di Claudia Mineide e Enzo Scandurra
- Il paesaggio delle grandi città è sempre più caratterizzato dal paradigma neoliberista e funzionalista: privatizzazione degli spazi pubblici, riduzione del welfare, processi di singolarizzazione, adeguamento della vita alle logiche mercantili (sanità, assistenza, scuola, servizi in genere), consumi svincolati dai bisogni, riduzione delle persone a astratte unità statistiche (clienti) delle quali occorre valutare la prestazione, eccetera.
- In questo quadro si moltiplicano esperienze diverse entro le quali si stabiliscono legami orizzontali di protezione, di cura, di produzione. Fino a generare, in molti casi, forme nuove di antiurbanesimo (neo-ruralità) che assumono la forma seducente della sussidarietà, della prossimità, del volontariato, della sostenibilità. Piccole e grandi utopie cooperative nelle quali gli individui destinati alla solitudine si impegnano in un mutuo soccorso.
- Così che l’abitare contemporaneo, caratterizzato dalla solitudine di massa, è purtuttavia punteggiato da piccoli gruppi e comunità operative, forme radicali di comunitarismo basate su “un altro modo di possedere”, rapporti amicali in controtendenza, forme di neoruralità, di “nuovi contadini”, nuovi montanari, vecchi squatters, basate sull’auto sussistenza, altra economia, decrescita, contro la tirannia dei valori e dei modi di vita imposti dal neoliberismo.
- C’è in queste nuove esperienze, spesso fragili e temporanee, un ribaltamento di valori e gerarchie del vivere contemporaneo. La ricerca di produrre piccoli luoghi, luoghi condivisi da cerchie ristrette (e molte diverse tra loro) secondo una varietà di forme che vanno dalla community land trust, al cohousing, alla sperimentazione di forme associative e cooperative.
- Nell’epoca della “evaporazione del padre” (Recalcati), queste sperimentazioni mettono in scena la caduta della famiglia classica, sempre più piccola, e sempre più sottoposta a forti tensioni. Esperienze di costruzione di spazi densi di relazioni (Appadurai) o spazi che contano (Bianchetti).
- In queste esperienze, tutte potenzialmente o apparentemente alternative all’esistente, come si mettono in relazione tra loro i soggetti: permangono forme di dominio personale o di gruppo (aggressività, dittature del leader di turno, quali rapporti interpersonali e di genere)? Si sperimentano, o meno, nuovi linguaggi, nuove forme di produzione e distribuzione del lavoro interno al gruppo? O permangono dispositivi e rapporti funzionali alle logiche neoliberiste?
- Il termine territori della condivisione può essere anche frivolo, debole, ecumenico, consolatorio, in una parola troppo vago, così come la sostituzione del concetto di “coscienza di classe” con quello di “coscienza dei luoghi”. Può presupporre un annullamento del conflitto, almeno all’interno del gruppo che conduce vita in comune, oscurando il legame politico con quello di solidarietà. Populismo antimodernista? Voglia di sbarazzarsi dei dispositivi moderni in funzione della ecologia, frugalità, convivialità, reciprocità. Voglia di chiusura con l’esterno così che possono generarsi dinamiche di divisione, espulsione, fratture, fino a degenerazioni come: ronde di sorveglianza, mobilitazioni contro il diverso, comportamenti illegali o borderline, piccole patrie? Scrive Freud: “E’ sempre possibile riunire un numero anche rilevante di uomini che si amino l’un l’altro, fin tanto che ne restino altri per le manifestazione di aggressività”. Ovvero la costruzione del noi è sempre opposizione a un loro?
- Detto in altri termini, si tratta di: avamposti (casematte) di un nuovo ordine contrastante l’ordine neoliberista, capaci, dunque, di farsi egemonia? Si tratta di reazioni difensive, autoreferenziali, chiuse, manifestazioni di marginalità? O, ancora, si tratta di esperienze che si iscrivono all’interno dello stesso paradigma neoliberista?? Si tratta della felicità propria di chi rinuncia a cambiare il mondo? Una espansione della dimensione privata? La ricerca di un luogo in fuga dalle delusioni della politica? Un ritorno al quotidiano? Come, dunque, interpretare questa nuova realtà..
- Obiettivo di questa ricerca è aprire un processo di conoscenza, approfondimento e riflessione, insieme ai protagonisti di queste esperienze, evidenziandone luci e ombre.
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Testo scritto per la ricerca Resistere è creare, dedicata a Roma
Giuseppe dice
Buonasera, io cercavo un posto dove vivere e condividere le cene insieme ad altre persone e aiutarsi a vicenda in caso di bisogno