Di seguito la prefazione del libro di Tonino Perna “Monete locali e moneta globale” (ed. Altreconomia).
di Piero Bevilacqua
Tra tutti i simboli di comunicazione che gli uomini hanno elaborato nella loro lunga storia, la moneta, pur avendo conosciuto numerose variazioni di forma, è la figura che ha conservato più a lungo e ancora conserva l’essenza del suo significato: la rappresentazione di un bene potenziale, il nome della ricchezza. Se si fa eccezione per gli alfabeti delle lingue, i nomi delle persone, rimasti inalterati nei secoli, tutti gli altri simboli che hanno avuto corso nelle società del passato hanno ceduto al tempo: le insegne del prestigio e del patrimonio familiare (stemmi, bandiere, bolli), i paramenti della sovranità e del potere (corone, scettri, anelli, pastorali, porpore, ecc). La moneta, che ha assunto in passato la forma delle conchiglie, del riso, del grano, delle pelli, dei grani di cacao, della piastra di bronzo, di stagno, d’argento e d’oro, della banconota di carta, della plastica elettronica e del bitcoin, affidato alle onde magnetiche, conserva ancora la sua essenza demoniaca, il suo potere debordante sulle società e sugli stati, la sua potenza di attrazione e il suo mistero. Il denaro, qualunque sia la sua incarnazione monetaria, è ancora la divinità a cui tutti si inchinano, parla un linguaggio universale, è il grande centro attorno a cui ruota la Macchina del mondo.
Oggi tuttavia, questo Vitello d’oro biblico – da cui parte il suggestivo racconto di Tonino Perna – che ha nel frattempo ingigantito il suo potere su una scala sconosciuta a tutte le società del passato, è scosso nelle sua fondamenta, è il cuore di turbolenze sistemiche che fanno vacillare antichi equilibri tra economie, stati, territori, continenti. E non si tratta solo dell’Europa, dove giusto da pochi anni è stato realizzato un esperimento unico nella storia: la creazione di una moneta a scala continentale, l’euro, sulla base di un accordo tra stati sovrani che hanno rinunciato alla loro moneta nazionale. Un esperimento mal concepito, come ormai appare evidente ai più, zoppicante per difetto di omogeneità economica e politica dei contraenti, da cui traggono vita fenomeni culturali e politici anch’essi unici nella storia: la nascita di movimenti e formazioni che hanno per obiettivo la distruzione di una moneta, la “fuoriuscita dall’ euro” e il ritorno alla monete nazionali.
Certo anche il grande disordine europeo è alla base delle motivazioni che spingono Perna a occuparsi oggi della moneta con questo saggio a tutto campo. Una politica di austerità, condotta dai vertici di Bruxelles in difesa della stabilità dell’euro, sta condannando milioni di persone alla disoccupazione permanente e alla disperazione sociale. Ma il suo sguardo è più largo, si muove su un orizzonte globale. E almeno due, sono le novità che lo spingono a osservare le monete con aspettative di un mutamento storico significativo. Com’egli scrive, il primo motivo proviene dall’alto: nasce dalla necessità per le nuove potenze emergenti, i cosiddetti BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud-Africa) di riequilibrare lo strapotere del dollaro, di superarne il carattere di valuta di riserva internazionale, il cosiddetto “signoraggio”, che ha schiavizzato per oltre mezzo secolo tutti i Paesi del mondo. La richiesta sempre più forte dei BRICS, a partire dalla superpotenza cinese, è quella di arrivare a una valuta globale che funzioni come unità di conto e che sia il risultato del peso ponderato delle principali valute presenti (dollaro, euro, yen, yuan, ecc.). Insomma, una moneta mondiale scritturale, come è stato l’ECU per l’Europa degli anni 90 del secolo scorso, ed ancora meglio come auspicava J. M . Keynes quando a Bretton Woods propose di istituire il bancor: una unità di conto connessa ad una camera di compensazione tra debiti e crediti . Il secondo, dal basso, è un movimento che si presenta ramificato in mille rivoli dove comitati di cittadini, imprenditori, o amministratori locali tentano di riprendersi, parzialmente, la sovranità monetaria. Parliamo del fenomeno emergente e dilagante delle monete locali complementari, di cui dovremo fare i conti seriamente nei prossimi anni. Un fenomeno presente ormai nella gran parte dei Paesi del mondo, anche se tutt’altro che omogeneo e ancora in una fase di forte sperimentazione.
Questo “trattato” sulla moneta di Tonino Perna non è dunque un arido manuale finanziario. Né si riduce al resoconto dell’antiquario che snocciola le curiosità delle metamorfosi subite nel tempo dai mezzi di pagamento e di transazione. È, più precisamente, un tracciato analitico, un particolare sentiero che consente all’autore di entrare nell’economia-mondo del nostro tempo, spazzata dalla crisi economica e finanziaria, per vedere le grandi crepe che si vanno aprendo nell’edificio capitalistico, e per cogliere anche qua le là i segni di resistenza, le nuove vie che si aprono ai popoli e alle classi sociali, gli scenari inediti emergenti dalle trasformazioni violente ancora in corso. È un modo diverso e originale per entrare nel calderone della Grande Recessione e scorgervi aspetti e problemi meno esplorati. E occorre dire che un merito indubbio del presente libro, da segnalare subito al lettore, è l’ampiezza del respiro storico, la ricchezza dei riferimenti, nel tempo e nello spazio, e insieme la vivacità, leggerezza ed efficacia della scrittura, l’assenza di pose erudite ed accademiche, la capacità sistematica di riportare al presente e ai nostri dilemmi anche le questioni più lontane nel tempo.
Sociologo economico, Perna si muove con agilità fra il passato, anche il più remoto e il nostro presente quotidiano. Ma lo fa uscendo sempre fuori dai ristretti recinti disciplinari, frequentando i diversi saperi sociali, dalla storia all’antropologia, dalla finanza all’ecologia, per fonderli in un originale strumento di interpretazione dei fenomeni, che i singoli specialismi lumeggiano solo parzialmente. Perciò egli svolge un compito pedagogico e informativo, aiuta il lettore a familiarizzarsi con problemi rilevanti della vita sociale, quelli legati al danaro e alla moneta, ma da cui il cittadino medio si tiene solitamente a distanza per l’aura di difficoltà e di mistero da cui sono circondati. Così egli spiega il processo di formazione e la funzione storica svolta dal debito pubblico nello sviluppo del capitalismo moderno, fornendo anche strumenti per comprendere la formazione di quello, pesantissimo, che grava sul nostro paese. Mostra come il danaro abbia raggiunto oggi una velocità di spostamento universale pari a quella della luce, che viene tuttavia utilizzata anche dalle popolazioni africane, tramite i cellulari, per muovere i loro miseri risparmi, per fare acquisti in zone lontane. Ma al tempo stesso riesce a individuare, con un ardimento intellettuale che fa impallidire il plumbeo conformismo dell’analisi sociale corrente, il “debito ecologico” nascosto che si va ammassando a danno delle generazioni che verranno.
In tutto il dibattito di questi ultimi anni – ricorda Perna – è stato ignorato il nesso tra debito finanziario ed inquinamento, tra crisi finanziaria e disastro ambientale. I “titoli tossici ”, spesso legati ai derivati finanziari dentro i quali erano stati “confezionati”, non sono stati rifilati solo alle banche, ai risparmiatori o agli enti locali, sono stati ampiamente distribuiti nel sistema terracqueo. Anidride carbonica, anidride solforosa, particelle sottili sono stati introdotti a dismisura nell’ecosistema, spesso senza nessuna forma di controllo. Più in generale si può dire e dimostrare che esista un nesso forte tra “debito ecologico” – come distruzione di risorse non riproducibili – e debito finanziario. (…) Vale a dire: prendere oggi quello che una risorsa potrebbe dare nel corso del tempo. Così lo sfruttamento intensivo della terra o del mare, fa aumentare la produttività nel breve-medio periodo, a scapito del lungo periodo dove questa risorsa non esisterà più o sarà messa in condizione di non rendere più. Così lo sfruttamento chimico delle terre agricole ha portato a fenomeni di desertificazione, di estinzione dell’humus, come per altri versi è successo nel campo della pesca da quando sono stati introdotti metodi invasivi (pesca a strascico, uso dei radar, ecc) che hanno ridotto fortemente il patrimonio ittico dei nostri laghi, fiumi e mare. Ugualmente, nel campo finanziario la rincorsa del profitto dell’istante, dei futures – vale a dire dell’anticipazione del futuro del prezzo di un bene o di un titolo – ha prodotto, nel medio periodo, crolli finanziari giganteschi.
Dunque, attraverso la vicenda delle monete – questo “equivalente astratto del valore” come lo chiamava Marx, che osservava la crescita della ricchezza come esito dello sfruttamento del lavoro – Perna, ci illustra le grandi tendenze del capitalismo dei nostri anni, l’emergere di nuovi primati e il tramonto di vecchie egemonie, ma anche il delinearsi, ancora timido e incerto, di tendenze alternative. La finanziarizzazione dell’economia mondiale mostra senza dubbio lo schiudersi di una fase di declino delle grandi economie mature, oscillanti fra stagnazione, euforia borsistica e crolli rovinosi. E soprattutto denuncia con evidenza che il governo di queste turbolenti ed anarcoidi economie è saltato, è sfuggito di mano agli apprendisti stregoni della globalizzazione. Certo, Perna non è studioso così ingenuo da attendere improbabili crolli o esiti catastrofici di qualsivoglia natura. E conosce troppo bene le vicende storiche dell’ultimo mezzo secolo per farsi troppe illusioni su un cambio dei poteri dominanti conseguibile per iniziativa politica dal basso.
La vicenda dell’URSS pesa ancora nell’immaginario collettivo, oltre che nella progettualità politica. E le condizioni politiche della sinistra sono ancora segnate dalla dispersione e divisione delle forze.
Ma i mutamenti molecolari a volte inosservati nella loro opera sotterranea talora preparano svolte impreviste, che cambiano alla fine di colpo le quinte della scena politica. La globalizzazione non è poi quella maglia compatta che stringe il mondo nella sua rete: a livello locale si aprono spazi di iniziativa. Alcune sono in a atto da tempo e in costante crescita. Tra queste Perna segnala la nascita e diffusione di monete locali, in Italia come in varie altre parti del mondo, risposta popolare e territoriale al dominio globale. Una vasta e profonda insoddisfazione si va diffondendo in vari angoli della terra.
Una cosa è certa: il vitello d’oro continua ad esistere, ma ha sempre meno fedeli e adoratori. Una presa di coscienza, sempre più profonda e diffusa, del carattere sociale del denaro, e quindi della possibilità di produrlo e controllarlo direttamente, sta crescendo in tutto il mondo. La schiavitù della moneta-debito che abbiamo subito per secoli come condanna divina, è stata smascherata e cresce la protesta contro la protervia del potere della finanza e la subalternità del potere politico. Non siamo ancora all’abbattimento del feticcio ma forse più vicini di quanto non pensiamo.
Dunque siamo solo agli inizi di una nuova possibile battaglia di emancipazione sociale. Un dominio lungamente subito come naturale, non dissimile dall’aria che respiriamo, il danaro in tutte le sue forme monetarie, mostra il suo volto di umana creazione e strumento storico di dominio. E come tale può essere combattuto, modificato, sottoposto ad altra signoria. Anche attraverso questa battaglia passa la strada verso la formazione di un’altra economia. Il presente libro di Tonino Perna arriva come un viatico prezioso per questo cammino appena intrapreso.
Il libro “Monete locali e moneta globale”
di Tonino Perna edito da Altreconomia (vedi scheda)
DA LEGGERE
La moneta greca che batte l’euro
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