Basta per fare una passeggiata a piedi oppure in bicicletta in diverse periferie: le baracche a Roma continuano a comparire ovunque. Sono 71.101 le famiglie residenti in Italia che hanno dichiarato di abitare in baracche, roulotte, tende o abitazioni simili, secondo l’indagine Istat ricordata da molti giornali. L’Istituto nazionale di statistica sottolinea che «nel 2011 c’è stato un aumento vertiginoso, a fronte delle 23.336 famiglie del 2001» (su questi temi, leggi anche l’articolo di Paolo Berdini pubblicato su «Comune»).
La situazione attuale di forte crisi spinge dunque sempre più ai margini un numero crescente di famiglie, in una spirale di disagio lavorativo e abitativo dai quali è difficile uscire. Migliaia di persone si rivolgono, per ropravvivere, a istituzioni, movimenti di occupazione per la casa e di volontariato sociale. E mentre le istituzioni si dimostrano prive di idee alternative a un sistema di case popolare non in grado di assorbire questa situazione, nei territori si sentono soprattutto le proteste di chi non vuole il degrado sotto «casa mia». Capita così che anche le istituzioni di prossimità, invece di mettere in discussione la soluzione dello sgombero degli insediamenti informali (che certo non risolve ma complica il problema), finiscono per metterlo sempre più spesso in pratica.
Il gruppo di ricerca di Arte Civica, del Dipartimento di Studi urbani dell’Università di Roma Tre, insieme alla Caritas diocesana, è partito da questa situazione per ideare un workshop che prova a mettere insieme il bagaglio scientifico dell’Università in tematiche di auto-costruzione e progettazione partecipativa di soluzioni abitative alternative, con l’esperienza di operatori e tecnici della Caritas che hanno lavorato nel Sud del mondo con tecniche simili. L’obiettivo ambizioso è capovolgere la prospettiva delle politiche per l’emergenza sociale. Considerando i destinatari dell’intervento i protagonisti della propria «rinascita», si prova a restituire loro dignità attraverso l’autocostruzione della propria abitazione e la creazione di una realtà produttiva sostenibile. La bussola per orientarsi sono i numerosi progetti analoghi, sperimentati con successo da decenni, in vari paesi del Sud del mondo.
Il Workshop Ri-creativo che si è svolto in una settimana intensiva di lavoro nella Facoltà di Architettura dell’Università di Roma Tre (con la supervisione di Francesco Careri, docente universitario di architettura, e di Fulvio Ferrari, ingegnere) ha avuto come obiettivo lo sviluppo pratico di un prototipo che rispetti tutte le caratteristiche tecniche e le normative vigenti, affinché possa essere riprodotto in contesti reali. Hanno collaborato anche alcuni studenti, come Hector Silva, e la ricercatrice Emanuela di Felice, che hanno avuto esperienze dirette in Cile nel programma di auto-costruzione post-terremoto chiamato «Un techo para mi pais».
Il workshop è stato un successo in numero d’iscritti, e gli studenti di architettura e ingegneria stanno sperimentando le ultime tecniche di risparmio energetico, riuso e riciclo, provando anche a semplificare il tutto con un assemblaggio alla portata dei nuclei familiari che dovranno auto-costruirsi la propria casa. I costi per l’autocostruzione calcolati dal gruppo di lavoro sono sorprendenti e minimi, considerando che l’investimento pubblico è destinato a ridursi ulteriormente con l’installazione dei panelli solari. La proposta studiata, dunque, rappresenta una vera novità in grado, in un momento di crisi economica, di utilizzare i denari pubblici in forma intelligente, creando una «cassa» comune che potrebbe avviare più esperienze nel tempo, una sorta di micro-credito a rotazione destinato a future cooperative di abitanti.
Il lavoro di auto-costruzione, inoltre, è un’occasione interessante per offrire strumenti e formazione a chi vive nelle barrache. L’esperienza maturata in Mozambico da Fulvio Ferrari a proposito del possibile intreccio tra edilizia sostenibile e processi di auto-costruzione è stata fondamentale: per questo il progetto prevede, tra le altre cose, l’allestimento di un’officina di falegnameria attrezzata, con la formazione di almeno una persone per nucleo familiare come operatore dell’officina, finalizzata alla produzione di blocchi in legno, di elementi per la copertura dei solai e di serramenti esterni e interni. E ancora: l’allestimento di un’officina per la produzione di fiocchi di cellulosa dal processo di riciclaggio della carta, e la formazione di almeno un membro per ogni nucleo familiare come operatore dell’officina, destinata alla produzione di materiale altamente isolante a basso costo.
I primi risultati di questa interessante esperienza, saranno presentati sabato 12 maggio, a partire dalle ore 11,30, nella sede della Facoltà di Architettura dell’Università Roma Tre (largo Giovanni Marzi 10, ex mattatoio di Testaccio). Per informazioni: , .
* Adriana Goni Mazzitelli è ricercatrice presso l’Università degli Studi Roma Tre, Laboratorio di Arte Civica.
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