di Rosaria Gasparro*
È il giorno degli avanzi. Ciò che non è stato consumato ci attende. Ci nutre. C’interroga nel suo essere ancora presente, nel poter essere utilizzato, reinventato. Nel sollievo pigro di qualcosa che rimane, che dura nei giorni a venire. Ci interpella nel suo diventare scarto. In questi avanzi che riscaldo mi nutro ancora di attesa e di riposo. La mia è la festa del giorno dopo. Perché quella del giorno prima stanca nel suo esaltare mondano l’intimo e l’anima, nel suo farne sostanza mercantile. Nel suo breve durare ad altissimo vorticoso consumo di aspettative, mancanze, forze. Nel suo negarsi ai tanti. Nel suo scordarsi di chi sta peggio, nell’acuire il loro star male, nel suo fare i conti sbagliati. Stanca per il troppo rumore, per l’entropia che misura il disordine di un sistema. E la sua ipocrisia. Troppo mondo in un solo giorno lastricato di buone intenzioni che non superano le soglie minime della notte. Troppa folla per ritrovarsi e per perdersi.
Gli avanzi sono il dono del giorno dopo, il legame con il perdono. Per tutti gli scarti e i rifiuti che produciamo, che sempre più spesso sono esseri umani scaricati nelle periferie del mondo.
Gli avanzi proseguono, vanno oltre. Rimangono quando tutto si spegne. Portano la festa perduta nei giorni feriali. Sono un’arte antica che insegna a custodire, conservare resti, semi e segni profondi. Per tenerli con sé nei giorni futuri.
Insegnano gli avanzi a far avanzare qualcosa di noi. A preparare quantità eccedente di gesti e poesia per ospiti di passaggio. Da poter offrire nella gratuità per onorare la vita. Perché il giorno dopo ritorniamo ad avere fame.
Sono per i natali plurali, terra terra, di chi nasce il giorno dopo. E a volte sul mare. Un’edicola votiva nei giorni qualunque.
daniela degan dice
Come mi ci ritrovo in queste parole!
Gli avanzi come dono. Grazie cara per averlo ricordato a tutte e tutti. E’ quello che sto facendo anche io nella mia cucina: progetto, invento e creo con quello che resta …. ed è tanto buono, quanto la prima creazione …. forse anche più buono!
Più tranquillo certamente …. gli spiedini di pesce, li ho trasformati in uno splendido risotto di mare!
I vari bolliti li sto per trasformare in magiche polpettine … forse al sugo oppure in salmì ora vedo!
Il salmone già cotto l’ho congelato. Forse diventerà un ripieno per i raioli di pesce …. uno splendido primo certaemnte!
reimparare dalle nonne e dalle madri è il mio motto in cucina.
Grazie per queste belle parole.
Daniela dice
Grazie Rosaria .. di queste belle pratiche di ‘rispetto’ … mi viene subito in mente il pane in carrozzella che ci preparava la mia mamma inizio anni settanta … e che con piacere, nella ricerca del sapore d’infanzia e nel rispetto che ho del cibo, ho immesso nel mio ventaglio culinario. O le polpettine di pane (pane raffermo+pulizia di frigo) che con grande gioia compongo di tanto in tanto col pane vecchio ed ogni volta sono diverse, perché sono gli avanzi che danno il tono alla ‘musica’ … Non sprecando, fortunatamente, ho pochi resti 😉
Sull’onda di questa bella, bellissima pratica (che trasmette anche l’amore per il cibo, per il lavoro e la dedizione della trasformazione) … due Donne, Tanja e Lea, che amano la cultura del nutrirsi hanno fondato qualche tempo fa a Berlino ‘Culinary misfits’ utilizzando nella loro cucina verdure ed ortaggi che vengono scartati e quindi non esposti nei negozi/ supermercati perché considerati ‘brutti’ e/o ‘fuori-misura’ https://www.facebook.com/culinarymisfits
Daniela Cavallo dice
Leggendo questo bell’articolo mi torna in mente, con estrema gratitudine, di come fin da piccola mi sia stato insegnato che il pane avanzato conservasse integralmente il suo valore. Un valore che andava oltre il concetto di cibo. Anche il pane raffermo poteva e sempre aveva una seconda vita. Anche il solo lontano pensiero di gettarlo era inconcepibile, quasi un sacrilegio. Perché il pane non era merce, era cibo e simbolo di lavoro, di amore, di vita
Joanna Gierszewska dice
“Gli avanzi sono il dono del giorno dopo, il legame con il perdono. Per tutti gli scarti e i rifiuti che produciamo, che sempre più spesso sono esseri umani scaricati nelle periferie del mondo…”. Un pensiero molto bello.