha chiaro in mente il reticolo di oleodotti, stazioni di pompaggio, terminali petroliferi lungo la costa costruiti questi anni di espansione frenetica per servire una miriade di pozzi che si moltiplicano e mutano continuamente , perché la vita media di un pozzo da fracking è di due anni. E, dunque, quale grado di devastazione può avere creato il metro e mezzo di acqua che l’uragano ha scaricato a terra. Non solo. Inesorabilmente legata alla pressione interna del pozzo , l’estrazione via fracking potrebbe essere compromessa da ripetute interruzioni. Solo quando le acque si saranno ritirate si potrà capire lo stato di salute dell’ala più dinamica dell’industria petrolifera americana. (La Repubblica, 31 agosto 2017, pag.15
Foreste e incendi, miniere e suolo
- Il prezzo del lavoro nel Sulcis, raddoppiano i fanghi tossici. Gli operai senza lavoro e i dubbi sul piano di rilancio. Per riattivare la fabbrica un bacino con nuove scorie di 178 ettari e più alto dello stadio di San Siro. La battaglia degli ambientalisti per salvare l’area. Eurallumina S.p.A viene fondata nel 1968 per produrre ossido di alluminio, ricavato dalla lavorazione della bauxite. L’impianto di Portovesme era l’unico per la raffinazione della bauxite nel Mediterraneo con una capacità produttiva di 1,1 milioni di tonnellate. Dopo molti passaggi proprietari , oggi la russa United Company Rusal Limited controlla al 100% Euroallumina. Nel 2009 la crisi dell’alluminio ha portato alla messa in cassa integrazione dei 450 dipendenti diretti. Sono in corso trattative pubblico-private per la riapertura dello stabilimento. Il progetto prevede l’installazione di una centrale a carbone nell’impianto per la produzione dell’energia elettrica necessaria all’attività. E l’innalzamento del bacino dei fanghi rossi da 20 a 46 metri . una scelta molto dibattuta. (…) “La Sardegna non produce bauxite e, perfino con favorevolissime condizioni di costo ( e non è questo il caso), sarebbe antieconomico importare allumina ed esportare alluminio” , scriveva nel 2012, nelle vesti di economista, l’attuale governatore Francesco Pigliaru. “Non c’è un mercato al mondo in cui questo accade” accusava sicuro. Spiegando che “mentre si discute di Alcoa, in Russia e in Arabia Saudita – dove esiste un costo dell’energia incomparabilmente più basso – realizzano impianti grandi 5 o 6 volte lo smelter di Portovesme, con enormi economie di scala capaci di ridurre ulteriormente i costi. Il problema supera i confini regionali: riduzioni importanti di capacità produttiva sono in programma in tutta Europa. Una classe politica seria dovrebbe dirsi e dire che ragioni strutturali e non di congiuntura impediscono che queste produzioni possano continuare a offrire un credibile futuro economico”. Parole d’oro. Eletto governatore , ha cambiato idea. (…) Il disegno della nuova società prevede che la bauxite per la produzione di allumina dovrà essere importata dall’Australia o dalla Nuova Guinea, che la fabbrica sarebbe alimentata da una nuova “centrale a carbone” (anche questo importato da fuori visto che le miniere del Sulcis sono chiuse da anni dopo decenni e decenni di bilanci in rosso per la cattiva qualità del materiale ) e infine che oltre alla costruzione di una gigantesca gru e a varie strutture industriali è previsto appunto un raddoppio del bacino dei Fanghi rossi. Un allargamento da 159 a 178 ettari. (…) “E un incremento dell’altezza dei bordi della smisurata tinozza, destinata ad accogliere nuovi fanghi rossi destinati ad essere risanati fra chissà quanti secoli, sino a 46 metri. L’altezza di un edificio di 15 piani”. (…) E vogliono andare avanti col progetto? Si. Anche se si tratta di un’area inserita nel Sito di Interesse Nazionale per le bonifiche ambientali del Sulcis? Si. Anche se quel bacino è “soggetto a sequestro giudiziario nell’ambito di un procedimento penale che vede imputati per disastro ambientale e traffico illecito di rifiuti due dirigenti dell’Euroallumina”? Si. Anche se le recenti analisi dell’Ispra , come ricorda la soprintendenza, hanno evidenziato una gravissima compromissione del suolo, delle falde idriche e dell’ambiente in generale”? Sì. Anche se i fanghi già contengono “elevatissime concentrazioni di arsenico” pari a 110 volte il limite tollerabile per le acque sotterranee” Sì. Anche se il Comune di Portoscuso vieta “la commercializzazione e il conferimento del latte ovicaprino prodotto da sette allevamenti operanti sul territorio comunale” Sì. Anche se è proibita la “movimentazione in vita “ e la “macellazione dei capi allevati presso le attività produttive del territorio” Sì. (…) ieri, all’ultimo Consiglio dei Ministri prima delle ferie, la decisione è stata accantonata. E i giorni passano…E se gli operai in cassa integrazione sperano, tutti coloro che amano “l’altra” Sardegna restano appesi ad un incubo. Ma il famoso “risanamento” delle coste a quando è rinviato? (Corriere della Sera, 8 agosto 2017, pag. 21, con foto).
- Il Salar de Uyuni, in Bolivia. Il deserto di sale di Uyuni è uno dei più ricchi giacimenti al mondo di litio, un elemento che serve a produrre batterie per le automobili elettriche. (…) Le forme geometriche in alto a sinistra sono i bacini di evaporazione dell’impianto statale per l’estrazione del litio. (…) Ha una capacità stimata di circa nove milioni di tonnellate. (…) (Internazionale n.1219, 25 agosto 2017, pag.93, con foto da satellite).
- I minerali afgani fanno gola a Washington. Il presidente degli Stati Uniti sta pensando di usare le risorse minerarie dell’Afghanistan per pagare le spese sostenute per sedici anni di guerra e per la ricostruzione, che ammontano già a 117 miliardi di dollari. Gli investitori che conoscono l’Afghanistan , uno dei paesi più pericolosi al mondo, definiscono la proposta una utopia. Fin da quando, nel 2007, una ricerca dell’agenzia governativa US geological survey, identificò giacimenti con un valore stimato intorno ai mille miliardi di dollari, funzionari afghani e stranieri sbandierano l’importanza di queste riserve per l’indipendenza economica dell’Afghanistan. Oltre a giacimenti d’oro, argento e platino, il paese ha notevoli quantità di minerali ferrosi, uranio, zinco, tantalio, bauxite, carbone, gas naturale e soprattutto rame (nel mondo le nuove miniere di questo metallo sono poche). Secondo alcuni studi l’Afghanistan potrebbe addirittura diventare “l’Arabia Saudita del litio”, usato nei telefonini e nelle batterie delle auto elettriche. Ma l’assenza di infrastrutture essenziali (dalle strade ai collegamenti ferroviari necessari a esportare i minerali),una corruzione pervasiva, una burocrazia disordinata e la crescente insicurezza che ha lasciato gran parte del paese fuori dal controllo del governo di Kabul hanno impedito di costruire un settore minerario legale. (…) I progetti più importanti, come quello della miniera di rame di Mes Aynak, sviluppato da un consorzio cinese, sono ancora in sospeso. Nel 2012 la britannica Afghan Gold and Mineral Company si è aggiudicata la concessione di un altro giacimento di rame a Balkhab, nel nord del paese. Per il resto, le risorse sono state al centro di quella che l’economista americano William Byrd ha definito “un saccheggio su scala industriale.”. Le miniere di piccole e medie dimensioni esistono, ma molte non sono controllate dal governo e arricchiscono potenti operatori locali, privando lo Stato di entrate per un valore stimato di 300 milioni di dollari. (…) (Internazionale n.1219, 25 agosto 2017, pag.26).
- L’acqua contesa. Nelle repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale le risorse idriche non mancano ma sono distribuite in modo diseguale. La lotta per controllarle potrebbe innescare nuovi conflitti. (…) Ormai da qualche tempo sia i mezzi d’informazione occidentali, sia quelli dei paesi ex sovietici si occupano regolarmente del rischio, tutt’altro che remoto, di una guerra per l’acqua in Asia centrale. Non sono previsioni infondate, considerato che questa risorsa è distribuita tra i paesi della regione in modo estremamente disomogeneo. L’alto corso dei fiumi che nascono nel territorio del Kirghizistan e del Tagikistan garantisce enormi riserve d’acqua. Ma più a valle, in Uzbekistan, Turkmenistan e Kazakistan, l’acqua non basta. il 77 per cento delle risorse idriche consumate dagli uzbechi arriva dall’estero, in Turkmenistan la percentuale supera il 90 percento e in Kazakistan è il 40 per cento. Le tensioni legate al controllo dell’acqua , che non hanno ancora raggiunto la fase più critica, sono cominciate subito dopo l’indipendenza delle cinque repubbliche sovietiche, nel 1991. Alla radice dei contrasti c’è il fatto che i fiumi possono essere sfruttati sia per l’irrigazione sia per produrre energia elettrica, e se l’acqua destinata ad irrigare i campi è necessaria d’estate, i consumi di elettricità aumentano invece d’inverno, cosa che costringe le aziende energetiche a impiegare nella stagione fredda le risorse di cui avrebbero invece bisogno gli agricoltori con l’arrivo del caldo. In epoca sovietica la gestione centralizzata del settore idro-energetico consentiva di agire nell’interesse di tutte parti coinvolte, ma oggi i nuovi stati indipendenti nati dalla disgregazione dell’Unione Sovietica non riescono ad amministrare insieme le risorse. Negli anni ‘90 il Kirghizistan e il Tagikistan approvarono progetti per la costruzione di grandi centrali idroelettriche sui fiumi che proseguono il loro corso in Uzbekistan. In Kirghizistan fu pianificata la realizzazione della centrale di Kambaratin 2, sul fiume Naryn; in Tagikistan fu invece varato il progetto della già citata centrale di Rogun, sul fiume Vachs. L’Uzbekistan considerò quei progetti come una minaccia alla sicurezza nazionale. Le nuove dighe avrebbero infatti interrotto i flussi, lasciando i contadini uzbechi senza acqua per l’irrigazione. Inoltre, cosa di cui raramente si parla in modo esplicito, le dighe avrebbero costituito una gravissima minaccia per i centri abitati lungo il corso inferiore dei due fiumi: nel caso di un cedimento tecnico o di un attentato terroristico la violenza dell’acqua avrebbe distrutto tutto. Negli anni novanta il Tagikistan visse una guerra civile che oppose il governo agli estremisti islamici (ancora non del tutto sconfitti) mentre il Kirghizistan era un paese molto instabile, anche per gli standard postsovietici. In questo contesto , per l’Uzbekistan i grandi progetti di Dusambe e Biskek rappresentavano un rischio enorme. Da allora le cose non sono molto cambiate: Tagikistan e Kirghizistan sono paesi tuttora imprevedibili e potrebbero entrare in possesso di uno strumento per ricattare gli stati a valle. Per questo nel 2015 il presidente uzbeco di allora, Islam Karimov, dichiarò senza mezzi termini che i problemi idrici della regione sarebbero potuti “peggiorare fino al punto di generare non solo gravi tensioni ma perfino una guerra”. E aggiunse che la realizzazione della centrale di Kambaratin avrebbe dato un duro colpo alla produzione agricola dell’Uzbekistan, una delle principali voci di esportazione del paese. (…) Nel frattempo, il nuovo presidente uzbeco, Shavkat Mirziyoyev, ha dimostrato di non avere alcuna intenzione di cambiare la linea seguita da Karimov. Durante una visita ad Astana , a marzo, ha ribadito, insieme al presidente kazaco Nursultan Nazarbaev, che le risorse idriche sono un patrimonio comune di tutti i paesi della regione. La questione è di grande importanza anche per il Kazakistan, considerato che l’acqua consumata nel paese arriva non solo dall’Uzbekistan e dal Kirghizistan, ma anche dalla Cina. Le sorgenti dei fiumi Ili, Irtys e Tekes, che riforniscono d’acqua alcune regioni del Kazaki stan, si trovano infatti nel nordest della Cina, proprio l’area in cui Pechino negli ultimi tempi sta concentrando i suoi progetti di sviluppo. L’economia della regione autonoma dello Xinjiang, abitata dalla minoranza musulmana degli uiguri ha grande bisogno d’acqua, che però nella zona scarseggia. L’Irtys e l’Ili risentono già delle conseguenze dello sviluppo frenetico della regione, e la loro portata sta diminuendo. Il problema di questi fiumi è aggravato anche dal rigido scioglimento dei ghiacciai, legato al riscaldamento globale. (…) Considerato che la Cina ha investito nell’economia kazaca tra i 24 e i 27 miliardi di dollari, stando ai dati del 2016, per Astana non è certo facile aprire una disputa con Pechino. La Cina, tuttavia, ha importanti investimenti anche negli altri paesi della regione. Dopo la visita di Mirziyoyev, Cina e Uzbekistan hanno concluso un accordo del valore di 22 miliardi di dollari. (…) (Internazionale .1219, 25 agosto 2017, pag.50, con mappa)
- Il Brasile cancella la grande riserva, Amazzonia aperta ai cercatori d’oro. Il polmone verde della Renca è ricco di minerali. Gli ambientalisti: peggior disastro in 50 anni. (…) Quasi all’estremo nord del paese, non lontano dalla foce del Rio delle Amazzoni, un’enorme area di 46.000 chilometri quadrati smette dopo oltre trent’anni di essere protetta e viene aperta allo sfruttamento minerario. La riserva è chiamata Renca ed è l’equivalente di Piemonte e Lombardia messi insieme (un sesto dell’Italia), e come è noto da tempo è ricca di oro, ferro, nickel e altri minerali. Nel 1984, l’allora regime militare al potere a Brasilia decise di preservarla, più per ragioni strategiche che ambientali. Voleva che restasse nell’orbita dello Stato. Da allora le pressioni delle società minerarie , da ogni parte del mondo non sono mai venute meno. (…).Corriere della Sera, 25 agosto 2017, pag.11, con mappa).
- Foresta amazzonica salva (per ora). Il Tribunale federale di Brasilia ha sospeso il decreto del presidente Temer che prevedeva l’abolizione della riserva naturale di Tenca, grande come la Danimarca, nella foresta amazzonica, per favorire lo sfruttamento minerario. All’interno della regione, esistono tra l’altro due riserve indigene. Il sempre più screditato governo Temer sta predisponendo una seconda versione del decreto, più dettagliata ma senza troppe garanzie ambientali. (Il Manifesto, 31 agosto 2017,pag.14)
- Carbone ed elettricità, se il numero uno mondiale è cinese. Pechino unisce carbone ed elettricità e crea la più grande utility energetica del mondo. Si tratta della fusione tra Shenhua e Guodian Group, entrambe di proprietà statale con cui il governo cinese va avanti nella strategia di unire le industrie statali per creare concorrenti più grandi e finanziariamente robusti. Non sono stati diffusi i dati finanziari dell’operazione, ma entrambi i gruppi hanno filiali con azioni negoziate alla Borsa di Hong Kong e Shanghai. Shenhua, tra le più grandi società di carbone al mondo, nel 2016 ha registrato profitti per 3,8 miliardi di dollari, mentre Guodian’s di 700 milioni. Il gruppo post fusione avrà una capacità installata superiore a 225 gigawatt, sopra quella della francese Edf e di Enel, e diventerà così la maggiore società energetica per capacità al mondo. Sarà anche il più grande produttore di energia eolica con una capacità di 33 gigawatt e il maggiore produttore di carbone , secondo alcuni esperti, che vedono nell’operazione l’avvio di un consolidamento nel settore pubblico dell’energia in Cina che punta a renderlo più competitivo a livello globale. (Corriere della Sera, 29 agosto 2017, pag. 37)
Perdita di biodiversità
- India, la crisi del tè più prezioso. E’ la prima volta in 156 anni. il Darjeeling scomparirà dal mercato mondiale. Coltivatori in sciopero, crolla la produzione. (…) Nei prossimi giorni saranno venduti gli ultimi lotti: l’asta numero 32, quella di metà agosto, dovrebbe essere l’ultima, rispetto alle consuete 42 che si svolgono ogni anno. In questo distretto del Bengala occidentale , da gennaio sono stati prodotti soltanto 2,5 milioni di tonnellate di tè, contro gli 8,5 milioni del 2016. A mettere in ginocchio i raccolti è uno sciopero generale che procede da due mesi. Una mobilitazione indetta in nome della liberazione dei Gurkha, l’etnia locale nepalese, in risposta alla decisione della governatrice, Mamata Banerjee, di rendere la lingua bengalese una materia di studio obbligatoria in tutta le regione. La mossa aveva scatenato proteste anche violente , con morti e feriti negli scontri con le forze dell’ordine. Per sedare gli animi non è bastato il dietrofront della governatrice. Ormai l’antica aspirazione indipendentista era stata riaccesa, il desiderio di dar vita ad un nuovo stato, il “Gorkhaland”, ridestato: negli anni Ottanta per la causa persero la vita migliaia di persone in sanguinose rivolte. (…) ( Corriere della Sera, 2 agosto 2017, pag. 15)
- L’ultimo duello sulla foresta dei bisonti. Respinto l’appello della Corte di Giustizia europea contro i tagli di alberi nella Bialowieza. Il presidente del Consiglio Tusk: così è a rischio il futuro della Polonia nella comunità. Nella Bialowieza, l’ultima foresta vergine d’Europa vivono circa 800 esemplari di bisonte europeo, specie vulnerabile e gloria nazionale in Polonia e Bielorussia. Proseguono gli abbattimenti di alberi nella Bialowieza, la distesa di alberi, frassini e querce secolari, patrimonio Unesco, che ricopre tremila chilometri quadrati tra Polonia e Bielorussia, rifugio di specie vulnerabili come il bisonte europeo, il più grande animale terrestre del vecchio Continente. Sono i resti del manto verde che migliaia di anni fa si estendeva sull’intera Europa, luogo mitico di memorie fiabesche e biodiversità. La scorsa settimana la Corte di Giustizia europea aveva ingiunto al governo polacco di fermare il disboscamento nella parte nord-orientale della Bialowieza, vicino al confine bielorusso. Per Varsavia gli abbattimenti sono l’unico modo per fermare una grave infestazione da bostrico, minuscolo insetto che scava gallerie nel corpo degli alberi fino a svuotarli. Da mesi attivisti e ricercatori accusano il governo di puntare invece a un uso commerciale del territorio e denunciano un provvedimento inutile che ignora le capacità dell’ecosistema di ritrovare autonomamente l’equilibrio compromettendo la sopravvivenza di linci e uccelli rari, oltre che del celebre bisonte gloria nazionale – c’è la sua sagoma sulle bottiglie di vodka Zubrowka, ancora oggi aromatizzata con “l’erba del bisonte” secondo l’uso della nobiltà polacca del Trecento. Ingiunzione respinta. La Polonia rivendica la “misura di pubblica sicurezza, limitata ai casi indispensabili e in linea con la decisione della Corte”: gli abbattimenti riguardano solo gli alberi malati che, cadendo, metterebbero a rischio l’incolumità dei visitatori. (…) (Corriere della Sera, 5 agosto 2017, pag. 12)
- Le uova contaminate spaventano l’Europa. Il Belgio è sotto accusa. Tracce di insetticida vietato nelle confezioni in Francia, Germania e Olanda. Che protestano.” Avvisati in ritardo”. Dopo milioni di uova distrutte nel nord Europa e trecentomila galline olandesi abbattute, lo scandalo delle uova contaminate dal Fipronil , molecola potenzialmente nociva per l’uomo, si estende anche alla Francia. Dopo l’Olanda, da cui le uova incriminate provengono e dopo il Belgio, la Germania, la Svezia, la Svizzera e la Gran Bretagna, è allarme anche Oltralpe, come annunciato ieri dal ministero dell’Agricoltura di Parigi. La crisi è scoppiata la settimana scorsa nei Paesi Bassi, dove 180 allevamenti sono già stati chiusi. Poi, con l’arrivo delle consegne di uova contaminate dall’Olanda, dove si contano circa 50 milioni di galli ovaiole, il panico si è rapidamente esteso nei paesi vicini, dove tre milioni di uova appena importate sono state distrutte. Negli allevamenti olandesi, è stato infatti registrato un inquietante tasso di Fipronil, molecola ritrovata in un insetticida usato per sradicare un parassita che colpisce le galline. Ora, nell’Unione Europea, l’uso del Fipronil è vietato sugli animali destinati alla catena alimentare, quindi anche negli allevamenti di pollame , perché considerato dall’OMS un insetticida “moderatamente tossico” per l’uomo. (…) In tre paesi, Olanda, Belgio e Germania, la magistratura è già alla ricerca dei colpevoli, e secondo le prime indiscrezioni due aziende sarebbero finite nel suo mirino: l’olandese ChickFriend, specializzata nella disinfestazione degli allevamenti di polli e il suo fornitore in prodotti chimici, il belga Poultry – Vision. In altre parole sarebbe stata l’azienda olandese a usare la sostanza vietata, ma quella fiamminga a vendergliela. Ma si stima anche che in Belgio siano contaminate ben 57 aziende, che insieme possiedono 86 pollai, ossia un quarto degli allevamenti di galline ovaiole del paese. Ed è stata proprio Bruxelles che per prima ha notificato l’allarme alla Commissione Europea, lo scorso 20 luglio. Poi il 26 luglio è stato il turno dell’Aja e il 31 di Berlino. (…) Quali sono i rischi per l’uomo? Altamente tossico, il Fipronil può essere assorbito attraverso la pelle oppure ingerito. Secondo l’OMS, l’insetticida può provocare danni a reni, tiroide e fegato se ingerito in grandi quantità per un certo periodo di tempo. Un bambino dal peso di circa 16 chilogrammi potrebbe mangiare 1,7 uova al giorno – o prodotti che le contengono – senza raggiungere il livello in cui il Fipronil diventa pericoloso, mentre per un adulto di 65 kg si potrebbe arrivare fino a 7 uova al giorno.(…) (La Repubblica, 9 agosto 2017, pag.15; vedi anche La Repubblica del 11 agosto 2017, pag. 13; Il Manifesto del 12 agosto, pag.2 e 3; Il Corriere della Sera del 12 agosto, pag. 9 e del 13 agosto, pag. 16).
- Le imprese dei muli sul tetto del mondo, così l’elettricità cinese può illuminare il Tibet. Con il gusto delle iperbole, i media cinesi hanno presentato il progetto per portare l’elettricità nelle aree più remote degli altopiani del Tibet come una sequenza di record memorabili. “Il progetto di distribuzione elettrica ad altitudine più elevata –hanno scritto i giornali di partito – le linee di trasmissione più lunghe, il percorso più esteso su pianure congelate, e la torre di ferro più alta al mondo”. Per continuare a portare il progresso nel luogo che la Cina chiama Xizang e i tibetani Boe, bisogna però salire ancora a dorso di mulo e di cavallo, così come sulle loro groppe si trasportano i materiali per costruire i pilastri e le torri di acciaio, spesso fissate su rocce a strapiombo , distanti anche mezzo chilometro in altezza l’una dall’altra. Anche a vederne degli scorci come in queste foto è un opera ciclopica e massacrante, che si estende lungo 2700 chilometri su altitudini medie di 3800-4000 metri. (…) Da più di dieci anni c’è anche una linea diretta di treni da Pechino a Lhasa, un opera che aveva richiesto, al di là delle iperbole della propaganda sulla ferrovia più lunga e alta del pianeta, un altro grande sacrificio di uomini e investimenti per trasportare uomini e merci in 48 ore filate attraverso terre gelate a oltre 4000 metri. Ci viaggiano turisti e uomini d’affari, oltre alle sempre nuove ondate di immigrati “han” cinesiche portano un progresso non sempre ben accetto, per il quale i tibetani hanno già pagato e pagano un prezzo alto in termini di sradicamento dalle proprie radici e di devastazione del proprio ambiente naturale. E’ l’acqua delle loro montagne che disseta 300 milioni di cinesi e rende fertili i loro campi grazie ad altre grandi opere di deviazioni e di dighe per produrre il 30% dell’energia usata in Cina. (…) (La Repubblica, 11 agosto, pag. 30 e 31, con molte foto impressionanti)
- Olio extra vergine falso e babà con farine di origine ucraina. Cosa arriva a tavola. I NAS, nuclei anti sofisticazioni, e le frodi alimentari. Mentre dall’Europa arriva l’allarme delle uova al Fipronil, i dati di tre città campione ispezionate dai carabinieri dei Nas (Napoli, Roma e Milano) ci dicono che al buffet è assai meglio utilizzare la testa che la pancia. E, in effetti, menu più evocativi che sinceri nulla ci dicono su freschezza e provenienza, additivi e controlli, filiere e colture. Pecorini e pistacchi. Già nel rapporto Mipaaf (Ministero delle politiche agricole) del 2016 si segnalavano il prosecco moldavo e l’olio marocchino, il pecorino sardo made in Belgio, e il pistacchio di Bronte non tracciabile, la crema di tartufo taroccata (una semplice composta di funghi) e il miele biologico lasciato fermentare. E ora i numeri del NAS confermano. Anche nei sapori, come avviene in altri settori, siamo alla mercé delle copie. (…) (Corriere della Sera, 13 agosto 2017, pag. 16, con statistiche dei controlli effettuati)
- Microplastica quel profumo di cibo che ingannai pesci. Sempre più specie marine ingoiano le piccole fibre sintetiche ormai abbondanti nei mari, che così arrivano anche in tavola. E’ il profumo a renderle irresistibili. Inzuppate in acqua di mare, triturate dal sale e dal Sole, impanate in un mix di alghe e batteri, le microplastiche che finiscono negli oceani come rifiuti diventano una ricetta ghiotta per pesci e uccelli marini. Riversati in mare al ritmo di circa 10 milioni di tonnellate all’anno, i rifiuti di plastica impiegano decenni a degradarsi completamente. Basta però una manciata di settimane perché si riducano in frammenti di pochi millimetri, che sempre più spesso finiscono nello stomaco degli abitanti delle acque. Da anni ormai, le analisi su pesci o uccelli come i gabbiani, ritrovano con regolarità particelle di microplastica sia nell’apparato digerente che (in quantità più ridotta ) negli altri tessuti. Si pensava che l’ingestione avvenisse per caso. Oggi si scopre invece che la zuppa di polimeri e fibre tessili sintetiche ( si stima che i frammenti negli oceani raggiugano quota 5 trilioni, in buona parte al di sotto dei 19 millimetri di diametro) ha un aroma che i pesci trovano squisito. (…) (La Repubblica, 17 agosto2017, pag. 21, con tavola di dati illustrata).
- Le piante mangiano più Co2 e bevono meno acqua. Le piante stanno evolvendo contro il riscaldamento globale. Uno studio pubblicato su Nature Communications da scienziati della Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation australiana mostra che oggi assorbono il 17 per cento di Co2 in più rispetto a trent’anni fa. Un incremento ancora più sorprendente perché non ha comportato un maggiore bisogno d’acqua: le piante sono diventate più efficienti. Due gli adattamenti evidenziati dallo studio: l’accelerazione nel ritmo della fotosintesi e una migliore calibratura nella chiusura degli stomi, che permette a quantità maggiori di Co2 di entrare nelle foglie senza lasciar uscire l’acqua. (Il Venerdì di Repubblica, 18 agosto 2017, pag.55)
- Wayne degli elefanti. In Tanzania hanno ucciso lo 007 anti-bracconaggio. Il ranger eroe che alternava la savana al lavoro di intelligence. In 51 anni di vita ha visto meno bracconieri in galera che elefanti uccisi. Ogni volta, raccontava, era come la prima . Davanti a uno di quei giganti mutilati Wayne Lotter provava la stessa sensazione “un nodo che mi prende alla gola”. Wayne era un ranger di savana, uno che nel natio Sudafrica aveva passato dieci anni tra le acacie del parco Kruger, andandosene perché non sopportava un capo che sparava per gioco ai babbuini. Pur essendo un uomo del “bush”, diceva che nella “guerra dell’avorio” la savana è l’ultima linea. Gli piaceva usare la metafora del calcio: i ranger sono gli estremi difensori. Ma la difesa vera è la comunità locale, che deve proteggere l’ambiente come una ricchezza. E c’è il fronte d’attacco: la partita cruciale non si gioca nell’erba dei parchi ma tra i palazzi dove girano i milioni, tra le agenzie governative chiamate a combattere la corruzione e i network dei trafficanti di oro bianco che giorno dopo giorno stanno sterminando i più grandi animali della Terra. (…) mercoledì, poco prima di mezzanotte, l’auto dei sicari ha bloccato il taxi che portava il direttore-fondatore di Pams Foundation (pamsfoundationtanzania.org) e vice presidente della International Ranger Federation) dall’aeroporto al Baobab Village. Il mattino dopo, il ranger arrivato da Arusha avrebbe incontrato gli amici della Ntsciu, la task-force pubblica sostenuta e finanziata proprio dalla sua ong nata nel 2009. (…) (Corriere della Sera, 20 agosto 2017, pag.17)
- Uova contaminate in un laboratorio di pasta “fresca”. I prodotti “positivi” ora saranno sequestrati. Il ministero: concentrazione minima di Fipronil. Le prime fettuccine al Fipronil erano (prevedibilmente!) in un laboratorio artigianale di pasta all’uovo intercettato dalla Asl di Roma tre. Uno di quelli che quotidianamente riversa sulla grande distribuzione tonnellate di prodotti fatti n casa, . O che ci piace pensare tali. Evidentemente, in questo caso, si lavorava con materia prima di importazione e anche con uova olandesi, (ma a questo punto viene da chiedersi: e la farina? E il resto? Tutto tracciato?) Campionata dalla azienda sanitaria locale di Roma Tre appunto, la pasta in questione riporta a galla – con l’allarme del caso- anche le polemiche sulle informazioni al consumatore circa materie prime e destinazione finale del prodotto. Ossia l’opportunità o meno di rendere accessibili i dati del ministero della Salute su tutte le importazioni da parte delle aziende commerciali. Non che l’allarme in sé sia stato in questo modo disinnescato. Anzi. Va detto che i risultati emersi ieri sono solo i primi di una lunga serie di campionature che hanno riguardato molte imprese. Aziende che trattano i derivati delle uova, ma anche carni bianche. In settimana sono attesi anche i primi esiti delle verifiche fatte dai carabinieri del NAS su laboratori che confezionano uova sode per la ristorazione o maionese e prodotti dolciari per la grande distribuzione. Nella città che vive di ristorazione sempre meno doc non può destare stupore la scoperta. Dunque lo scandalo uova al Fipronil è solo al principio. (…) (Corriere della Sera, 22 agosto 2017, pag. 4 e 23 nonché il 23 agosto pag. 26 e il 24 agosto, pag. 1, cronaca di Roma. Vedi anche Il Manifesto del 23 agosto, pag.6.)
- “Tracce di insetticida”. Sequestrate 92mila uova e 26mila galline italiane. Dall’inizio della crisi via dal mercato 91 tonnellate di merce. Non più casi solo d’importazione. Uova al Fipronil, l’insetticida vietato negli allevamenti destinati all’alimentazione, si producono anche in Italia. E’ quanto hanno accertato i carabinieri dei NAS, che hanno sequestrato oltre 92mila uova e 26mila galline in un allevamento di Vetralla (Viterbo) e in un centro di confezionamento a Castelfidardo (Ancona). In totale, su 124 analisi eseguite, il ministero della Salute ha reso noto che sono otto i casi di positività accertati dal monitoraggio disposto a seguito del dilagare dello scandalo in Europa. Rassicura però che i livelli di anti zecca rilevati non sono tossici per l’uomo. (…) (Corriere della Sera, 24 agosto 2017, pag.20 e 21; vedi anche Il Manifesto dello stesso giorno, pag. 6 e del 25 agosto, pag.14)
- L’Europa salvi le balene. Islanda e Norvegia continuano a cacciare i grandi cetacei, il 12 settembre Bruxelles è pronta a sanzionarle. Quanti cetacei ci sono nei nostri mari? Con certezza non si sa. Ma sappiamo quanti ne sono stati uccisi nell’ultimo secolo: 3 milioni, tra balene, balenottere, megattere e capodogli. Un massacro. Colpa dell’industria e della pesca di frodo. Per non parlare dei delfini, che ormai non si contano più. Ma dall’epoca delle prime baleniere sembra che qualcosa stia cambiando. La Commissione Internazionale per la caccia a questi mammiferi, istituita nel ’46 per regolarne la cattura e la pesca chiede maggiore protezione, e il 12 settembre sarà in commissione europea per definire il loro futuro. Il Southern Ocean Whale Sanctuary, 50 milioni di km quadrati di riserva intorno all’Antartide , a protezione di sette specie, è risultato violabile: il Giappone ha continuato a uccidere le balene al suo interno, e l’anno scorso è stato ammonito dall’Europa. Stavolta invece nel mirino ci sono Norvegia e Islanda, che continuano a cacciare sfidando l’opinione pubblica mondiale. Quanto all’Italia e al suo Santuario dei Cetacei, tra Toscana e Liguria, Alessandro Gianni di Greenpeace Italia dice; “E’ una operazione di facciata. I dati confermano come i cetacei del santuario siano costantemente minacciati. L’unica disposizione a loro tutela ( e solo sul versante italiano) è un divieto alle gare di velocità in acqua e alcune regole di sicurezza per i carichi trasportati. (…) (Il Venerdì di Repubblica, 26 agosto 2017, pag. 17)
- Il muflone simbolo dell’isola. Il Dna certifica. Ha 4000 anni. Il muflone sardo è il risultato di una domesticazione dei vari ovini selvatici avvenuta nella Mezzaluna fertile intorno a diecimila anni fa, – spiega Il ricercatore Mario Barbato – da quella zona storica del Medioriente con le prime migrazioni i mufloni sono stati portati in tutta Europa. Era un’epoca in cui i mufloni erano diffusi ovunque, poi lo stravolgimento. “Circa 4000 anni dopo quell’evento c’è stata una seconda domesticazione, quella che io definisco 2.0, un fenomeno che ha portato agli ovini selezionati che abbiamo ancora oggi, ma con una migliore produzione di lana e latte, mentre fino a quel momento erano stati una sorta di riserva esclusiva per la carne”. In questo quadro generale , a poco a poco i mufloni sono spariti dall’Europa, resistendo solo in certe zone come la Sardegna, la Corsica e Cipro. “Sono rimasti e sopravvissuti nelle aree più aspre e impervie, quelle meno segnate dalla presenza dell’uomo. Solo verso il diciottesimo secolo i mufloni sardo-corsi vengono riportati nelle altre zone d’Europa.” La genetica. Nel Dna hanno il marchio sardo-corso. La popolazione dei mufloni è la più numerosa, l’ultimo censimento parla di circa seimila esemplari ed è quella che gode della migliore salute genetica”. (…) (L’Unione Sarda, 30 agosto 2017, pag. 6)
Salute globale
- Ottana, amianto killer. Terzo polo chimico della Sardegna, oggi il paese del Nuorese è un deserto pieno di fabbriche dismesse. E di ex operai Eni malati di cancro cui l’Inps non riconosce indennizzi. A Ottana non è rimasto quasi più nulla. Terzo polo chimico della Sardegna dopo Sarroch e Porto Torre, oggi la piana che circonda il piccolo paese del Nuorese è un cimitero di fabbriche dismesse, ferraglia arrugginita. Le due aziende più grosse che ancora resistono sono Ottana Energia, una centrale elettrica, e Ottana Power, settore fotovoltaico. Entrambe sono di proprietà di Paolo Clivati, un imprenditore milanese. Una terza società di Clivati, Ottana Polimeri, che produceva pet per le bottiglie, ha chiuso una settimana fa: tutti i sessanta dipendenti, dopo anni di cassa integrazione, sono stati licenziati. (…) L’Eni, arrivata a Ottana negli anni ’70, decise di sgomberare il campo alla fine degli anni novanta perché la chimica di base non garantiva più margini di profitto soddisfacenti: meglio puntare – questa fu la svolta – sulla produzione di energia. Gli impianti furono prima fatti a spezzatino e poi venduti a imprenditori spesso improbabili attirati dai finanziamenti pubblici come mosche dal miele. Del periodo successivo al “Contratto d’area” oggi restano quasi solo Ma anche dell’età ormai remota in cui l’Eni a Ottana era il dominus assoluto rimane qualcosa: le malattie da esposizione all’amianto, per le quali in tanti sono morti e in tantissimi cercano di ottenere indennizzi per il danno alla salute subito. Secondo i dati raccolti dall’Associazione Italiana esposti amianto (Aiea) e dalla CGIL sono ad oggi 121 i lavoratori dell‘ex sito chimico morti per gravi patologie contratte negli ambienti saturi di amianto e di altri veleni. “Ma si stima che il numero dei decessi e dei malati – spiegano all’Aiea – sia superiore. Uno degli ultimi deceduti è stato Giovanni Maria Cinellu, strappato alla vita da sei tumori, acquisiti lavorando per trent’anni nel famigerato reparto At 5: dei 35 operai e tecnici che a quel posto erano stati assegnati, oltre la metà sono già morti tra i 50 e i 65 anni, mentre i superstiti sono quasi tutti gravemente malati. (…) Che rivela come succeda una cosa strana a Ottana. Strana e inaccettabile. Mentre infatti in altre zone d’Italia dove l’Eni ha o ha avuto stabilimenti chimici praticamente gemelli rrispetto a quelli sardi, l’Inail (Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro) riconosce come fondate le domande degli ex operai che si sono ammalati d’amianto e da il via libera agli indennizzi, in Sardegna le cose vanno in senso esattamente opposto. (…) (Il Manifesto, 18 agosto 2017, pag.16).
- Emergenza sanitaria. Epatite A, casi aumentati di 15 volte. Arci gay: la comunità deve vaccinarsi. Le nuove generazioni sottovalutano il problema. Milano la città con più contagi. Un impennata senza precedenti. Nei primi sei mesi del 2017 i casi di epatite A in Lombardia sono aumentati di 15 volte: dai 106 registrati in tutto il 2016 ai 759 che si contano tra gennaio e giugno di quest’anno. (…) (Corriere della Sera, 18 agosto 2017, pag. 62, cronaca di Milano)
- Allarme anti depressivi in America. Dal 1999 risultano quadruplicati i morti per eccessi nell’uso di farmaci oppiacei. Dal 1999 negli Stati Uniti sono quadruplicate le prescrizioni di farmaci oppiacei, così come le morti per overdose e il killer numero 1 adesso si chiama Fentanyl. Secondo gli ultimi dati, questo potente analgesico oppioide sintetico, della classe delle fenilpiperidine, sarebbe responsabile di quasi 4000 decessi avvenuti l’anno scorso, con un aumento del 600% rispetto alle morti per overdose di questo tipo del 2014. In questi ultimi anni in alcune parti degli Stati Uniti le overdose per eroina sono scomparse, ma quelle causate dagli oppiacei solo nel 2015 –ultimo anno di cui sono stati diffusi i dati dal Center for Disease Control and Prevention – , sono state ben 33.000 (15.000 usando prescrizioni mediche) , su un totale di 52.000. Un numero ben superiore a quello delle vittime della strada negli Usa. Considerando che nel quindicennio iniziato nel 2000 i morti per overdose da oppiacei sono state 180mila, l’aumento è notevole. E secondo una inchiesta a livello nazionale del New York Times , nel 2016 si è registrato un ulteriore aumento di circa il 19%. Trend che sembra continuare in crescita anche nel 2017. (…) Le autorità sanitarie stimano che attualmente gli americani assuefatti agli oppiacei siano più di due milioni. Almeno 1 paziente su quattro che si sottopone a una cura di antidolorifici per cause non legate ai tumori finisce per contrarre l’assuefazione. Ogni giorno almeno mille persone negli Usa sono trattate nelle strutture di pronto soccorso per emergenze legate all’abuso o all’uso sbagliato di antidolorifici. I dati delle assicurazioni sanitarie Usa rilevano un aumento nelle prescrizioni di farmaci oppiacei del 500% negli ultimi sette anni. Ed è stato accertato che pazienti a cui vengono prescritte forti dosi per periodi brevi rischiano 40 volte di più di assuefarsi di pazienti a cui vengono date dosi piccole per periodi lunghi. L’epidemia di oppiacei non è però la sola che sta affondando nelle pillole gli Usa: adesso arriva anche l’allarme per l’impennata nell’uso di anti depressivi, usati dal 13% degli americani, con un aumento del 65% rispetto al 1999. (…) (La Nuova Sardegna, 21 agosto 2017, pag.12)
- Medicina. Quasi l’80% delle persone sopravvissute all’infezione del virus Ebola ha una forma di disabilità. Secondo Clnical Infectious Diseases, bisognerebbe quindi prevedere dei programmi di riabilitazione. A un anno dalla malattia le persone possono manifestare problemi alla vista, di mobilità e cognitivi. Lo studio si è svolto a Freetown, in Sierra Leone, paese colpito dall’epidemia tra il 2014 e il 2016. (Internazionale n. 1219, pag.91)
- Epidemie e mancanza di fondi. Strage all’ospedale dei bambini. 217 decessi in un mese, per l’encefalite, ma anche perché è finito l’ossigeno. Il monsone, le inondazioni, le malattie formano un ciclo che nel sud asiatico si ripete ogni anno e che continua a uccidere i deboli e gli indifesi. Il bilancio è devastante: 1200 vittime in India, Nepal e Bangladesh da giugno a oggi. Particolarmente drammatiche sono le notizie che arrivano dall’ospedale Baba Raghav Das di Gorakhpur, nello stato indiano dell’Uttar Pradesh, dove nel mese di agosto sono morti 217 bambini, molti neonati. Una strage inaccettabile, che ha trascinato in strada, al fianco dei genitori disperati, gran parte della popolazione della zona. Perché, si chiedono, il governo, le autorità, le strutture continuano a essere colti impreparati dall’arrivo stagionale delle piogge? A rendere la situazione ulteriormente sconcertante è che l’ospedale in questione è a corto di fondi. Sui decessi è calato il sospetto di malasanità, anche perché è circolata la voce che per via dei conti in rosso sia stata bloccata, all’inizio di agosto, la distribuzione di bombole di ossigeno. (…) (Corriere della Sera, 31 agosto 2017, pag.17)
Economia e ambiente
- Il motore ha i giorni contati. Il motore a combustione interna ha rivoluzionato l’economia e la società nell’ultimo secolo. Il mondo attuale è stato costruito per i veicoli con questo motore attraverso enormi investimenti nelle strade e l’invenzione dei quartieri residenziali e dei centri commerciali. La costruzione di auto, inoltre, è da sempre un’importante fonte di posti di lavoro. “Oggi, però, il motore a combustione interna ha i giorni contati a causa dei progressi delle batterie dei motori elettrici”, scrive l’Economist. Cento anni fa un veicolo con batteria elettrica avrebbe richiesto una ricarica ogni trenta chilometri. Le auto elettriche attuali fanno molto meglio grazie alle batterie agli ioni di litio: la Model S della Tesla ha una autonomia di mille chilometri. Secondo la banca svizzera Ubs, entro il 2018 il costo di un’auto elettrica dovrebbe raggiugere quello di una vettura tradizionale, favorendo la diffusione di questo nuovo tipo di veicoli. La scomparsa del motore a combustione interna, osserva il settimanale, aiuterà l’ambiente e modificherà la società e la città, favorendo la diffusione delle auto condivise, ma significherà anche meno posti di lavoro. (Internazionale n.1218, 18 agosto 2017, pag.111)
- In Sicilia le pale eoliche girano un po’ troppo. La rete elettrica dell’isola non riesce più ad assorbire tutta l’energia del vento. Così i produttori spengono gli impianti in surplus. Dietro pagamento di un indennizzo. La corsa dell’eolico in Sicilia continua, nonostante la rete sia satura da tempo E’ uno dei paradossi di un isola dove l’eolico copre il 26% della domanda regionale di energia elettrica. La storia parte da lontano. Nel 2009 sul territorio isolano si contavano 35 parchi eolici; nel 2012 ne vengono censiti 92, che producono 1749,2 megawatt all’ora; nel 2014 si autorizza l’apertura di 6 nuovi impianti (in pratica altre 85 torri eoliche). Nel 2016 diventano 191, l’equivalente di 1500 pale e 2900 gigawatt prodotte. Troppi. Anche perché la rete elettrica siciliana non è in grado di assorbire dagli impianti più di 1500 megawatt. Non solo, quindi, il quantitativo di energia prodotta è superiore alla capacità di supporto del sistema, ma spesso molti degli impianti – anche quelli perfettamente funzionanti – vengono spenti, perché la sovrapproduzione di energia potrebbe creare un blackout dell’intera rete. E allora perché la corsa alle pale continua? Perché i gestori degli impianti percepiscono un indennizzo proprio per non immettere energia nella rete di distribuzione. E’ la cosiddetta Soluzione tecnica minima (Stm), che consiste nella limitazione o addirittura nello spegnimento delle pale per evitare i rischi di sovrapproduzione, che porta la rete al blackout. In altre parole, l’energia che sarebbe stata prodotta dal vento viene comunque pagata al produttore. Poi c’è un problema ambientale. La Regione Sicilia non si è nemmeno preoccupata di definire una mappa delle aree vietate alla costruzione di pale e impianti. In base alla legge regionale numero 29/2015 avrebbe dovuto farlo ma del provvedimento non c’è traccia. (…) Sull’eolico ha poi messo le mani da tempo la criminalità organizzata. Da Vito Nicastri, originario di Alcamo, ritenuto vicino al boss Matteo Messina Denaro, a cui sono stati confiscati beni per oltre un miliardo di euro. A Salvatore Angelo, imprenditore di Salemi da poco condannato per associazione mafiosa, attivo non solo nell’eolico ma anche nelle biomasse. E una guerra di mafia stava per scoppiare a causa della realizzazione di un parco eolico, “Vento di Vino”, tra Marsala e Mazara del Vallo sul quale avevano messo gli occhi diverse famiglie. E’ stato un mediatore inviato da Messina denaro, l’anziano pastore Vito Gondola, a mettere pace tra i contendenti. (Il Venrdì di Repubblica, 18 agosto 2017, pag. 38)
- La corsa al petrolio, Total compra Maersk per il Mare del Nord, Essar Oil a Rosneft, la più grande acquisizione in India. La corsa al petrolio è ripartita. La francese Total ha offerto 7,45 miliardi di dollari per comprare le attività oil & gas del gruppo danese Ap Moller-Maersk. Total diventerà il secondo produttore nel Mare del Nord, assicurandosi contemporaneamente un miliardo di barili di riserve, Maersk si concentrerà nello shipping e nella logistica. Da Mosca è invece arrivata la notizia che Rosneft, alla guida di un gruppo di investitori, ha completato l’acquisizione da 12,9 miliardi di dollari della raffineria indiana Essar Oil. Si tratta della più grande acquisizione straniera di tutti i tempi in India, ma è anche la maggiore realizzata da investitori russi all’estero. E se per Rosneft è l primo take over nel settore della raffinazione in Asia, il deal apre al gruppo guidato da Igor Sechin la porta su uno dei mercati a più forte crescita nel consumo di petrolio, rafforzando i legami tra Mosca e New Delhi. (…) Ma il momento è propizio per far ripartire gli investimenti , come dimostra la nuova ondata di consolidamento in corso. Dall’inizio dell’anno in Nord America il settore ha registrato fusioni e acquisizioni per 73,2 miliardi di dollari, più di quanto realizzato nell’intero 2016, secondo la società di ricerca scozzese Wood Meckenzie. In Europa le operazioni finora sono la metà di quelle completate nel 2016, ma il valore è più che triplicato: 16,8 miliardi di dollari rispetto ai 5,3 miliardi dell’anno scorso. (…) ( Corriere della Sera, 22 agosto 2017, pag.33, con tavola statistica)
- L’Unione Europea blocca la fusione Bayer – Monsanto. Dubbi sulla fusione, indaga l’Antitrust. Il matrimonio è stato annunciato a settembre del 2016, ma ieri è stato ufficialmente rinviato. L’acquisizione dell’americana Monsanto da parte della tedesca Bayer – che sborsando 66 miliardi di dollari (compresi i 10 di debiti) creerebbe un colosso mondiale nell’agrochimica – deve, quanto meno, attendere. Ma potrebbe saltare del tutto. Gli impegni presentati lo scorso 31 luglio all’Antitrust europeo ( e che Bayer non ha divulgato) per rispondere alle preoccupazioni preliminari di Bruxelles sono stati ritenuti insufficienti. Per questo, la Commissione Europea ha aperto “una inchiesta approfondita” e ha aggiunto che prenderà una decisione in merito entro l’8 gennaio 2018. Bruxelles “teme che la concentrazione possa ridurre la concorrenza in settori come i pesticidi, le sementi e l’agrochimica “ ed esaminerà quindi se l’accesso dei rivali ai distributori e agli agricoltori possa diventare più difficile a causa della fusione. (…) Il progetto di nozze tra Bayer e Monsanto è infatti soltanto l’ ultimo in ordine di tempo di tre importanti operazioni nel settore agrochimico destinate a dara un nuovo assetto al comparto dopo il via libera di Bruxelles a Dow-Chemical/Dupont e China Chemical/Syngenta. La Commissione sta lavorando con le Autorità di altri mercati, come gli Stati Uniti, l’Australia e il Brasile, perché passino al vaglio l’operazione. Bauer ha detto che continuerà a lavorare “ a stretto contatto e in modo costruttivo” con la Commissione, auspicando ancora di ricevere “entro l fine di quest’anno” la necessaria autorizzazione. (…) (Corriere della Sera, 23 agosto 2017, pag. 35).
- L’Antitrust Ue stoppa (per il momento) la fusione Bayer – Monsanto. (…) E’ prematuro però considerare scampato il rischio della mega concentrazione: anche le altre mega fusioni che hanno caratterizzato il settore della chimica erano passate da un primo stop di Bruxelles che aveva ugualmente aperto indagini approfondite. Queste erano poi state chiuse positivamente dopo gli impegni presi dalle società per disinvestire alcuni settori chiave, come pesticidi e ricerca nel primo caso, e pesticidi e concimi nel secondo. La concentrazione nel settore ha numeri spaventosi: secondo la denuncia della Coldiretti, se arrivasse il via libera a Bayer-Monsanto, il 63% di tutte le sementi e il 75% degli agrofarmaci si troverebbero nella mani di sole tre multinazionali al mondo. Situazione molto simile ci sarebbe nelle tipologie di semi sul mercato, dalla colza al cotone e per quello dei tratti genetici, che consentono la creazione di piante resistenti o tolleranti ai pesticidi o con determinate caratteristiche fisiche. Gli agricoltori di tutto il mondo farebbero fatica a non usare semi di altre aziende. (…) (Il Manifesto, 23 agosto 2017, pag.8)
- La prima nave nell’Artico senza rompighiaccio. Dall’Europa all’Asia passando sopra la Siberia senza l’aiuto del rompighiaccio. Un po’ per il caldo, un po’ perché questa nave “Christophe de Margerie” (di proprietà della compagnia russa Sovcomflot) – lunga 300 metri e carica di gas prelevato dalla Norvegia – è la più grande al mondo dotata di certificazione “Arc 7”, in grado cioè di attraversare lastre di ghiaccio spesse fino a 2,1 metri senza l’intervento di una imbarcazione specifica. La “de Margerie” ha così completato il percorso per la Corea del Sud in appena quattro giorni. La nave può operare a temperature fino a meno 52 gradi Celsius. (Corriere della Sera, 26 agosto 2017, pag. 23
- A Gilead Sciences le medicine di Kite Pharma. La società biofarmaceutica Gilead Sciences ha acquistato Kite Pharma per circa 11,9 miliardi di dollari. Le due società hanno annunciato di aver raggiunto un accordo definitivo: Gilead acquisterà Kite pagando 180 dollari per azione in contanti, con un premio del 29% rispetto al valore di chiusura di Kite in Borsa venerdì. Acquisendo Kite, Gilead aggiungerà al proprio portafoglio terapie per la cura del cancro e medicinali sperimentali in uno dei settori più promettenti dell’oncologia: il trattamento noto come Car – T permette al sistema immunitario di combattere i tumori. (La Repubblica, 29 agosto 2017, pag. 34)
Una riflessione
I messaggi sono talmente chiari che i commenti sembrano superflui. Si possono richiamare solo alcuni aspetti, anche quantitativi, delle notizie raccolte. Dobbiamo rifiutarci di leggere e discutere idee utili solo per intitolare i titoli dei giornali e dei notiziari televisivi come “il caldo percepito”, ora che conosciamo il loro reale significato, il loro numero decisamente eccessivo e la loro non confrontabilità tra situazioni territoriali diverse. Poi la potenziale crisi idrica o il conflitto tra cinque paesi asiatici (già esposti alle mire di paesi come la Cina o la Russia.). In termini economici sono impressionanti gli effetti economici che avrà il tifone Harvey, che ha colpito una zona che rappresenta il 10% dell’economia statunitense, che ospita il 47% delle raffinerie di petrolio del paese e che potrebbe aver reso impraticabili tutti i pozzi del Texas per la ricerca di petrolio con il metodo della frantumazione delle rocce. E ancora, la preoccupazione che l’avvio su scala mondiale delle auto elettriche possa distruggere le zone ben delimitate dei giacimenti di sali che contengono il prezioso litio, che però potrebbe diventare il fattore limitante del “nuovo” settore. Infine, la sensazione che il sistema dominante continui a gestire lo sfruttamento di carbone e petrolio come se queste sostanze non fossero responsabili del mutamento climatico. In realtà, il quadro d’insieme delle notizie continua a confermare che la scarsissima attenzione e la modesta capacità d’azione espresse da popoli e governi sono invece una sostanziale sottomissione alle logiche dello sviluppo solo economico. Pressioni e sfide dovrebbero essere ben diverse.
SCHEDE PRECEDENTI
- Benvenuti sull’ultima spiaggia
- Siamo nell’occhio del ciclone
- Un pianeta sempre più a rischio
- Stiamo strangolando la terra
- Sono ancora cattive le notizie sul clima
- Il clima dipende anche da noi
- Giocano sulla nostra pelle
- Non aspettiamo la catastrofe
- Basta carbone! O sarà la fine
- Stop all’ecatombe dell’ambiente
- 2016. Un altro anno nero per la terra
- Una moratoria per evitare la catastrofe
- L’Antartide che va in pezzi
- Il bollettino segnala una vera disfatta
- Il ritmo letale del consumismo
- Potrebbero mancare meno di 12 anni
- Abbiamo sete ma le dighe la aggravano
- Un pianeta in grande sofferenza
Luca dice
Prego una lettura attenta e meticolosa, quanto da lei scritto è molto opinabile:
http://www.campanialive.it/articoli-meteo.asp?titolo=Il_cambiamento_climatico:_1000_anni_fa,_attualmente,_prossimo_futuro