Non c’è, per fortuna, soltanto il boom dei negozi «compro oro» a segnare il precipitare della crisi. In grandi città come Roma, lentamente, è aumentato anche il numero delle sartorie. Perché cucire e riparare un abito è un modo per resistere all’industrializzazione del prêt-à-porter (letteralmente, «pronto da insossare» l’alternativa alla sartoria artigianale) e per risparmiare. E allora ben vengono iniziative come quella promossa dalla cooperativa Occhio del riciclone, «Corsi sartoriali di trasformazione di vestiti usati». Insomma, perché non imparare a riusare i nostri vestiti che aspettano tristi nel nostro armadio? Abiti fuori moda oppure bucati, troppo piccoli o troppo grandi aspettano una seconda chance.
Nei corsi proposti i partecipanti portano da casa alcuni abiti da riusare per poi seguire sei fasi insieme alla docente: la prova del capo di vestiario, l’analisi del materiale a disposizione, la progettazione dell’idea, lo smontaggio con l’eventuale taglio, il riassemblaggio con l’imbastitura, la prova del nuovo capo di vestiario e, infine, la cucitura finale. La cooperativa, punto di riferimento a Roma da anni a proposito di riciclo e riuso, mette a disposizione le macchine da cucire professionali e le attrezzature da sartoria: è possibile anche portare la propria macchina da cucire casalinga per imparare a usarla nel modo migliore. Il corso è mensile e comprende quattro lezioni da tre ore, si comincia martedì 8 maggio negli spazi dell’associazione culturale Granma di via dei Gelsi 111, a Centocelle (per informazioni: , telefono 06 97840466).
Insomma, un corso che rende assai concreti i principi di decrescita, riduzione dei rifiuti e riciclo, risparmio economico ma anche il recupero di saperi, come quelli raccontati in modo splendido da Richard Sennet in «L’uomo artigiano» (Feltrinelli).
Città invisibile è un piccolo collettivo attento ai temi sociali e della decrescita, nato all’interno dell’omonima libreria (info [at] editoriadellapace [dot] org) dell’ex mattatoio di Testaccio.
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