di Marco Bersani
Due elementi emergono dentro la profondità della crisi sistemica che da anni avvolge l’Europa e l’Italia. Il primo riguarda i prolungati processi di privatizzazione dei beni comuni, che, come un mantra inossidabile, vengono ogni volta evocati come strada di uscita dalla crisi, mentre ne costituiscono una delle principali cause. Il secondo riguarda la crisi profonda e verticale della democrazia rappresentativa e delle istituzioni pubbliche, spesso ridotte a luoghi di gestione degli interessi privatistici di lobby, famiglie e clan dentro sistemi di corruttele diffuse e pervasive. È il combinato disposto di questi due elementi che ha costretto le esperienze di movimento a non potersi accontentare di un contrasto classico alle politiche di privatizzazione, bensì ad elaborare nuovi concetti e nuovi paradigmi.
La straordinaria stagione referendaria del movimento per l’acqua ha introdotto nel lessico sociale la categoria dei “beni comuni”, che, coniugata alla rivendicazione della gestione partecipativa degli stessi da parte delle comunità territoriali, ha aperto la strada a una battaglia contro la mercificazione che non si limitasse allo schema “pubblico vs privato”, bensì andasse oltre entrambe le categorie per introdurre il tema della riappropriazione sociale, come elemento costitutivo di un altro modello di società.
Contemporaneamente, le esperienze urbane di occupazione e restituzione all’uso sociale di spazi abbandonati hanno reso pratica concreta la riappropriazione del comune e il tentativo di promuovere la cooperazione contro il profitto e il valore d’uso contro il valore di scambio.Mentre si affacciano le prime esperienze di autogestione della produzione e di fabbriche recuperate e trasformate. Autogestione, mutualismo, partecipazione dal basso iniziano ad essere tematizzate e praticate come forme di costruzione qui ed ora di un percorso di alternativa.
Indagare il “comune” come nuovo paradigma teorico e la pratica della riappropriazione sociale dei beni comuni diventa dunque fondamentale per dare un forte contributo alle lotte sociali in corso. Ma c’è un altro “Comune” su cui occorre puntare l’attenzione, in diretta continuità con la riflessione sopra richiamata: sono gli enti locali e la comunità territoriali concrete, divenute dentro la crisi sistemica uno dei luoghi di precipitazione dello scontro sociale. Le ricchezze sociali (territorio, servizi pubblici e patrimonio pubblico) prese di mira dai grandi interessi finanziari “appartengono” infatti ai Comuni, che, messi alle corde da anni di vincoli monetaristi declinati attraverso il patto di stabilità e la trappola del debito, sono oggi spinti a vendere e a mettere sul mercato i beni collettivi, su cui si fondano le comunità territoriali.
Indagare il “Comune”, analizzandone la situazione odierna con un approccio “sistemico” è ciò che può contribuire ad un salto di qualità nell’azione dei movimenti territoriali, che, partendo dalle singoli rivendicazioni tematiche, devono riuscire ad aprire progressivamente varchi per la rimessa in discussione di tutti i vincoli liberisti e la costruzione di una nuova funzione pubblica e sociale degli enti locali, alla cui base non può che esserci la conquista di una democrazia radicale, diffusa e dal basso.
In altri termini, potremmo dire che oggi occorre riappropriarsi del comune per riprendersi i Comuni. È all’approfondimento di questi temi che dedicheremo la prossima Università estiva di Attac che si terrà presso il camping “Le Tamerici” a Cecina Mare, in Toscana, da venerdì 11 a domenica 13 settembre 2015. Un appuntamento estivo per coniugare il tempo della riflessione e dell’approfondimento con quello della piacevolezza e dello stare assieme, all’inizio di una stagione sociale che richiederà nuovi impegni collettivi a tutte e tutti noi.
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Parteciperanno all’Università: Paolo Berdini, Marco Bersani, Ivan Cicconi, Antonello Ciervo, Lorenzo Coccoli, Geraldina Colotti, Pino Cosentino, Angela Giuffrida, Ginevra Lombardi, Gigi Malabarba, Anna Marson, Simona Repole, Guido Viale, Alberto Zoratti.
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